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Maledetta sfortuna!

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Non si può dire che ad Atlanta siano fortunati. Dopo la offseason scoppiettante, all’insegna dei colpi di mercato, gli Hawks si aspettavano una stagione molto meno travagliata. Invece l’infermeria continua ad affollarsi, mettendo in difficoltà l’ambizioso progetto dei “Falchi”. L’ultimo, in ordine cronologico, a dover abbandonare la squadra è De’Andre Hunter: l’ex Virginia dovrà pazientare almeno otto settimane (la franchigia all’inizio aveva fissato circa 14 giorni di stop) a causa di un’operazione al menisco del ginocchio destro.

Un vero peccato, considerando come il prodotto di Virginia aveva iniziato il campionato in maniera molto convincente. Eppure c’erano molti dubbi sullo spazio che Hunter avrebbe trovato dopo l’arrivo in città di Danilo Gallinari e Bogdan Bogdanovic, ovvero due giocatori che amano occupare proprio il suo ruolo. Invece, complici gli infortuni al “Gallo” e “Bogi”, De’Andre si è stabilito in quintetto e, fino allo stop fisico, ha ripagato ampiamente la fiducia di coach Lloyd Pierce.
Un giocatore che non scatena la fantasia dei tifosi come altri suoi colleghi, ma amato dagli allenatori per solidità, continuità e quella capacità d’incidere su ambedue i lati del campo.

Il suo gioco è la perfetta trasposizione della sua personalità: stabilità e costanza, ed è il frutto del tanto lavoro svolto nella offseason. Ha accettato senza problemi di non essere un punto di riferimento in attacco, dedicandosi senza risparmiarsi in difesa e facendosi trovare sul lato debole per colpire dall’arco o cercare il ferro”, lo incensa coach Pierce.

Dal primo al secondo anno si notano l’atteggiamento giusto e la maggiore fiducia. E la tranquillità, con la quale aspetta che sia la partita ad arrivare, senza forzare”, conferma Trae Young, la stella della squadra.

Lo stop interrompe bruscamente la sua ascesa, ma ad Atlanta non sono minimamente preoccupati. Una convinzione che nasce dalla conoscenza del giocatore e del percorso che lo ha portato fino alla NBA.

Se avete seguito la cavalcata di Virginia verso il titolo NCAA del 2019, il nome di Hunter non vi sarà affatto nuovo. De’Andre fu il giocatore decisivo nella finale contro Texas Tech: 27 punti, la tripla per portare al supplementare la gara e la grande difesa sull’avversario più pericoloso, quel Jarret Culver che adesso veste la maglia di Minnesota. Per questo gli Hawks non hanno esitato a chiamarlo alla quarta scelta assoluta dello scorso Draft: così, dopo i “magnifici tre” – Zion Williamson, Ja Morant, R.J. Barrett, da mesi sicuri delle prime tre posizioni -, è stato il classe’97 nativo di Philadelphia a salire sul palco e stringere la mano ad Adam Silver.

Il taglio della retina con la maglia di Virginia

Ma il successo del 2019 parte da molto lontano e ha come filo conduttore l’amore per il basket, il lavoro in palestra e la voglia di migliorare, sempre. Hunter non è sempre stato quel prospetto imperdibile per cui tutti avevano predetto un futuro da professionista: al liceo ha impiegato alcuni anni per emergere e al termine della Friend’s Central High School di Philadelphia occupava il 72esimo posto nella lista annuale di migliori liceali d’America.
Anche Virginia non era convinta totalmente: coach Tony Bennett decise di offrirgli la borsa di studio solo perché Sacha Killeya-Jones (McDonald’s All American molto quotato) riaprì all’improvviso il reclutamento e si accasò a Kentucky. Bennett ringrazia ancora quella scelta, senza la quale non potrebbe fregiarsi del titolo NCAA.

Anche al college la carriera di Hunter iniziò in sordina. Il primo anno, dati il poco spazio in squadra e la necessità di lavorare sul fisico troppo esile, il coaching staff di Virginia decise di non utilizzarlo, mentre da sophomore De’Andre si distinse come il sesto uomo più produttivo dell’intero panorama collegiale. Non casualmente la sua assenza coincise con la sorprendente eliminazione di Virginia al primo turno del torneo NCAA. Da junior, finalmente, la svolta: il quintetto base, il maggiore spazio in attacco, l’attenzione dei tifosi e degli scout, il taglio della retina e la festa per il titolo NCAA.

Il successo a Virginia gli ha aperto le porte della NBA. Nella difficile opera di ricostruzione, il management degli Hawks ha visto in Hunter il profilo ideale da affiancare a Trae Young, giocatore franchigia che in soli due anni si è meritato la convocazione all’All-Star Game di Chicago e, soprattutto, fatto (quasi) dimenticare lo scambio con Luka Doncic. Con l’effervescente Trae a guidare l’attacco, gli Hawks cercavano un giocatore capace di rivestire un ruolo importante anche senza il bisogno di avere necessariamente la palla in mano. Né più né meno quello che De’Andre faceva a Virginia, dove aveva trovato un equilibrio perfetto con Ty Jerome (la prima scelta di Phoenix nel 2019) e Kyle Guy (il tiratore premiato come Miglior Giocatore delle Final Four, adesso a Sacramento) all’interno di un sistema di gioco fondato sulla condivisione delle responsabilità offensive.

Impegnato contro R.J. Barrett, scelto appena prima di lui nel Draft del 2019

L’impatto con la NBA non è stato facile. De’Andre inizialmente ha sofferto nell’entrare in sintonia tecnica con i compagni, nonché nel trovare il giusto ritmo in un basket molto più rapido e competitivo di quello collegiale. Gradualmente l’ex Virginia ha tuttavia acquisito maggiore familiarità con la squadra e, di conseguenza, anche la fiducia è cresciuta, sebbene la stagione d’esordio non si possa definire certo trascendentale (12.3 punti con il 41% al tiro e il 35.5% da tre punti).
Il campionato scorso è stato il giusto abbrivio per una seconda stagione certamente più solida. Il miglioramento statistico (17.2 punti, 5.4 rimbalzi con il 51.4% dal campo e il 36.6% dall’arco) è solo la punta dell’iceberg di una maggiore sicurezza e tranquillità. Come lo scorso anno viene impiegato sia come ala piccola, in un quintetto con due lunghi veri come Clint Capela e John Collins, che come “stretch four” quando gli Hawks passano ad una small ball.  Il suo ruolo è principalmente quello di “3 & D” (in sintesi, un giocatore chiamato a punire dall’arco dei tre punti e a difendere con impegno sugli esterni), ma non è da escludere che nel prossimo futuro, grazie alla dedizione e all’impegno in palestra, possa ampliare notevolmente l’arsenale offensivo e ottenere maggiori libertà offensive.


Purtroppo l’operazione al ginocchio lo costringerà a ripartire dopo una lunga riabilitazione, ma ad Atlanta sanno che tornerà più forte di prima. Gli Hawks sono sicurissimi di aver trovato un vincente, un giocatore che sarà determinante nel piano di rinascita della franchigia della Georgia. Ne sono certi fin dal giorno del Draft, quando decisero di salire fino alla quarta scelta assoluta per accaparrarselo.

Perché non sempre è necessario andare oltre le righe per essere decisivo in una squadra vincente.

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