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La folle storia del draft, dello scambio e del ritorno di Marc Gasol ai Lakers

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Ibiza è sei ore avanti rispetto a New York e il più piccolo dei Gasol si stava sistemando per la cena verso mezzanotte, come è consuetudine europea, quando il suo agente lo ha chiamato per dire che San Antonio stava fortemente valutando di selezionarlo con la ventottesima scelta.

Fino a quel momento non mi importava molto“, ha affermato Marc, “poi la natura competitiva entra in gioco e tu sei tipo, ‘OK, vediamo dove sono e vediamo un po’ cosa pensa la gente di me’. E sì, è così che è iniziato tutto“.

Ma gli Spurs non hanno selezionato Gasol. Hanno usato la loro scelta su un altro big man internazionale, Tiago Splitter, che era ancora disponibile nonostante le proiezioni lo dessero più in alto nel draft. Fu allora che una delle menti più intellettuali del mondo cestistico ebbe un’idea. Un’idea molto, molto stupida.

La colpa è del vino che era stato servito con la cena e che è continuato a scorrere a fiumi dopo che era finita. Non era la prima volta, né sarebbe stata l’ultima, che il fardello dell’indiscrezione giovanile veniva posto ai piedi del troppo vino. Lo sgarbo involontario degli Spurs aveva risvegliato in Marc Gasol un interesse personale, improvviso e ostinato per il susseguirsi di eventi che avveniva a sei fusi orari di distanza.

Dico, ‘Beviamo uno shot ogni volta che non vengo chiamato’“, ha ricordato l’attuale giocatore gialloviola.

Gasol non ha memoria di quale alcolico c’era nei bicchieri. Questo è solo il primo ricordo nebuloso di una notte che con il passare del tempo sarebbe diventata sempre più difficile da ricostruire. I ragazzi hanno guardato l’allora Commissioner David Stern salire sul podio per la 29° scelta. Poi la 30°. E nel secondo turno, quando il suo vice, Adam Silver, è salito sul palco, i nomi hanno continuato a uscire e riempire il tabellone.

Carl Landry… Gabe Pruitt… Marcus Williams…

Va sempre peggio“, diceva Gasol. “Va sempre peggio“.

Josh McRoberts… Kyrylo Fesenko… Stanko Barac…

C’era una possibilità che Gasol non venisse affatto scelto. Il suo agente lo chiamò per dire che Los Angeles poteva essere interessata alla numero 40, invece si ritrovò a guardare i Lakers scegliere Sun Yue, una guardia di 2.04 metri. “Ricordo quella scelta!“, ha esclamato trionfante Marc. “Ero ancora sobrio a quel giro. Ricordo che lo chiamavano ‘il Magic Johnson cinese’ (in TV). E io e Pau ci siamo detti, ‘Cosa stiamo facendo? Chi è questo?’

Gasol e i suoi compagni sollevavano diligentemente un bicchiere per ciascuna chiamata e speravano in un risultato diverso ogni volta che Silver appariva sul palco.

Sono un ragazzo grande“, ha detto Gasol, “posso reggere“.

Fino a quando, alla fine, non ce l’ha più fatta.

Quando è arrivata la scelta numero 48 ero già al tappeto“.

Mentre i Gasols si scervellavano per la scelta Lakers di Sun Yue, Filippi era pronto a strapparsi i capelli.

Nell’estate del 2007, Filippi aveva già guidato i lavori di scouting internazionale dei Lakers per sei anni. Ex giocatore delle leghe professionistiche italiane, Filippi era diventato uno degli scout più giovani del campionato con i New Jersey Nets alla fine degli anni ’90. Era entrato a far parte dei Lakers come consulente in un momento in cui l’interesse per gli europei era in forte espansione grazie al successo di giocatori come Dirk Nowitzki e Peja Stojakovic.

Nato poco fuori Bologna, Filippi aveva giocato un ruolo chiave nella scelta di Sasha Vujacic da parte dei Lakers, con la numero 27 nel draft 2004, che avrebbe continuato a essere un giocatore di ruolo prezioso per due corse al titolo dei gialloviola. Ora credeva che i losangelini avessero la possibilità di selezionare un altro giocatore europeo di impatto. Filippi aveva tenuto d’occhio Marc Gasol per una mezza dozzina di anni, da quando aveva giocato due anni al liceo a Memphis, all’inizio del periodo con i Grizzlies del fratello. Lo vide per la prima volta giocare in un torneo a Newport News, in Virginia.

Adam Filippi

Era un tipo di corporatura completamente opposta a quella di Pau“, ha raccontato Filippi, che ora è a capo dello scouting professionistico per i Sacramento Kings. “Era veramente in sovrappeso, per niente atletico. Si vedeva che sapeva giocare e aveva buone mani, e questo era ovviamente un vantaggio. Ma a quell’età correva da una linea del tiro libero all’altra“.

Kupchak ci ha confessato: “Non era considerato un potenziale candidato al liceo. Almeno non una prospettiva di alto livello“.

Dopo aver languito per alcuni anni in panchina con l’FC Barcelona, ​​Marc Gasol venne ceduto in prestito ad una squadra nella vicina Girona. E lì Filippi ha visto un giocatore che era dimagrito e che, ai suoi occhi, sembrava un potenziale NBA.

È troppo facile ora prendersi il merito e dire che l’ho visto arrivare“, ha detto Filippi. “Ma lo immaginavo come un giocatore che prenderesti alla fine del primo turno. Quindi, se fosse stato disponibile a 25 anni, sarebbe stata una scelta eccezionale. Ecco come lo immaginavo“.

L’altro scout dei Lakers che aveva visionato personalmente Gasol prima del draft era Lester. “(Filippi) probabilmente ha avuto a che fare più con noi che abbiamo draftato Marc di chiunque altro nel nostro staff“, ha detto Lester.

I Lakers avevano già Andrew Bynum, che nella sua prima stagione completa aveva mostrato lampi da star. I losangelini non avevano intenzione di sostituirlo con Gasol. “Stavamo pensando che sarebbe stato un ottimo centro per il secondo quintetto“, ha affermato Filippi. “Aveva anche un contratto molto oneroso, quindi probabilmente ,se lo avessi scelto, lo avrei lasciato in Europa per altri due anni per poi portarlo qui e avere il centro di supporto ad Andrew Bynum. Immagino che avessimo un’idea simile in quel momento“.

Marc Gasol doveva solo raggiungerli.


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