Questo è un titolo speciale, non solo per il periodo storico che stiamo vivendo o perché le partite sono state giocate all’interno della “Bolla di Orlando“. Un sistema ottimamente bilanciato, che ha avuto pochissime crepe al suo interno (zero positivi negli ultimi quattro mesi).
È un titolo speciale per Anthony Davis, a cui è sempre servito un supporting cast degno del suo smisurato talento. Lo ha trovato e ha sprigionato il suo potenziale sia in attacco che in difesa. Il giocatore perfetto per completare LeBron. LA è il posto dove the Brow è diventato leggenda.
È un titolo speciale per Rondo, vagabondo per diversi anni e odiato dai suoi stessi fan per il suo modo “obsoleto” di giocare. Ma ha fatto vedere a tutti che quando conta è il veterano su cui puoi sempre fare affidamento. Una gara-6 in cui ha portato indietro le lancette dell’orologio, giocando con un’intelligenza cestistica concessa a pochissimi. Rajone ha sempre ragione.
È un titolo speciale per Frank Vogel. Educato, composto, mai una nota troppo alta o fuori posto, spesso dimenticato, a volte sottovalutato. Con un’intelligenza cestistica di alto livello, ha dato un’anima a questi Lakers, ha saputo adattare il gioco al materiale che aveva a disposizione. Difesa e contropiede, questo il suo mantra: così ha vinto gara-6 e le numerose partite che hanno portato i Lakers al titolo. Ha mosso tante pedine sulla sua scacchiera durante questi playoff, ha scommesso su gente come Caldwell-Pope, Rondo, Caruso e Dwight Howard e ha incassato, eccome se ha incassato.
È un titolo speciale per un supporting cast che in questi Lakers ha trovato la sua dimensione. Dwight Howard non sempre concentrato, ma mai così determinante dopo gli Orlando Magic. Alex Caruso non si è fatto trovare impreparato ai suoi primi playoff dopo non essere stato scelto quattro anni fa e aver fatto gavetta in G-League, passando di contratto incerto in contratto incerto. Danny Green e Kentavious Caldwell-Pope, nonostante qualche partita da dimenticare, hanno sempre continuato a credere nei loro mezzi, sbagliando, continuando a provare e spingere sull’acceleratore su entrambi i lati del campo.
È un titolo speciale per LeBron James, a 35 anni, alla sua diciassettesima stagione in NBA, nuovamente MVP delle Finals. Non credo ci sia altro da aggiungere. Forse solo le sue parole alla cerimonia dello scorso 31 gennaio: “In the words of Kobe Bryant ‘Mamba Out’ but in the word of us ‘Not Forgotten’. Live on brother”.
È un titolo speciale per Kobe e Gigi. Al di là di tutte le speculazioni, di maglie, numeri, coincidenze, cabala e chi più ne ha più ne metta, i Lakers hanno giocato anche per loro. In qualunque angolo di universo in cui si trovino, entrambi festeggiano il diciassettesimo trofeo della storia dei Los Angeles Lakers.