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Keldon Johnson: the country kid

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Cenando in uno dei migliori ristoranti di Lexington la sera della sua visita ufficiale di reclutamento per Kentucky nel settembre 2017, improvvisamente Keldon Johnson si alza rivolgendosi ad una tavolata di 15 persone dove c’era anche l’assistente allenatore dei Wildcats, Kenny Payne, impugnando con due mani la sua bistecca e dandogli un morso: “Coach KP, questa bistecca è fantastica!”.

Questo è stato il biglietto da visita di Keldon Johnson, ragazzo semplice, estroverso ed entusiasta, tipico prodotto della campagna della Virginia. Johnson proviene dalla cittadina di South Hill, nella Virginia meridionale. Situato nella contea di Mecklenburg, vicino al confine con la Carolina del Nord, ha una popolazione di poco inferiore a 5.000 unità ed è noto per gli edifici dai colori vivaci. Il tipico paese dove tutti conoscono tutti e dove in breve tempo Keldon è diventato il ragazzo più popolare, non solo per la sua carriera nel basket. Fin da piccolo è stato un ragazzo brillante e pieno di energia e pronto ad aiutare tutti, esattamente le caratteristiche che gli si riconoscono sul parquet. La clamorosa etica del lavoro l’ha ereditata dal padre camionista, Chris, e dalla madre infermiera, Rochelle, che hanno avuto il grande merito di aiutare il figlio ad evitare le cattive amicizie e le tentazioni della vita di strada che avrebbero potuto pregiudicare l’obiettivo NBA. Perché è sempre stato chiaro che il suo traguardo era quello.

Il suo primo allenatore, Brian Sykes alla South Hill’s Park View High School, ha sempre magnificato la sua ossessione per il basket e per il lavoro in palestra ed è stato anche il primo ad aiutarlo a modellare il suo corpo in sala pesi. Dopo Park View ed una frattura alla caviglia, si è trasferito alla Oak Hill Academy, diventandone il leader e il trascinatore, per poi firmare con Kentucky. Con i Wildcats, sotto coach Calipari, ha prodotto un’ottima stagione da freshman collezionando 13.5 punti e quasi 6 rimbalzi di media con il 46.3 % dal campo e il 38% dall’arco, contribuendo con 19 punti alla vittoria contro la quotatissima Tennessee e facendo segnare il record in carriera di rimbalzi (17) dopo una battaglia contro Auburn. “Non molti giocatori perimetrali possono concludere una partita così intensa con 17 rimbalzi”, questo il commento di Kenny Payne dopo la partita.

“Io adoro questo ragazzo perché è umile e ha paura di fallire. Un ragazzo talentuoso e presuntuoso spesso smette di lavorare o non sa come reagire alle avversità, mentre uno che ha fame e paura di non arrivare alla meta non smetterà mai di darci dentro in palestra

Parole di Kenny Payne, associate head coach di Kentucky dal 2014 al 2020
La grinta di Keldon Johnson ai tempi dei Wildacts

Dopo la prima stagione con Kentucky si è dichiarato eleggibile per l’NBA, ma nella notte del draft ha avuto momenti di apprensione man mano che le scelte passavano e il suo nome non veniva pronunciato. “E’ stato snervante vedere che il mio nome scivolava così in basso, ma quando mi ha chiamato San Antonio alla numero 29 (scelta avuta da Toronto nello scambio per Leonard, ndr) ho provato un grande sollievo.  Keldon Johnson è semplicemente finito in una delle migliori organizzazioni della lega e agli ordini di un allenatore leggendario. Chi meglio di Gregg Popovich potrà sviluppare il talento acerbo di un ragazzo abituato a imparare e lavorare, mettendosi totalmente a disposizione del coaching staff?

In verità l’inizio non è stato dei più semplici, visto che Johnson ha passato gran parte della prima stagione negli Austin Spurs, squadra della G League affiliata a San Antonio. Keldon ha aspettato pazientemente il suo momento, che è arrivato appena prima della sospensione per il COVID. Ma è stato nella “bolla” di Orlando che è riuscito finalmente a dimostrare tutto il suo valore: 24 punti e 11 rimbalzi nella netta vittoria contro Houston e altri 24 punti nella sconfitta contro Sacramento, ultima partita stagionale ed unica giocata in quintetto base.

Il resto è storia di questa stagione, con Popovich che ha dimostrato di puntare forte sul talento di Kentucky proponendolo in quintetto fin dall’esordio – nella vittoria con Memphis – e per tutte le 19 partite fino ad ora disputate. Il risultato è stato sorprendente : 14.6 punti a partita e 7.5 rimbalzi con il 48.6 % dal campo, ma il contributo va al di là delle fredde cifre. Johnson fornisce ogni maledetta partita quell’entusiasmo e quella energia che Popovich cercava disperatamente per rivitalizzare un ambiente depresso e con poche prospettive. Nonostante i soli 198 cm, Keldon è un eccellente rimbalzista e la sua versatilità gli permette di cambiare sui blocchi e marcare qualsiasi tipologia di giocatore. E dove non arriva la statura, arriva il cuore di un ragazzo che avrebbe fatto innamorare l’esigente pubblico dell’ AT&T Center.

Il primo gennaio contro i Lakers è arrivato il record in carriera di 26 punti, prontamente superato un paio di settimane più tardi contro i Rockets con 29 punti ed un ottimo 12-16 dal campo. Contro i Celtics la sua energia è stata fondamentale nel parziale di 29-6 che ha girato l’inerzia della gara e la sua “doppia doppia” da 18 punti e 10 rimbalzi è stata decisiva per la vittoria per 110-106.

Naturalmente ci sono ancora molti aspetti del gioco da sviluppare e su cui si deve lavorare parecchio. Il tiro dalla lunga distanza non è fluido e continuo e non è ancora capace di crearsi un tiro dal palleggio. In ogni caso Keldon Johnson resta il ragazzo di quella cena a Lexington: genuino, originale ed innocente, ma anche il giocatore perfetto per gli Spurs, perché alla fine di ogni giornata ti darà tutto quello che ha in corpo.




Articolo a cura di Fabio Krpan

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