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Brooklyn Nets: contender del presente o del futuro?

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In un’era in cui a farla da padroni sono i superteam, i Brooklyn Nets hanno deciso di calare il loro tris: attraverso quella che viene definita blockbuster trade, uno scambio di grossa portata e di grande rilevanza mediatica, James Harden è approdato alla corte di Steve Nash nella Grande Mela.
Il Barba arriva in un contesto ancora in fase di costruzione e in cui le gerarchie non sono ancora ben definite: Kyrie Irving è al suo secondo anno con la squadra, mentre di fatto Kevin Durant sta giocando con i nuovi compagni per la prima volta. In tutto questo si inserisce anche la prima esperienza in panchina di Nash, all’esordio assoluto come allenatore.

Sulla carta però le potenzialità di questo roster sono davvero alte e, con la giusta chimica e i dovuti accorgimenti a livello di squadra, potrebbero trasformarsi molto presto e senza troppi sforzi in una seria contender al titolo.


I punti di forza

Inevitabilmente il pensiero va al trio delle meraviglie: i tre All-Star stanno viaggiando con medie impressionanti senza andare ad intaccare particolarmente il gioco gli uni degli altri. Lo scetticismo iniziale su un terzetto così forte, ma con così tanta palla in mano individualmente, ha trovato risposta nelle ultime uscite dei Nets: dall’ingresso di Harden in quintetto sono arrivate sei vittorie e due sconfitte, con i Big Three abbondantemente sopra i venti punti di media – rispettivamente 24.1 per Harden, 32.1 per Durant e 29 per Irving.
Le due guardie in tutto questo aggiungono anche 17.5 assist a partita a fronte dei 26.5 totali della squadra, segno di una circolazione di palla efficace e tutt’altro che egoista. Anche la percentuale al tiro è decisamente buona, gravitando intorno al 50% complessivo per tutti e tre (il migliore è Irving con il 53%).

L’attacco quindi è di primissimo livello, secondo in tutta la lega per punti a partita e con l’offensive rating (una stima dei punti generati su 100 possessi) più alto di sempre nella storia della franchigia.

A livello pratico, oltre ai numeri, si guarda ovviamente anche la sintonia in campo. Il trio sembra trovarsi a meraviglia e si cerca costantemente senza forzare e prendere decisioni sbagliate. Al momento quindi Nash sembra aver dato una buonissima impronta offensiva alla squadra e in particolare alle sue stelle, vogliose di dimostrare che campioni generalmente abituati ad essere primi violini non solo possono coesistere, ma possono anche farlo in maniera tremendamente efficace.

Oltre a loro tre i Nets possono contare sull’aiuto di role players affidabili come Joe Harris, Jeff Green (compagno storico di Durant a Seattle e Oklahoma e di Harden a Houston) e DeAndre Jordan.
Harris sta tenendo al momento le sue migliori percentuali al tiro in carriera, con il 50% dal campo e il 48% dall’arco, a cui si aggiungono una buona dose di assist e rimbalzi. I suoi 14 punti di media sono il miglior apporto in termini di scoring da parte di un gregario all’interno del roster, seguito a ruota da Green (8.2 a partita) e Jordan (6.3). Ai punti, Jeff e DeAndre aggiungono anche tanta difesa e rimbalzi importanti: 5.1 per il primo e 6.5 per il secondo dall’avvento di Harden.

La partenza di Jarrett Allen ha sicuramente lasciato un vuoto sotto le plance che i due lunghi sono chiamati a colmare, soprattutto in termini di rim protection. Le loro statistiche di conseguenza hanno avuto un’impennata, in particolare a livello offensivo, dove di fatto passano per le loro mani più palloni di prima. Basti pensare ad un Jeff Green che nelle prime 13 gare ha collezionato solo due partite sopra i 10 punti, mentre con il nuovo assetto non è invece mai sceso al di sotto al di sotto della doppia cifra, inanellando otto gare di fila.


I punti deboli

Il punto debole dei Nets al momento non può che essere la difesa. Se l’offensive rating è da squadra d’élite della lega, il defensive rating è tutt’altra storia: ventisettesima in NBA per punti concessi agli avversari con 117.7 a partita, Brooklyn si colloca davanti alle sole Chicago, Sacramento e Washington, con un distacco di quasi 14 punti dai New York Knicks primi in questa classifica.

Nonostante siano terzi per rimbalzi difensivi e stoppate, l’approccio nella metà campo amica è ancora rivedibile e talvolta superficiale nelle scelte: nelle due sconfitte contro i Cleveland Cavaliers, pur potendo schierare i Big Three, i Nets hanno concesso 272 punti complessivi ad una squadra che è penultima per punti segnati, non apparendo mai in grado di contrastare e arginare l’attacco avversario. Difficoltà espresse sia a livello perimetrale che nel pitturato.

Questo sarà un punto su cui Nash e assistenti dovranno concentrarsi maggiormente soprattutto in vista dei playoff, in modo da rendere effettivamente questo team una legittima contender al titolo.
Contare infatti solo sull’apporto dell’attacco non permette di fare lunghi tragitti nella postseason, in cui i propri avversari possono sfruttare le lacune difensive per esprimersi al meglio. Puntare su sfide a “chi segna di più” può essere molto controproducente, in quanto basta un calo in una parte del match per creare una voragine incolmabile, anche se si dispone di un attacco di prim’ordine.

Altro grosso problema, fortunatamente per loro non di natura tecnico-tattica, è la scarsa profondità della panchina: rispetto ai ventiquattro nomi in rosa dello scorso anno, Brooklyn può contare ora su quattordici giocatori inclusi i due infortunati a lungo termine Spencer Dinwiddie e Nicolas Claxton. Oltretutto l’apporto dei comprimari e della panchina non è neanche lontanamente paragonabile a quello di altri roster con pari numero di giocatori: Lakers e Clippers ad esempio hanno statistiche spalmate su più giocatori, per quanto il pallino sia ovviamente in mano alle due supercoppie. Nei Nets, tolti quattro dei cinque titolari (ed escluso Dinwiddie), c’è solo Jeff Green sugli 8 punti di media mentre gli altri sono tutti abbondantemente al di sotto. In particolare, a deludere è soprattutto Landry Shamet, che, constatato il minor minutaggio rispetto alle scorse stagioni (ben 10′ in meno rispetto alle due precedenti), sta comunque tirando con percentuali davvero basse per i suoi standard (34.4% dal campo e 30.4% dall’arco, entrambi nettamente career-low).

La società si è già mossa sul mercato free agent per ottenere la firma di qualche rinforzo che possa andare a coprire due lacune importanti: l’assenza di specialisti difensivi (soprattutto per i piccoli) e la mancanza di profondità nel reparto lunghi. Ecco quindi che al momento sono arrivate le firme di Norvel Pelle (lungo ex 76ers, e Iman Shumpert, campione coi Cavaliers nel 2016 e con già qualche presenza all’attivo con Brooklyn lo scorso anno. Non che il roster dei newyorkesi abbia fatto un clamoroso salto di qualità, ma sicuramente si tratta di aggiunte importanti per dare più equilibrio e respiro alla squadra, soprattutto in vista dei playoff.


Le prospettive future

Le pietre angolari per costruire una franchigia vincente già nell’immediato ci sono tutte e, come detto, il front office sta cercando altri pezzi da aggiungere al puzzle. Suggestioni interessanti vedrebbero l’interesse verso Kevin Love e, soprattutto, Andre Drummond per aggiungere pedine di livello nel pitturato.
Drummond in particolare sembra molto interessato ad unirsi alla compagine di Nash, arrivando magari a chiedere il buyout (questa pratica consiste nella separazione consensuale tra franchigia e giocatore con quest’ultimo che rinuncia ad una consistente fetta dei guadagni per accelerare le pratiche di svincolo). In questo modo i Nets potrebbero firmarlo senza rinunciare ad ulteriori asset assicurandosi uno dei migliori centri in circolazione.

Va detto che la squadra non ha un tempo infinito a disposizione per portare a casa l’anello: Harden, Durant, Green, Jordan, Harris e Shumpert sono sopra i trent’anni e Irving ne è alla soglia. Ovviamente non si fa un discorso di perdita di efficacia, visti i risultati e il modo di giocare, ma ogni anno che trascorre allontana sempre di un passo la squadra dalla vittoria.
Per questo motivo Brooklyn vuole giocarsi la carta del tutto e subito, puntando già ora ad essere una contender al titolo di quest’anno. L’obiettivo è ambizioso e difficile, e se dovesse fallire potrà comunque porre serie basi per una stagione trionfale nel 2021-2022, sempre che Nash sia in grado di dare la giusta impronta alla squadra sui due lati del campo.

Chiaramente un minimo di rodaggio è richiesto, ed è dovuto essendo una squadra appena costruita, perciò non ci sarebbe da stupirsi se i risultati non dovessero arrivare già in questo campionato. La qualità però è indiscutibile e con i necessari aggiustamenti in difesa i Nets avrebbero veramente pochi rivali, potendo contare su tre dei giocatori più forti della lega.


In conclusione, i Nets sono la musica di oggi o lo show del futuro? Probabilmente entrambe le cose e noi possiamo solo sederci e goderci lo spettacolo.




Articolo a cura di Gianluca Bortolomai

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