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NBA Preview: Southwest Division

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Dopo aver analizzato le tre Division dell’Est, il nostro viaggio prosegue verso quelle della Western Conference, a partire dalla Southwest Division, probabilmente quella più difficile da interpretare e pronosticare. Dopo 10 stagioni di monopolio del duo Rockets e Spurs, potrebbe essere l’annata giusta per un deciso cambio di rotta. I valori potrebbero essere ribaltati dalla crescita di franchigie come Dallas e New Orleans, guidate dagli emergenti Doncic e Williamson, ma logicamente tutto dipenderà da quello che Houston deciderà di fare con James Harden. Il “Barba” ha chiaramente fatto intendere di voler scappare dal Texas, con la sua eventuale – e probabile – partenza che potrebbe davvero lasciare la Division senza un vero e proprio padrone. Anche perché i Grizzlies della stellina Ja Morant sembrano ancora acerbi e gli Spurs devono ancora iniziare il loro “anno 0”.

Come al solito le franchigie verranno presentate in rigoroso ordine alfabetico (tra parentesi il record dello scorso anno).


DALLAS MAVERICKS (43-32)

Secondo logica, i Dallas Mavericks dovrebbero avere le carte in regola per recitare un ruolo da protagonisti assoluti. L’esplosione di Luka Doncic non pone limiti alla franchigia di Mark Cuban, già capace di impegnare i favoritissimi Los Angeles Clippers al primo turno di playoff dello scorso anno dando vita ad una delle serie più appassionanti e divertenti nella “bolla” di Orlando. La certezza assoluta è che i Mavs sono la squadra di Doncic, reduce da una stagione assolutamente spettacolare da 28.8 punti, 9.4 rimbalzi e 8.8 assist che lo hanno catapultato nell’élite della lega.

Attorno allo sloveno ha trovato la sua dimensione Tim Hardaway Jr, autore di un’annata da quasi 16 punti di media con il 40% da 3 punti, mentre il nuovo acquisto Josh Richardson sarà una delle chiavi per i Texani. Quest’ultimo è arrivato via trade da Philadelphia in cambio dell’ottimo Seth Curry, altro giocatore che aveva beneficiato degli spazi che le difese lasciavano sul perimetro nel tentativo di tamponare le scorribande di Doncic. L’ex Heat è chiaramente un giocatore differente dal fratellino di Steph: molto meno a proprio agio sul perimetro, ma ottimo difensore ed in generale atleta completo e carismatico. Se riuscirà a trovare la chimica giusta con “Luka Magic” potrà essere un’ aggiunta importante nello scacchiere di coach di Rick Carlise.

Se lo sloveno è il leader indiscusso, è chiaro che le fortune dei Mavericks passeranno dalle prestazioni e, soprattutto, dalla tenuta fisica di Kristaps Porzingis, sul quale aleggiano gli stessi dubbi che ne hanno accompagnato tutta la carriera NBA. Il lettone può essere davvero il secondo violino di una squadra da titolo? Il suo fisico, già provato da un paio di infortuni gravi, gli consentirà di avere la continuità per competere a questi livelli? Le risposte a tali quesiti saranno fondamentali per il futuro della franchigia, soprattutto in chiave free agency 2021, dove i Mavericks dovranno decidere come muoversi per fare il decisivo salto di qualità.
Il quintetto dovrebbe essere completato dal gradito rientro di Dwight Powell dopo l’infortunio che lo ha tenuto ai box nel momento cruciale della scorsa stagione. L’atletismo e l’energia del canadese, mancate parecchio nei playoff saranno, un’aggiunta basilare per la crescita del team.

Per quanto riguarda le seconde linee, coach Carlise ha una discreta scelta. Il recupero di Jalen Brunson dovrebbe dare un po’ di qualità come cambio in regia, mentre a Trey Burke si chiederanno punti rapidi. Il tedesco Kleber e Dorian Finney-Smith saranno i soliti collanti difensivi capaci anche di colpire dall’arco sugli scarichi, mentre la coppia di centri Willie Cauley Stein e Boban Marjanovic dovrebbe fornire solide garanzie nel reparto lunghi. Nella trade che ha portato Delon Wright e Detroit e Trevor Ariza a Oklahoma è poi arrivato anche l’esperto James Johnson. L’ex Heat però sembra più che altro un contratto in scadenza da scaricare il prossimo anno, visto che il contributo dato nelle passate stagioni è stato davvero minimo.
Dal draft con la scelta numero 18 da Arizona è arrivato l’australiano Josh Green, che potrebbe essere un profilo interessante per atletismo e doti difensive; mentre Tyler Terry (selezionato alla 31) e Tyler Bay (selezionato alla 36 dai 76ers e arrivato a Dallas nella trade per Josh Richardson) cercheranno di sgomitare per guadagnarsi qualche minuto nelle rotazioni.

Parlando di Dallas non si può non menzionare l’addio di J.J. Barea, giocatore decisivo per il titolo del 2011. Cuban ha voluto premiarlo rinnovandogli il contratto per un anno, salvo poi lasciarlo libero di cercarsi una nuova squadra. Quello che ha dato per la franchigia nelle notti delle Finals contro Miami resterà per sempre indelebile nella mente di ogni tifoso.

Le prospettive di Dallas saranno quelle di ripetere l’ottima stagione scorsa cercando di approfittare dei passi falsi di squadre dai roster più completi sulla carta. Come detto ci sono grossi punti di domanda sull’apporto che potrà fornire Porzingis, già fermo per infortunio probabilmente fino ad inizio del 2021 . L’impressione è quella che si proverà a continuare nel percorso di crescita intrapreso per poi puntare forte sul mercato della prossima estate per dare a Luka Doncic una “spalla” più credibile per puntare ad essere una vera contender.



HOUSTON ROCKETS (53-29)

Gli Houston Rockets sono la vera incognita di questa stagione 2020/21. La squadra di Morey e D’Antoni, capace di arrivare ad un passo dalle Finals nel 2017 e sconfitti con l’onore delle armi nel 2018 (sempre dai Golden State Warriors), non esiste più. Il gruppo che resta nelle menti dei tifosi è quello crollato quest’estate contro i Lakers, senza nemmeno dare l’impressione di avere la voglia di provarci. Dopo l’esperimento Chris Paul, naufragato anche con un po’ di sfortuna (infortunio nel momento chiave della serie con i Warriors), anche Westbrook non è riuscito a trovare la chimica giusta con James Harden, il discusso uomo franchigia. I Rockets sono quindi un cantiere aperto.

L’operazione cha ha portato Russell Westbrook a Washington in cambio di John Wall ha avuto grosso risalto, ma non tanto quanto le dichiarazioni che vogliono Harden deciso a cambiare definitivamente aria. Si parla di Miami, Philadelphia o addirittura Brooklyn come possibili destinazioni gradite al “Barba”, ma è chiaro che muovere un contratto che chiama 171 milioni di dollari in quattro anni non è un impresa facile, considerando anche che la franchigia texana in cambio pretende qualche tassello importante. Fare delle previsioni su quello che potranno aspettarsi a Houston da questa stagione è davvero complicato e dipenderà tutto da quello che riusciranno a ricavare dalla vendita della loro star. Sempre che ciò avvenga. L’ex Thunder non si è presentato all’inizio del training camp senza dare spiegazioni e nel mentre ha violato più volte i protocolli anti-COVID imposti dalla lega, facendosi vedere ad una festa ad Atlanta e ad un paio di serate a Las Vegas. Dopo un periodo di autoisolamento e 6 tamponi negativi consecutivi, Harden è sceso in campo nella notte per la partita di preseason contro San Antonio, dimostrando qualche difficoltà nel muoversi correttamente all’interno dei nuovi schemi di gioco e tutto meno che grande feeling con il nuovo ambiente.

Per quanto riguarda il roster della stagione 2020/2021, la franchigia riparte da tre grosse scommesse: il già menzionato Silas e i rientranti John Wall e DeMarcus Cousins. Stephen Silas è un esordiente come capo allenatore, ma ha già accumulato un esperienza ventennale nella lega come vice, incrociando head coach di altissimo profilo come il padre Paul Siles, Don Nelson e da ultimo Rick Carlise, contribuendo a rendere l’attacco dei Mavs uno dei più efficienti dell’intera NBA. Esordio più complicato non poteva capitare, perché è evidente che iniziare a lavorare su un gruppo senza sapere se la tua star rimarrà e con quale spirito si metterà eventualmente a disposizione, è una sfida tosta che metterà subito alla prova il nuovo coach e il suo staff, formato da due vecchie conoscenze come John Lucas e Jeff Hornacek.

Anche il nuovo arrivo John Wall si troverà in una situazione particolare. A parole ha fatto sapere che sarebbe fantastico giocare con Harden, ma il rischio è che si vengano a riproporre le stesse problematiche di convivenza avute con Westbrook. Entrambi hanno bisogno di iniziare l’azione con la palla in mano ed entrambi sono mediocri tiratori dalla distanza (il #13 ovviamente su un quantitativo di tentativi ben maggiore). In ogni caso il primo passo per l’ex Wizards sarebbe quello di ritornare un giocatore: dopo due annate dove è rimasto a guardare per due gravi infortuni, i primi segnali dalla preseason sembrano portare all’ottimismo. DeMarcus Cousins è infine la terza scommessa da vincere. L’ex Kings ha passato in infermeria le ultime due stagioni, collezionando solamente 30 presenze con i Warriors nell’annata 2018/19, e ha quindi bisogno di testare il suo fisico. L’annuale firmato è un rischio a basso costo e l’impressione è che Cousins si giochi una delle ultime carte per rientrare nella pagina dei protagonisti della lega. Le mani restano educate, ma fisico ed attitudine lasciano troppi dubbi e perplessità.

Il nome nuovo su cui i Rockets hanno puntato forte è Christian Wood, uno dei free agent più desiderati. L’ex Pistons ha firmato un sostanzioso triennale da 41 milioni, completando un percorso che lo ha visto cambiare quattro squadre ed assaggiare anche la polvere della G League. L’ultima stagione da 13 punti e 6 rimbalzi a Detroit ha convinto Houston a puntare forte sul suo atletismo e sul talento ancora totalmente da sviluppare.

Il quintetto base sarà completato da PJ Tucker, elemento prezioso nello scacchiere di D’Antoni ma che ha già espresso perplessità sul progetto ed è pronto a batter cassa. Le partenze di Convington, Rivers e Jeff Green aumentano i dubbi su una squadra molto corta ,la cui panchina dovrà dipendere dal tiro da fuori di Danuel House Jr, McLemore e dal veterano Eric Gordon; mentre Nwaba, Jerian Grant, Cabloco e Sterling Brown cercheranno di guadagnarsi minuti nelle rotazioni.

Le incognite e i dubbi su un gruppo chiaramente al capolinea sono parecchi, però il roster è comunque talentuoso. Tutto dipenderà da Harden, dalla sua permanenza e soprattutto dalla sua voglia di contribuire alla causa. Per ora il front office sta navigando a vista cercando di limitare i danni, ma i fasti e le ambizioni delle ultime stagioni sembrano ormai un lontano ricordo.



MEMPHIS GRIZZLIES (34-39)

I Memphis Grizzlies sono stati una delle piacevoli novità della passata stagione. Dopo due annate disastrose, molti degli addetti ai lavori erano pronti a scommettere sull’ennesimo fallimento, con i Boston Celtics, detentori della scelta al draft della franchigia del Tennessee, che già pregustavano un prospetto “top”. Invece l’annata dei ragazzi di Jenkins è andata oltre ogni aspettativa, sfiorando addirittura i playoff – perduti solamente nello spareggio con i Blazers.

Il protagonista della rinascita ha il nome del rookie dell’anno, Ja Morant. Il ragazzo da Murray State ha prodotto una stagione da quasi 18 punti e 7 assist di media, ma ha soprattutto lasciato intravedere un potenziale illimitato e trasformato il volto di una franchigia abituata ed essere identificata come operaia e poco spettacolare. L’ultima versione vincente dei Grizzlies era formata da Marc Gasol, Zach Randolph, Mike Conley e Tony Allen, gruppo pieno di talento e di applicazione, ma abituato soprattutto a rallentare i ritmi ed a giocare a difesa schierata. Morant ha semplicemente portato un’aria diversa e riacceso l’entusiasmo tra i tifosi, già innamorati dei coast-to-coast a velocità supersonica ed all’incredibile propensione a trovare la via del ferro in qualsiasi situazione.

Insieme a Morant è stata fondamentale la crescita esponenziale di Jaren Jackson Jr, lungo dalla buona mano e capace di infilare anche un ottimo 39% da 3 su 6.5 tentativi a partita, anche se ci sono ampi margini di miglioramento a rimbalzo ed in difesa. Jackson partirà ai box ad inizio stagione per i postumi dell’infortunio al ginocchio che lo ha costretto a saltare il finale della scorsa stagione, ma al suo posto Jenkins potrà sviluppare il talento di Brandon Clarke, altro giovanotto che ha stupito anche i suoi detrattori. Il 24enne di Vancouver – scelto alla 21 nel draft del 2019 – ha avuto una stagione da 12 punti e 6 rimbalzi a partita, dimostrando di essere già pronto per il piano superiore. I suoi critici dicevano che era troppo basso (2.03) per giocare da lungo e troppo grosso e senza tiro per fare l’esterno, ma la sua prima stagione sembra aver spazzato via tutti i dubbi. Clarke ha mostrato un’ottima propensione realizzativa nei pressi del ferro (65,8% da 2) e soprattutto è stato utilissimo in difesa in aiuto e sul pick-and-roll, potendo cambiare sia sui piccoli che sui lunghi.

Altro segreto della buona stagione dei Grizzlies sono stati Jonas Valanciunas, 15 punti e 11.3 rimbalzi a partita, e Dillon Brooks. Il canadese, messi da parte i troppi infortuni, ha firmato la migliore stagione in carriera grazie alla sua varietà nelle soluzioni in attacco, diventando una terza opzione offensiva valida ed affidabile.

I Memphis Grizzlies della stagione 2020/21 saranno sostanzialmente gli stessi dell’anno precedente, visto che il mercato non ha portato molto. Dal draft è arrivato l’interessante tiratore Desmond Bane, che potrebbe anche ritagliarsi un ruolo importante dalla panchina, dove Jenkins dovrà fare di necessità virtù cercando di rilanciare giocatori come Grayson Allen, deludente a Salt Lake City, e soprattutto Justise Winslow, fermato da troppi infortuni a Miami. Melton, Tyus Jones e Zhaire Smith sembrano poco consistenti per dare il cambio alla guardie, mentre Kyle Anderson e Gorgui Dieng porteranno il loro classico mattoncino senza spostare troppo gli equilibri.

Dopo la sorprendente stagione scorsa, Memphis sarà chiamata a confermarsi a buon livello, cercando di continuare a sviluppare il talento giovane a roster. C’è anche il rischio che una squadra così acerba possa tradire le attese crescenti e sentire la pressione, un po’ come è successo a Sacramento lo scorso anno, ma la certezza è che con Ja Morant il pubblico del FedExForun troverà comunque il modo di divertirsi.



NEW ORLEANS PELICANS (30-42)

I New Orleans Pelicans sono il gruppo più intrigante e con più talento dell’intero lotto. Dopo la dolorosa separazione con l’uomo franchigia, Anthony Davis, il front office è riuscito a cadere in piedi formando un nucleo giovane molto interessante e trovando in Zion Williamson la pietra angolare del futuro della franchigia.

A differenza di Memphis, la postseason è stata molto movimentata, a partire dall’ingaggio come coach di Stan Van Gundy, considerato l’uomo giusto per fare il salto di qualità e far crescere una squadra dalle potenzialità enormi. La mossa più eclatante è stato il rinnovo al massimo salariale di Brandon Ingram, autore di una stagione scintillante da 23.8 punti e 6.1 rimbalzi a partita e pezzo pregiato del pacchetto arrivato dai Lakers in cambio di Davis. Ingram ha migliorato in modo consistente ogni parte del suo gioco, sistemando anche il tiro da tre punti e guadagnandosi una meritata convocazione all’All Star Game. Tutto perfetto? Non proprio, perché i dubbi sul carattere e sull’attitudine da guerriero del ragazzo rimangono in sospeso ed i critici più accaniti non sono concordi sul fatto che meritasse tutti quei soldi.

Altre operazioni importanti sono state quelle che hanno portato Jrue Holiday e tre prime scelte a Milwaukee in cambio di Eric Bledsoe e George Hill, poi girato a Oklahoma insieme a Cheatam, Gray, Darius Miller e Kenrich Williams in cambio di Steven Adams. Nei piani di Van Gundy Bledsoe dovrebbe affiancare Lonzo Ball in quintetto, formando una coppia di guardie piuttosto carente al tiro ma molto solida difensivamente, mentre Adams andrebbe a fare il centro titolare davanti allo scalpitante Jaxons Hayes, atteso ad un ulteriore salto di qualità.

Detto di Ingram, le ambizioni dei Pelicans sono totalmente dipendenti da Zion Williamson, del quale non abbiamo ancora visto quasi nulla dell’incredibile potenziale a disposizione. L’annata di rookie di Zion non è stata infatti quella tanto attesa. Prima l’infortunio al ginocchio e poi le condizioni fisiche disastrose nella “bolla” di Orlando, ne hanno decisamente condizionato il rendimento. Nonostante tutto, in 24 partite giocate ha viaggiato a 22.5 punti e 6.3 rimbalzi di media, dando la sensazione che lo strapotere fisico mostrato a Duke possa esplodere anche al piano di sopra.

La forza di questi Pelicans è sicuramente l’abbondanza in ogni ruolo. Dietro a Ball e Bledsoe, spingono il secondo anno Nickeil Alexander-Walker e il rookie Kira Lewis Jr, mentre il veterano JJ Redick e Josh Hart porteranno rispettivamente tiro da tre ed energia come cambio nello spot di guardia. I nuovi arrivi Gabriel ed Hernangomez affiancheranno Nicolò Melli e Hayes in un reparto lunghi eclettico e capace di trovare soluzione sia dall’arco che nel pitturato.

In questa stagione New Orleans ha tutto per emergere ed effettuare l’atteso salto di qualità, ma come in ogni nucleo giovane le incognite sono parecchie. Bledsoe sarà più funzionale di Holiday a fianco di Lonzo Ball? Ingram dimostrerà di avere il carattere necessario per competere in una squadra con grandi ambizioni senza soffrire l’ingombrante presenza di Zion Williamson? Lo stesso Williamson riuscirà a portare a termine una stagione senza infortuni? Dalle risposte a queste domande dipenderanno le fortune di una franchigia che finalmente ha ripreso a sognare.



SAN ANTONIO SPURS (32-39)

Il 13 agosto 2020 è stata a suo modo una data storica. Con la vittoria dei Memphis Grizzlies sui Milwaukee Bucks, i San Antonio Spurs restano fuori dai playoff per la prima volta negli ultimi 22 anni, con i texani che termineranno anche la stagione con un record negativo per la prima volta dal 1997. La parola “ricostruzione” non è mai esistita nel vocabolario della coppia Buford-Popovich ed il tentativo di rimanere comunque competitivi, anche dopo l’addio dei vari Duncan, Parker e Ginoboli, ha infilato la franchigia in un pericoloso limbo dal quale è molto difficile uscire. La abilità di coach Pop, e un sistema che continua a funzionare, sono riusciti a mascherare delle carenze che sono implacabilmente uscite fuori nelle ultime stagioni, caratterizzate da immancabili eliminazioni al primo turno.

L’unico modo per sbloccare la situazione sarebbe quelle di ricevere qualcosa in cambio degli onerosi contratti in scadenza della coppia DeRozan-Aldridge, ed è in questa direzione che starà lavorando il front office. I due infatti difficilmente termineranno la stagione con la canotta nero-argento e non sembrano neanche particolarmente soddisfatti della loro avventura in Texas.

L’unica novità per gli Spurs è rappresentata dalla scelta numero 11 del draft, con Devin Vassell che sicuramente avrà il suo spazio nelle rotazioni. L’ex Florida State è già un difensore di livello e Popovich spera di farlo diventare il classico 3&D, se dovesse trovare un po’ di fiducia nel suo tiro da oltre l’arco. Per il resto le uniche speranze sono riposte sulla crescita del trio di guardie Dejounte Murray, Derrick White e Lonnie Walker IV, ragazzi ancora giovani che sotto l’abile guida di Pop potrebbero fare ancora un passo avanti nel loro percorso di sviluppo. In quintetto insieme a Murray ed ai veterani DeRozan, Rudy Gay ed Aldridge, ci sarà l’austriaco Jakob Poelt, fresco di rinnovo contrattuale (27 milioni di dollari in tre anni).

Perso il prezioso Forbes, oltre a Walker IV e Derrick White, dalla panchina cercheranno di dare un contributo il sempre produttivo Patty Mills e Trey Lyles; mentre l’altro veterano, Tyler Zeller, sembra avere davvero ancora poco da dare.

A meno di miracoli e colpi di genio di coach Pop, a San Antonio si profila una lunghissima e tristissima stagione di transizione, sperando di imbastire qualche trade per uscire dalle sabbie mobili della mediocrità. E chissà che non possa essere anche l’ultima stagione di un allenatore che ha fatto la storia di questo sport.




Fabio Krpan

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