Focus NBA

Un novellino al Garden

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“Payton is the GOAT, man”

Le parole sono di Jaylen Brown, e il n°7 dei Celtics non ha sbagliato lo spelling dell’ex quarterback di Indianapolis e Denver, quel Peyton Manning cinque volte MVP e vincitore di due Superbowl. Anche perché a Boston rischierebbe di mettere in dubbio la candidatura di Tom Brady al titolo di più grande di sempre della NFL…

Il destinatario di un commento così incisivo è Payton Pritchard, la matricola atterrata a Boston solo qualche settimana fa dall’amato Oregon e già stabilmente nella rotazione dei Celtics.

Brown conosce molto bene, e da molto tempo, Pritchard e le sue qualità: nel 2014 Brown si presentò da favorito alla semifinale del “Les Schwab Invitational” (torneo scolastico tra i più famosi e importanti degli Stati Uniti, ndr) con la Wheeler High School. A sbarrargli la strada verso la finale contro Ben Simmons e la Montverde Academy c’era proprio Pritchard, playmaker della piccola e sfavorita West Linn. Nella più classica rappresentazione di “Davide contro Golia”, West Linn sconfisse Brown e Wheeler, con Pritchard capace di sfuggire ai sistematici raddoppi della difesa avversaria e orchestrare alla perfezione uno degli upset più clamorosi della lunga storia del torneo.

E lo conosce molto bene anche Danny Ainge, con il GM dei Celtics che durante la presentazione post Draft ha ammesso di averlo scrutinato attentamente durante i quattro anni passati alla guida di Oregon, fin da quando condusse i Ducks alle Final Four nel suo anno da freshman: “Ho visto tante partite di Payton nel corso di questi anni. Sono stato spesso a Eugene (sede di Oregon, ndr). Pritchard è un leader fin da quando era solo al primo anno. E’ stato davvero interessante vederlo crescere fino all’anno da senior, quando ha dovuto occuparsi maggiormente dell’attacco. Ball handler, tiratore, è veloce e spinge la palla in contropiede. E’ decisamente un giocatore che può giocare in ogni sistema, e potrà contribuire da subito“.

Eppure, la sua chiamata alla numero 26 non fu salutata con tutto questo entusiasmo dai tifosi, ormai affascinati più dagli ampi margini di miglioramento di un talentuoso diciannovenne che dalla solidità di un ventitreenne maturo fisicamente e tecnicamente, capace di conquistare l’ambito premio di Giocatore dell’Anno della PAC-12 e un posto nel primo quintetto All-American.

Stevens non ha perso tempo per gettarlo nella mischia. Già nella prima partita di preseason si era messo in mostra contro i Sixers (16 punti in 22 minuti), ma il vero banco di prova sono state le prime partite che incidono sul record della squadra, con Payton ha saputo confermare le buone impressioni del pre-campionato. Se si guardano le graduatorie riservate ai rookie, Pritchard figura all’ottavo posto come minuti giocati (22 a partita), al nono come punti e assist di media (rispettivamente 8.3 e 2.0), al sesto come percentuale da tre punti (55.6%).

Le statistiche però descrivono solo parzialmente l’impatto avuto, e non solo per il talento presente nel roster dei Celtics. Per avere un chiaro esempio di quanto Pritchard sia già un elemento importante, basta andare a vedere le due recenti partite disputate contro i Pacers. Se nella prima ha chiuso con 13 punti e un immacolato 5/5 dal campo, nell’incontro disputato il 29 dicembre ha convinto ancora di più. Nel momento più buio dei Celtics, sotto in doppia cifra e con l’inerzia completamente in mano ai Pacers, Stevens si è rivolto all’ex “Papero” per tornare in linea di galleggiamento, e ha avuto ragione. La freschezza, l’entusiasmo, il coraggio, ma anche la maturità tecnica di Payton sono state determinanti per non affondare completamente nel terzo quarto e gettare le basi per la rimonta conclusa con successo nel quarto finale.

Anche in questo caso, evidenziare solo l’aspetto statistico (10 punti, 5 rimbalzi e 5 assist) sembra superficiale. Ciò che impressiona maggiormente è la fiducia dello staff tecnico nell’affidargli delle responsabilità offensive non usuali per una matricola, per di più in una squadra talentuosa e ambiziosa come i Celtics.



La stagione è appena iniziata, con all’attivo solo quattro partite, (e mai come quest’anno la NBA sembra instabile e imprevedibile) quindi è altrettanto superficiale cadere in facili voli pindarici. A Boston sono consapevoli che Payton deve ancora adeguarsi completamente agli standard NBA in alcuni importanti aspetti (difensivamente, per esempio), ma sanno altrettanto bene di aver a disposizione un giocatore disposto a lavorare sulle sue lacune e pronto a contribuire ogni volta che sarà chiamato in causa.

Peccato che il pubblico non possa assiepare il TD Garden, perché lo avrebbe già adottato come nuovo idolo.





(Articolo realizzato prima della partita di questa notte tra Celtics e Grizzlies, conclusasi con la vittoria dei biancoverdi)

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