OldNBA Traduzioni

Viaggio nella vita di un NBA assistant coach: “Ogni giorno per me è sempre mercoledì”

Lettura 21 Minuti

Vi proponiamo la traduzione di un interessantissimo articolo redatto da Alex Kennedy per HoopsHype in cui si analizza la vita di un NBA assistant coach, ruolo forse spesso troppo sottovalutato.


I fan più accaniti della NBA sanno citare il nome di ogni giocatore della propria squadra preferita, così come del head coach e del GM, ma quanti sanno i nomi di ogni assistant coach seduto in panchina? Quanti sanno cosa comporta il lavoro di un assistente? Innumerevoli persone ogni giorno lavorano duro per poter scalare la classifica riservata agli allenatori, sperando un giorno di assicurarsi un impiego all’interno di un NBA coaching staff. Proprio come giocare nella lega, è un lavoro da sogno che poche persone riescono effettivamente a raggiungere, motivo per cui sono tollerati tutti gli aspetti negativi che ne derivano. HoopsHype ha parlato con diversi assistenti per capire meglio quali siano i pro e i contro di questo lavoro, com’è una tipica giornata in cui c’è un match da giocare, le loro relazioni con i giocatori e altro ancora. Alcuni degli assistenti hanno chiesto di parlare mantenendo l’anonimato per la condivisione di informazioni sensibili (alcune squadre NBA non concedono ai propri assistant coach di rilasciare interviste ufficiali).


I pro e i contro del lavoro

Partiamo con gli aspetti positivi. Per prima cosa, si ha la possibilità di lavorare a fianco di alcuni tra i migliori atleti al mondo e di contribuire alla run che una squadra NBA compie alla ricerca del titolo. E’ sicuramente una corsa, in cui gli “alti” sono davvero “alti” e divertenti (a differenza di quelli di un noioso lavoro di routine). E, come i giocatori, gli allenatori adorano il cameratismo che deriva dall’essere parte integrante di una squadra.

Inoltre, quando lavori per una società della NBA disponi di strutture di prim’ordine e di grandi vantaggi, come soggiornare in hotel a cinque stelle e viaggiare su jet noleggiati. Può essere estenuante, ma è uno stile di vita lussuoso. Un assistente allenatore ha riso al pensiero che la sua vita fosse dura, sottolineando che prima di allenare i professionisti della NBA viveva in un appartamento squallido che era diventato anche una lavanderia a gettoni per le maglie dei suoi giocatori delle superiori.

Adoro vedere i giocatori sperimentare il successo, prima di tutto. Anche solo vedere qualche novità da un giocatore è grandioso. Lavori sempre a qualcosa con un giocatore e adoro vedere i risultati. In questo momento, la NBA è sempre più giovane, il che significa che c’è molto da imparare dal punto di vista dello sviluppo, dentro e fuori dal campo. Quando quel successo è accompagnato dalla vittoria, quello è il migliore in assoluto. Vedi quanto lavorano duramente questi ragazzi e quanto di loro stessi mettono in ogni partita. Quando vinci è fantastico. Sembra un cliché dire che adoro vincere, ma questo lavoro si basa su vittorie e sconfitte” ha affermato un assistant coach.

David Vanterpool a colloquio con Damian Lillard

David Vanterpool, assistente allenatore dei Portland Trail Blazers (ora ai Minnesota Timberwolves, ndr), ha invece sottolineato che questo percorso professionale gli consente di fare la differenza in molte vite. Nel 2012 il 45enne ha iniziato a lavorare con i Blazers dopo una carriera da giocatore che include esperienze in NBA, Italia, Cina e Russia. “La mia parte preferita del lavoro è l’opportunità di avere un impatto sulla vita di questi giovani. Saresti sorpreso di quante volte la conversazione passi dalla pallacanestro alla vita. In questo lavoro hai l’opportunità di essere strettamente legato ad alcune delle persone più ammirate nello sport. Ma, sebbene siano ammirati per la loro abilità atletica, questi atleti sono ancora persone. Sono di grande talento, più talentuosi di quanto avrei mai potuto immaginare di essere. Ma ti rendi conto che puoi contribuire alla loro vita oltre che alla loro professione. Se ho qualche chicca, posso offrirla ad un giocatore e questo può avere un impatto sulla sua vita. E’ davvero gratificante. A volte si tratta di raccontare loro di un errore che ho fatto in passato. E ciò significa molto per me. Stai guardando la vita di questi bambini trasformarsi completamente“, ha affermato Vanterpool.

Mentre è facile capire perché un sacco di persone vorrebbero allenare nella NBA, ci sono aspetti negativi derivanti dalla professione di cui non si parla (come nel caso di ogni carriera). Prima di tutto non prendi mai in considerazione l’orologio: c’è un elenco infinito di cose da fare perché c’è sempre qualcosa su cui l’allenatore può lavorare, come guardare più filmati, modificare un piano partita o adeguare il piano di sviluppo di un giocatore e così via.

Non hai mai finito, c’è sempre qualcosa che può essere fatto. Sempre. Questo lavoro è 24/7. Mi piace usare il detto ‘Ogni giorno è mercoledì per me’. Non importa quale sia il giorno della settimana o quale sia la data, tutto ciò che conta è se abbiamo una partita o no. Ogni giorno è mercoledì“, ha dichiarato ancora Vanterpool.

C’è sempre un filmato che devo guardare, ora o più tardi. Domani, ad esempio, guarderò tre o quattro partite e prenderò un sacco di appunti. Guardo sempre filmati, dopo le partite, sugli aeroplani o nelle camere d’albergo. È difficile, ma devi completare tutto il tuo lavoro“, ha affermato un altro assistente, a cui si è unito un altro collega: “Una cosa che bisogna capire di questa professione è che lavori tutti i giorni. Mio figlio ora gioca a basket e alcuni degli altri genitori si sono semplicemente stupiti quando ho raccontato loro di non avere un solo giorno libero fino alla fine della stagione. Il carico di lavoro ovviamente varia di giorno in giorno, ma è una professione che ti tiene impegnato quotidianamente. O stai lavorando con i tuoi ragazzi in campo o stai lavorando fuori dal campo analizzando dei filmati per aiutarli con alcuni aspetti della loro crescita o per prepararli per un avversario. Se abbinato al viaggio, può essere difficile, soprattutto se hai una famiglia“.

Per farsi un’idea di come sia questo stile di vita, Vanterpool ha chiamato per fare la sua intervista telefonica da una stanza d’albergo di Sacramento il 1° gennaio, ore dopo aver festeggiato il nuovo anno analizzando dei filmati con alcuni giocatori in un ristorante a caso. Un altro assistente ha chiamato dalla sua camera d’albergo alla vigilia di Natale, spiegando che la sua famiglia stava celebrando nonostante il suo programma di lavoro. Entrambi gli uomini erano soli in vacanza, cercando di trarne il meglio. È un lavoro molto impegnativo che richiede una tonnellata di viaggi, che ha un impatto su un individuo e le persone a lui vicine.

Devi fare sicuramente grandi sacrifici  e se non hai il giusto supporto da casa può essere estremamente difficile. Mia moglie è di grande aiuto e fa molto per la nostra famiglia, quindi siamo in grado di far funzionare la cosa. Ma ciò non significa che non sia difficile. Una cosa che aiuta è che se siamo in trasferta per una partita, a patto che non sia un lungo viaggio, post partita rientro a casa la notte stessa verso mezzanotte o l’una. Ciò significa che riesco a dormire nel mio letto e quando mi sveglio la mattina sono lì con la mia famiglia. Viaggiare in NBA è molto meglio di viaggiare in G-League. Nella G-League dopo la partita passi la notte nella città in cui ti trovi per poi rimetterti in viaggio tra le tre e le quattro del mattino, invece di arrivare per quell’ora. Il viaggio rimane comunque difficile. Giochiamo 41 partite in trasferta e ci sono almeno due voli per ogni trasferta, che è molto. Cerco sempre di prendermi cura del mio corpo, rimanendo idratato, dormendo abbastanza, allenandomi e bevendo Emergen-C per cercare di evitare di ammalarmi. I giocatori sono quelli che giocano, viaggiano e poi giocano di nuovo. Come allenatore, devi essere in grado di trasmettere la giusta energia, perché ciò può influenzare i giocatori e forse aiutarli a dimenticare quanto sono affaticati, in modo che possano giocare al meglio“, ci ha raccontato l’ennesimo assistant coach.

Il viaggio diventa sempre più tassativo; non ti rendi conto di quanto sia faticoso finché non smetti di fare quel tipo di attività e senti quanto sei stanco. Per i giocatori ovviamente è anche peggio, perché sono loro che corrono su e giù per il campo. Per noi allenatori può essere difficile mentalmente, in quanto potremmo avere grande confusione in testa sul nostro piano di lavoro. A molti allenatori piace condurre gli allenamenti, ma con il nostro programma deve essere un qualcosa di più estemporaneo. Devi bilanciare il tuo tempo con i filmati che devi analizzare, con le sessioni di tiro, con i meeting e i voli. Ci sono molte cose che scombinano il tuo programma, quindi la gestione del tempo è molto importante in questo lavoro. Ma la gestione del tempo diventa più difficile più è maggiore il tempo che trascorri viaggiando“, di nuovo Vanterpool.

Un’altra cosa che ogni allenatore ha menzionato è quanto di fatto si può fare per aiutare un giocatore (o la squadra nel suo insieme). Puoi condurre un cavallo all’acqua, ma non puoi farlo bere. Non puoi massimizzare il potenziale di ogni giocatore. Non puoi vincere ogni partita, anche se l’hai preparata al meglio. Ci sono diverse cose che non si possono controllare.

Prosegue Vanterpool: “La cosa più frustrante è probabilmente avere a che fare con i ragazzi che non capiscono. Non tutte le storie sono storie di successo. Ci sono momenti in cui sto parlando con un giocatore, e anche alcuni dei suoi coetanei stanno cercando di convincerlo a fare attenzione, ma il ragazzo semplicemente non ascolta. Puoi dire a un ragazzo ‘Questa non è la situazione migliore’ e ‘Stai attento’, ma quando decide di fare di testa sua le cose brutte finiscono per accadere, ed è frustrante“.

La mia parte che meno preferisco di questo lavoro è quando le cose non vanno come previsto. Succede a ogni squadra, fa parte di questa lega. È una lunga stagione e ci sono alcune partite in cui il programma è brutale. È terribile quando ti senti come se avessi fatto tutto il possibile per prepararti, ti senti come se avessi un ottimo piano partita, un grande strategia e una buona sessione di tiro, e poi non va nulla come da programma. Questa è la cosa più frustrante. E come ex giocatore, vorresti andare a prendere la palla e provare a fare qualcosa al riguardo, ma non puoi. Per quanto frustrante sia, ho imparato che è davvero importante rimanere equilibrati e non agitarsi troppo, perché i giocatori sono influenzati dal tuo atteggiamento“, ha invece aggiunto un altro vice allenatore.

Bryan Oringher, un ex video coordinator dei Washington Wizards che adesso ricopre il ruolo di commentatore NBA, ha recentemente sottolineato al The HoopsHype Podcast che i giocatori a volte mentono sulla loro preparazione. I Wizards darebbero ai giocatori un link su YouTube e li farebbero studiare uno video specifico, ma alcuni giocatori mentirebbero sulla visione del contenuto, ignari del fatto che lo staff potesse vedere chi ha effettivamente cliccato e visto il filmato.

Vale anche la pena sottolineare che essere un assistente allenatore può essere un lavoro in gran parte ingrato. Internamente i tuoi contributi sono riconosciuti, ma pubblicamente l’allenatore ha tutto il merito di qualsiasi successo, anche se tu hai lavorato molto duramente. Tuttavia, come ha sottolineato Vanterpool, è qualcosa che sai quando accetti il lavoro: “Se sei in questo settore per essere notato o per essere ringraziato o per ottenere merito, allora potrebbe darti fastidio. Personalmente, ciò non ha nulla a che fare con il motivo per cui lo faccio. Il fatto che qualcuno mi ringrazi è irrilevante per me. Ovviamente voglio essere apprezzato, ma sento che Terry Stotts apprezza davvero i suoi assistenti. Si fa in quattro per mostrarci e dirci che ci apprezza. Sa quanto duramente lavoriamo. Apprezzo molto e adoro il fatto che ci apprezzi e che lo sappia. Basta questo“.

Allo stesso tempo, oltre al merito, il capo allenatore ottiene anche la maggior parte delle critiche pubbliche quando le cose vanno male. E’ un qualcosa da cui “si è fortemente protetti“, ha riconosciuto sempre Vanterpool.

Tutto è costruito attorno al capo allenatore: quella è la persona che tutti conoscono“, ha aggiunto un altro assistente allenatore. “Ma dal mio punto di vista, il nostro lavoro si riduce a due cose: preparare i giocatori il più possibile e aiutare l’allenatore a prepararsi il più possibile. Questo è praticamente ciò che significa concretamente questo lavoro, aiutare l’allenatore e i giocatori in qualsiasi modo ti venga chiesto“.

Il coaching staff dei Golden State Warriors (2015-2016)

Un altro assistente allenatore ha fatto eco a questo sentimento, sottolineando l’importanza della fiducia tra gli allenatori e tutti i membri dello staff che si trovano sulla stessa lunghezza d’onda: “C’è troppo lavoro da gestire per una sola persona, anche se vuole fare tutto. Ecco perché la fiducia è così importante tra gli allenatori. È difficile avere successo senza fiducia. L’allenatore deve fidarsi dei suoi assistenti e del loro lavoro. E come assistenti, tutti guardano le spalle al capo allenatore e tutti trasmettono lo stesso messaggio. La lealtà è incredibilmente importante in questo settore. Anche la fiducia tra i vari assistenti allenatori è enorme. L’ufficio degli allenatori è un luogo sacro e qualunque cosa accada dietro quelle porte, rimane dietro quelle porte. Una frizione può creare malumore, ma non si può essere sempre d’accordo. Si tratta sempre di capire il percorso migliore per la squadra. E una volta che l’allenatore decide un determinato piano, tutti lo supportano. Questo è l’unico modo per avere successo“.

Anche la mancanza di sicurezza del lavoro è un problema, ma gli allenatori hanno affermato di non preoccuparsene. “C’è pressione in tutto. Ci capita di essere in un settore con molto controllo e molti occhi addosso“, ha detto un assistente. “Non è diverso dall’essere un amministratore delegato di un’azienda. Se la società ha successo, hai successo. Se non ha successo, potresti benissimo uscirne. Sono stato un atleta e c’era anche pressione lì. È una lega in cui o vinci o perdi, ma è da quando sono uscito da YMCA che è stato così. Gira tutto intorno ai risultati. Bisogna mettersi a lavorare a testa bassa. Lo faccio perché adoro allenare, anche se non ho la sicurezza del lavoro in relazione a ciò che faccio quotidianamente“.

Articoli collegati
Focus NBA Traduzioni

Kenyon Martin: "La NBA ha perso la sua fisicità. Garnett era un chihuahua"

Lettura 8 Minuti
Kenyon Martin, ex giocatore con all’attivo 15 stagioni NBA (tra Nets, Nuggets, Clippers, Knicks e Bucks), ad oggi produce articoli e partecipa…
Focus NBA Traduzioni

La folle storia del draft, dello scambio e del ritorno di Marc Gasol ai Lakers

Lettura 16 Minuti
Pochi sanno che prima di essere un Grizzlies, Marc Gasol è stato draftato dai Lakers durante una notte piena di alcol a…
OldNBA

Paul George è su una brutta strada

Lettura 5 Minuti
La star dei Los Angeles Clippers ha stabilito un trend che non promette bene per il prosieguo della sua carriera. Non si…