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NBA Preview: Central Division

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Terzo capitolo del viaggio alla scoperta della nuova stagione NBA. Oggi è il turno della Central Division.

Le franchigie verranno presentate in rigoroso ordine alfabetico (tra parentesi il record dello scorso anno).



La Central Division è pronta a ripartire divisa tra certezze e dubbi. Milwaukee e Indiana saranno ancora le squadre che guideranno il gruppo, ma entrambe sono in cerca di certezze dopo le rispettive delusioni dello scorso anno. I Pacers dovranno riscattare il pesante sweep subito nella bolla da Miami, mentre Milwaukee, con la grande incognita sul futuro di Antetokounmpo, proverà a riportare il titolo in Wisconsin dopo 50 anni. Nella parte “bassa” della divisione Cleveland è attesa dall’ennesima stagione deludente dopo l’addio di James, aspettando la prossima estate come quella buona per ripartire.
Luci e ombre invece per quanto riguarda Chicago e Detroit. Difficilmente le vedremo nelle 8 che si giocheranno i playoff, ma ci proveranno. I primi con tanti giovani in rampa di lancio alla ricerca di una guida. I Pistons, al contrario, con un mix di gioventù ed esperienza.

Pochissimi dubbi su chi arriverà in testa, ma tanti motivi per seguire come si evolveranno le squadre durante la stagione.


CHICAGO BULLS (22-43)

I Bulls iniziano quest’anno un percorso che sperano li possa portare ai grandi fasti dell’era Rose-Thibodeau. Un percorso iniziato con l’arrivo ad aprile di Arturas Karnisovas come Executive Vice President of Basketball Operations e poi, a maggio, con il cambio di General Manager e l’assunzione di Marc Eversley. La nuova dirigenza vuole sin da subito cercare di uscire da quel tunnel in cui sembra essersi infilata la squadra di Chicago, e per farlo ha scelto di cambiare la guida tecnica della squadra prendendo Billy Donovan.

L’ex allenatore dei Thunder si presenta con un curriculum all’apparenza ben più adatto rispetto a quello del suo predecessore Jim Boylen (39 vinte e 84 perse nella sua avventura in Illinois) per guidare il giovane gruppo dei Bulls. Non tanto per la sua carriera a Oklahoma, che comunque è riuscita a raggiungere i playoff in tutte e 5 le stagioni sotto la sua guida, quanto soprattutto per l’attitudine dimostrata ai tempi di Florida. Il mondo collegiale non è quello NBA, questo è vero, ma Donovan – che con i Gators ha conquistato due titoli con i Gators – si ritroverà in un ambiente ricco di giovani stelle e senza l’obbligo di dover ottenere immediatamente dei risultati come gli era accaduto da allenatore di Westbrook e compagni.
Il suo biglietto da visita sembra quindi quello ideale, ma ovviamente non basterà. Quali potrebbero essere allora gli elementi che possono trasformare la stagione dei Chicago Bulls da ennesima delusione a successo?

La parte fondamentale per far sì che questo gruppo possa far vedere quello di cui è capace è che l’infermeria resti finalmente vuota. Nell’ultimo anno giocatori come Wendell Carter Jr, Otto Porter e soprattutto Lauri Markannen non sono riusciti a giocare con continuità. Il primo non l’ha ancora trovata nei suoi 2 anni nella lega (44 e 43 le partite giocate in ciascuna stagione), mentre Porter ne ha giocate appena 29 nella sua esperienza fin qui a Chicago.
Fondamentale però sarà soprattutto la figura di un Markannen che non più di due anni fa viaggiava a quasi 19 punti e 9 rimbalzi di media, facendo intravedere cose importanti in vista delle prossime stagioni. Se il finlandese dovesse riuscire a stare lontano dagli infortuni sarebbe senza dubbio il candidato al ruolo di secondo violino della squadra dietro a Zach LaVine.

Sì perché è proprio sulle spalle dell’ex T-Wolves su cui ricadranno le maggiori responsabilità. Innanzitutto deve dimostrare di essere davvero in grado di essere la stella di una squadra che punta a rilanciarsi su alti livelli: può trascinare da prima punta una squadra da playoff? Che possa mettere punti a referto non c’è il minino dubbio (25.5 punti di media la scorsa stagione), ma può essere il leader e il trascinatore di questo gruppo? Se le risposte a queste domanda dovessero essere positive, allora la stagione dei Bulls potrebbe diventare interessante.

Un altro punto fondamentale da cui passerà il successo della franchigia è il contributo dei giocatori selezionati al draft, dato che durante il mercato la dirigenza è stata abbastanza immobile (Garrett Temple il nome più importante preso in free agency). Gli occhi dei tifosi e di molti addetti ai lavori saranno infatti puntati su Patrick Williams, il giocatore scelto con la quarta pick assoluta tra lo stupore generale. Ala versatile, l’ex Florida State ha viaggiato nell’unico anno al college a 9 punti e 4 rimbalzi di media. Karnisovas lo descrive come “difensore duttile con mani grandi e braccia lunghe”, caratteristiche che fanno di Williams un giocatore perfetto per l’NBA di oggi, almeno sulla carta.
Oltre a lui i Bulls hanno firmato Devon Dotson, intrigante playmaker ex Kansas a cui è stato concesso un two-way contract (partirà dalla G League ma potrà essere richiamato in qualsiasi momento per contribuire in NBA).

Vale la pena infine spendere due parole sull’ex rookie dei Bulls Coby White. Si è parlato molto della sua coesistenza con LaVine, con addirittura voci che lo vedrebbero meglio nella veste di sesto uomo. Anche per lui quest’anno sarà fondamentale per capire, insieme a coach Donovan, quale importanza avrà all’interno del roster. Se si riuscisse a trovare il ruolo giusto per lui ne andrebbe a beneficiare la chimica di squadra e, di conseguenza, anche i risultati.

Se tutto il gruppo dovesse riuscire a restare lontano da malanni fisici, la stagione di Chicago promette quantomeno di essere migliore – e di molto – rispetto a quella appena passata. Per un posto ai playoff è forse presto, ma bisognerà iniziare a porre le basi per tornare una squadra stabilmente da post season.



CLEVELAND CAVALIERS (19-46)

Se per i Bulls si intravede la luce in fondo al tunnel della mediocrità, lo stesso non si può certo dire per i Cleveland Cavaliers. Se è pur vero che i giovani di talento non mancano neanche alla squadra di Bickerstaff, è altrettanto sotto gli occhi di tutti che i contratti di Love, Drummond e Nance Jr intasano anche per quest’anno il salary cap dei Cavs, impedendo una costruzione competitiva del roster. E proprio su di loro il front office dovrà prendere le decisioni che segneranno il futuro della franchigia.

Drummond sarà free agent a fine stagione e certamente non verrà rifirmato alla cifra odierna (quasi 29 milioni per l’ultimo anno). Larry Nance Jr è il terzo giocatore più pagato del team (11.7 milioni quest’anno e 10.6 l’anno prossimo) e deve quindi dimostrare di essere qualcosa in più di un semplice giocatore di rotazione. Infine c’è la difficile situazione di Kevin Love. Il cinque volte All-Star guadagnerà più di 91 milioni nei prossimi tre anni: i Cavaliers possono permettersi di investire così tanto su di lui? La risposta immediata è no. Love mette ancora cifre di tutto rispetto, ma ha già dimostrato di non essere in grado di essere la stella di una squadra da titolo e neanche uno dei primissimi violini. Considerato che la franchigia dell’Ohio è in totale rebuilding, varrebbe la pena di scambiarlo, anche se di certo non sarà facile trovare una squadra disposta ad accaparrarsi il suo contrattone.

Inoltre, come se non bastasse il peggior record della Eastern Conference, il GM Altman ha dovuto fare i conti con la partenza di Tristan Thompson, sostituito con McGee. Movimento che sulla carta fa tutto meno che rinforzare la squadra.

Dove invece si hanno motivi per sorridere è il reparto esterni del roster. Sexton e Garland dovrebbero essere la coppia titolare, capaci di segnare 33 punti di media in due lo scorso anno e con il primo pronto a esplodere. Dietro di loro Kevin Porter Jr e Dante Exum, rispettivamente 20 e 25 anni, rendono il backcourt dei Cavs uno dei più interessanti da seguire.

Un altro tassello che fan ben sperare è arrivato dal draft grazie alla quinta scelta assoluta. Isaac Okoro viene descritto come un solido “3-and-D”, ruolo sempre più ricercato dalle franchigie NBA, soprattutto nel ruolo di ala. Tiro da 3 e difesa. Se dovesse rispettare le previsioni ruberà certamente minuti a giocatori ben più esperti di lui come Nance e Osman.

Vista la situazione salariale e la free agency, in cui sono arrivati solo il già citato McGee e Thon Maker come nomi di rilievo, la stagione dei Cavs si prevede ancora arida di soddisfazioni. Si punterà alla crescita dei giovani, ma soprattutto alla ricerca di una vera e proprio identità che, da quando LeBron James ha lasciato l’Ohio, a Cleveland fanno fatica a ritrovare.



DETROIT PISTONS (20-46)

Con ben tre prime scelte all’ultimo draft, il GM Troy Weaver si è assicurato dei giovani interessanti da affiancare e far crescere alle spalle di Blake Griffin e Derrick Rose. Proprio il General Manager è forse la più grande novità per la squadra 3 volte campione NBA, che vedrà ancora in Blake Griffin il giocatore principale per il 2020/2021.

Dopo le sole 18 partite giocate lo scorso anno causa infortuni, la quarta stagione in Michigan dell’ex Clippers sarà una delle più importanti della sua carriera. A quasi 32 primavere è arrivato al penultimo anno di contratto con i Pistons e deve necessariamente guidare lui la riscossa di Motor City, alla cerca di un traguardo di rilievo. Se così non dovesse essere le strade di Griffin e dei Pistons potrebbero anche separarsi a fine stagione, se la dirigenza (o lo stesso Blake) dovessero volere un cambio radicale. Per Griffin la volontà di essere in una una squadra da titolo, per la franchigia potrebbe significare un’ennesima ripartenza, questa volta dai giovani presenti in roster.

Accanto a lui, come altro uomo d’esperienza, ci sarà anche Derrick Rose. L’ex MVP sembra aver trovato finalmente stabilità a Detroit e sarà la stagione per confermarsi ai livelli mostrati la scorsa stagione dopo anni di calvario.

Ad arricchire il roster di coach Casey c’è una coppia di giocatori francesi su cui sia l’allenatore che la franchigia punteranno molto, quest’anno e per quelli a venire.
Partiamo da Sekou Doumbouya. Non ancora vent’enne, il guineano naturalizzato francese è al suo secondo anno dopo aver speso il primo diviso tra NBA e G-League. Già la scorsa stagione c’era molto interesse intorno a lui, complici soprattutto le sue doti fisiche: con un’apertura alare di 211 centimetri e la capacità di realizzare grandi giocate anche nella lega dei “grandi”, ha messo comunque a referto 17,5 punti e poco più di 5 rimbalzi di media con i Grand Rapids Drive. L’ala dei Pistons sarà certamente uno dei motivi di curiosità per la prossima stagione.
L’altro, uno dei veri colpi del draft, è Killian Hayes. Classe 2001 nato in Florida, ma cresciuto in Francia e anche lui naturalizzato francese. L’ex Ratiopharm Ulm è descritto come uno dei più “NBA ready” e da backup di Derrick Rose non potrà che accrescere fin da subito il suo bagaglio di esperienza e playmaking, già comunque molto ricco.

Infine, non rimane che parlare di draft e free agency, in cui il nuovo GM si è dato parecchio da fare. Nella “pesca dei giovani talenti” sono state ben tre le prime scelte per Detroit. Oltre a Hayes (7° scelta), sono stati selezionati il centro Isaiah Stewart (alla 16) e l’ala Saddiq Bey (alla 19). Sul mercato, invece, sono arrivati come rinforzi Grant, Plumlee e Okafor (per sopperire ad un’eventuale partenza di Griffin l’anno prossimo?). Giocatori non di primo piano ma che vanno a rinforzare le rotazioni della squadra, soprattutto a livello di frontcourt. Uniche partenze Christian Wood e Luke Kennard.

Il roster messo in piedi è un misto di gioventù ed esperienza. I Pistons vogliono sognare in grande, ma per farlo servirà ancora qualche anno. Se le nuove scelte dovessero rivelarsi azzeccate e Griffin dovesse rientrare a pieno regime, la speranza potrebbe essere l’ottavo posto.



INDIANA PACERS (45-28)

Nessun movimento di mercato degno di nota per dei Pacers che, forti delle 45 vittorie lo scorso anno e del quarto posto nella Eastern Conference, sono convinti più che mai di avere ciò che serve per ripetersi in regular season. L’incognita però resta il salto di qualità nella postseason.

La più grande novità della stagione della franchigia basata a Indianapolis sarà così il nuovo coach, Nate Bjorkgren. L’ex assistente ai Toronto Raptors è al primo incarico da capo allenatore in NBA e si troverà subito di fronte a una sfida importante. Il quintetto è lo stesso della scorsa stagione e quindi carico di talento. A guidarlo sarà il due volte All-Star Victor Oladipo, che è stato al centro di parecchie voci di mercato che lo volevano lontano dall’Indiana, ma alla fine ha deciso di rimanere per quello che sarà il suo ultimo anno di contratto. La passata stagione è rimasto lontano dal parquet per molto tempo, cosa che gli ha privato di essere nella forma migliore quando contava. Quest’anno anche per lui deve diventare la stagione del riscatto: se tornerà ad essere il giocatore che si era guadagnato la convocazione per l’All-Star Game, allora le cose per i Pacers potrebbero girare per il verso giusto.

Altra componente importante sarà vedere quale versione di Tj Warren rivedremo all’inizio dei giochi. Warren nei seeding games di Orlando è diventato praticamente il go-to-guy di Indiana, con una media che superava i 30 punti. Gli occhi addosso lo hanno fatto leggermente ridimensionato contro Miami ai playoff, ma sarà interessante vedere su quali livelli riuscirà a mantenersi.

Brogdon, Sabonis e Turner dovrebbero completare un quintetto che, sulla carta, appare solido come pochi altri nella Conference.

Come anticipato, se di dà uno sguardo alla free agency e al draft i Pacers non hanno praticamente battuto ciglio. Il rinnovo di Justin Holiday, valido giocatore di rotazione, e la firma al minimo salariale di Gerald Green, preso per allungare il roster e ottenere un’arma in più dall’arco, rappresentano i punti più importanti.

Se è vero che negli ultimi anni Indiana si è imposta come una delle squadre più costanti dell’intera lega, dall’altra parte sono anche arrivate nelle ultime 5 stagioni altrettante eliminazioni al primo turno. È quindi chiaro che, così come è strutturata la squadra, parlare di titolo è assolutamente fuori discussione (perché, c’era mai stata una discussione?). L’obbiettivo, anche con il cambio di panchina di McMillan, è quindi quello che sfatare il tabù del primo turno, raggiungendo una semifinale o, perché no, una finale ad est, anche se la concorrenza non sarà assolutamente facile da superare. Il 4-0 subito con gli Heat non rispecchia il vero valore dei Pacers, che certamente vorranno riscattare la figuraccia.



MILWAUKEE BUCKS (56-17)

Ora o mai più potrebbe essere lo slogan che accompagnerà i Milwaukee Bucks durante la prossima stagione. È ovvio che siano loro i più grandi delusi del 2020: usciti per mano degli Heat, tutti noi ci aspettavamo dai Bucks quantomeno le Finals. E invece ancora una volta si sono dovuti fermare allo step precedente. Prima Toronto nel 2019 e poi Miami: la prossima stagione sarà ricca di pressioni per tutti. Dalla dirigenza allo staff tecnico, passando ovviamente per Antetokounmpo.

Il greco sarà free agent a fine stagione e già durante questo mercato ha fatto intendere di volere sì rimanere a Milwaukee, ma solo se la dirigenza gli saprà costruire intorno una squadra da titolo. Il due volte MVP non vuole più collezionare premi individuali, per questo è assolutamente determinato a prendersi l’anello. Con o senza i Bucks ad aiutarlo. La prossima stagione sarà quindi decisiva, visto che la possibile fine dell’era Antentokounmpo in Wisconsin rimetterebbe in gioco tutti gli equilibri dell’intera lega. A questo punto la domanda da porsi è: visto il fallimento delle ultime due stagioni e i rumors attorno a Giannis, i Bucks si sono rinforzati? 

E proprio qui potrebbero nascere i problemi. La squadra di oggi non sembrerebbe essersi rinforzata e anzi, esattamente il contrario. Quest’anno il colpo di mercato è stato Jrue Holiday, preso sostanzialmente al posto di Bledsoe. L’ex Pelicans è l’unico vero rinforzo per Mike Bundenholzer, che potrà contare su un giocatore solido su entrambi i lati del campo e capace di viaggiare a quasi 20 punti e 6 assist di media, imponendosi come uno dei playmaker più importanti della lega. Sicuramente un grande upgrade rispetto al suo predecessore, ma non può bastare.

Ciò che sicuramente ha lasciato l’amaro in bocca ai tifosi è stato il mancato arrivo di Bogdan Bogdanovic dai Kings. Il serbo, accasatosi poi ad Atlanta, oltre alla delusione lascia soprattutto vacante la posizione di guardia, vista la partenza di Matthews per Hollywood sponda Lakers. Lo spot di shooting guard sarà con tutta probabilità occupata da DiVincenzo, giocatore che dalla panchina nella scorsa stagione ha fatto registrare medie di 9,2 punti e quasi 5 rimbalzi a partita.

Il mercato dei Bucks è praticamente finito qui, se non per movimenti secondari: il ruolo di vice Holiday è stato assegnato a Dj Augustin e gli arrivi di Nwora, Craig, Forbes e Portis andranno a sostituire le partenze di Korver, Robin Lopez, Ilyasova e Marvin Williams.

Visti i cambiamenti nel roster non si può certo dire che la squadra sia migliore di quella dello scorso anno. Come se non bastasse, le contendenti al trono dei Bucks si arricchiscono dei Brooklyn Nets, che con il ritorno di Kevin Durant, proveranno a fare la voce grossa e un’immediata scalata verso la corona.

La stagione a Milwaukee non inizierà sotto i migliori auspici e con la pesante ombra di un possibile addio del loro leader. Squadra e staff tecnico dovranno fare quadrato, per arrivare all’obiettivo comune e capire come mai una squadra capace di vincere il 75% delle partite di regular season negli ultimi due anni non sia stata in grado di raggiungere le Finals.

Certamente l’obbiettivo resta il titolo, ma non sarà facile raggiungerlo.




Marco Capasso

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