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Che Draft sarà?

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I coriandoli calati sul parquet dopo la sirena di gara-6 tra Lakers e Heat hanno chiuso la stagione NBA più atipica di sempre. Se i giocatori hanno potuto finalmente abbandonare la “bolla” per tornare alle loro case e rilassarsi con le loro famiglie, per i General Manager e i loro assistenti inizia invece un altro intenso periodo di lavoro: quello legato al Draft.

Se la stagione è stata atipica, si può dire altrettanto del Draft.  Mai come quest’anno è difficile fare previsioni e mai come quest’anno le squadre titolari delle scelte nobili del Draft sembrano così poco interessate a utilizzarle.

Minnesota e Golden State hanno già dichiarato apertamente che sono disponibili ad ascoltare eventuali offerte per la loro scelta, visto che entrambe sarebbero più propense a migliorare da subito il loro roster.  E potrebbero non essere le uniche guardando l’ordine di scelta e i bisogni delle squadre: Chicago ha un quintetto composto da under 25 per quattro quinti, perciò forse non è il caso di aggiungere un altro giovane inesperto; ad Atlanta Trae Young scalpita e non sappiamo quanto sia interessato a vedere al suo fianco un altro ventenne da aspettare; Phoenix ha registrato un record immacolato a Orlando, per questo Devin Booker si aspetta di conquistare i playoffs la prossima stagione, e un “rookie” potrebbe non essere il rinforzo giusto.

Per non parlare degli effetti economici della pandemia, soprattutto sui mercati più piccoli.

Molte squadre nelle prime posizioni saranno tentate di cedere le scelte per risparmiare qualche milione di dollari e affrontare le ristrettezze finanziare collegate al Covid-19”. Queste le parole di Troy Weaver, il general manager di Detroit. Strategia per confondere gli avversari? Può darsi, ma lo scorso anno i Pelicans non si erano lontanamente sognati neanche di accennare alla valutazione di una potenziale contropartita. Zion era l’unica opzione considerata. La stessa cosa può essere detta per Phoenix nel 2018.

La verità è che il Draft non viene valutato, dagli addetti ai lavori, così qualitativo come i precedenti. L’entusiasmo di scout e GM è smorzato dalla mancanza (apparente?) nelle posizioni di alta lotteria di talenti come Zion, Ja Morant, DeAndre Ayton, Luka Doncic, Markelle Fultz (sembra strano ma è così..) e Jayson Tatum, ovvero di potenziali “franchise player”.

Ma in tanti concordano sull’estrema profondità del Draft, cioè sulla possibilità di trovare anche fuori dalla Lottery dei prospetti che potrebbero diventare buonissimi interpreti nella NBA. Il Draft, giova ricordarlo, non è una scienza esatta, e non sarebbe così sconvolgente trovarsi tra qualche anno a disquisire di Anthony Edwards, LaMelo Ball oppure qualcuno scelto molto più in basso (per esempio Isaac Okoro, Devin Vassell o Patrick Williams) alla “Partita delle Stelle”.

Per questo, in molti accostano l’edizione 2020 al Draft del 2015, quello di Anthony Bennett alla prima scelta assoluta, Otto Porter alla terza, Cody Zeller alla quarta, Alex Len alla quinta (insomma, tutte belle fregature), ma anche di Giannis Antetokounmpo alla quindicesima e Rudy Gobert alla ventisettesima. Ecco che, quindi, quel Draft si rivaluta enormemente anche senza considerare Victor Oladipo (seconda assoluta).

Questo è il Draft del 2020, forse il più imprevedibile di sempre. Nelle settimane che ci separano dal 18 novembre cercheremo di presentarne i protagonisti.

Stay tuned!

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