College Station è una piccola cittadina della contea di Bezos, conosciuta come sede della Texas A&M University e niente più. Il nome deriva dal complesso universitario situato proprio vicino a una stazione ferroviaria e conta poco più di 117mila abitanti, la maggior parte studenti del college. In questa cornice incontriamo i coniugi Caruso, che lavorano e vivono all’interno dell’università. Qui, il 28 febbraio 1994, nasce il primogenito Alex, che studia e gioca per gli Aggies, lo stesso faranno poi le sue due sorelle.
UN RAGAZZO COME TUTTI GLI ALTRI
Un ragazzo “normale”, come è stato definito in questi due anni in cui abbiamo imparato a conoscerlo con la maglia giallo-viola. E in effetti il look di Alex non rientra proprio nello stile NBA: non è eccentrico, non ha qualcosa di particolare che lo contraddistingue, non ha un fisico eccezionale. Se non fosse per la canotta che ogni sera indossa per scendere in campo al fianco di LeBron James, potrebbe anche passare inosservato.
Prima di arrivare ai Lakers, il numero quattro è stato prima undrafted, poi messo sotto contratto dagli Oklahoma City Thunder, spedito in G League e infine chiamato da LA per un “two-way contract” – guadagnando in base alla lega in cui avrebbe giocato. Nel 2017 Alex è rimasto in NBA, rosicchiando qualche minuto e cercando di mettersi in mostra, nel 2018 è riuscito a strappare un altro contratto alle stesse condizioni, ma la sua importanza per i losangelini è cresciuta partita dopo partita. Nel 2019 Caruso ha firmato un biennale con i Lakers e adesso, nel 2020, giocherà gara 4 per portare a casa il Larry O’Brien Trophy.
TWO WAY PLAYER
Partita dopo partita, Alex Caruso è diventato una pedina importante sullo scacchiere di coach Vogel: “Ha l’abilità di entrare e dare un contributo significativo al nostro gioco e per questo motivo lo adoriamo. È il miglior two way player che potessimo avere accanto a LeBron e AD. Può cambiare su ogni giocatore ed è un difensore di altissimo livello. Protegge il perimetro contenendo i giocatori avversari e prevedendo le linee di passaggio. Allo stesso modo in attacco è un pericolo sia dalla distanza, che nel pitturato con la sua abilità di trattare la palla e arrivare facilmente al ferro”.
DIFESA…
Le parole dell’allenatore dei Lakers sono supportate dai numeri. A inizio playoff Caruso permetteva ai suoi avversari di tirare con il 32%, difendendo forte e cercando di contestare ogni tiro – secondo solo a Giannis Antetokounmpo, vincitore del DPOY. La sua efficienza difensiva in questi playoff si aggira su 109 canestri concessi su 100 possessi, contribuendo a generare il 2.3% di palloni rubati ogni partita. Sul perimetro Caruso si muove velocemente arrivando a contestare almeno 4.6 tiri e deviando 2.4 palloni a partita (meglio di lui solo Rajon Rondo con 2.6). Con un utilizzo del 13.9% e con quasi 24 minuti concessi in ogni gara, si può dire che sono risultati di tutto rispetto – con margini di miglioramento, prima fra tutte la difesa nel pitturato, dove concede la maggior parte dei punti agli avversari.
…E ATTACCO
Dall’altro lato del campo Caruso è un’arma a doppio taglio: può battere l’avversario in palleggio, mentre dal lato debole riesce a crearsi lo spazio per dei tiri ad alta percentuale, con un taglio o cercando uno spot per un tiro libero da oltre l’arco. Lontano dalla palla il numero quattro si muove estremamente bene, i suoi tagli vengono puntualmente serviti da Rondo o LeBron che si fidano del ragazzo, che segna così il 64.3% dei suoi tiri. Ma Alex non delude neanche dai 6.75 metri, contro gli Heat sta tirando con il 41.7% e gran parte dei suoi tiri sono uncontested. Cosa può migliorare? Sicuramente deve lavorare sul palleggio e sul passaggio, la maggior parte delle sue palle perse derivano da passaggi in ritardo o totalemente sbagliati.
CARUSHOW
Caruso si fa apprezzare per le piccole cose che fa in campo: l’intelligenza con cui tratta la palla, l’entusiasmo e la passione in ogni azione, la dedizione per il gioco, il coraggio di fare delle scelte pesanti. Per questo motivo i compagni, ma soprattutto delle stelle come LeBron, Davis e Rondo, hanno sempre speso parole al miele per il giovane Lakers. “È un ragazzo su cui sappiamo di poter contare, non fa molti errori e gioca un basket vincente. Sa che ho fiducia in lui, cresce di partita in partita: questa è stata la sua nona partita ai Playoff e migliora sempre di più”, le parole di James, completamente differenti rispetto a due anni fa, quando Caruso dovette presentarsi al Re, che non sapeva chi fosse quel ragazzo con la fascia seduto in panchina.
Tra poche ore i Lakers scenderanno in campo e Caruso potrebbe vincere il suo primo titolo, in una postseason più che particolare, ma senza asterischi. Non si può sminuire il lavoro che questo ragazzo ha svolto fino a questo momento, al di là della bolla, in ogni canestro, in ogni azione e in ogni partita, l’impegno è massimo. Quel ragazzo semplice, con pochi capelli, laureato in management dello sport, direttamente da College Station, ne ha fatta di strada e ora manca davvero poco.