La storia di Christian Wood è stata scritta e riscritta, ma poche volte si parla di ciò che realmente sa esprimere un giocatore del genere sul parquet. Analizzando le giocate del centro dei Rockets, possiamo dire che si tratta del prototipo perfetto del centro contemporaneo: un vero e proprio tiratore alto circa 2.10m in grado di sprintare in maniera intelligente per essere il più efficace possibile in contropiede.
I continui alti e bassi che hanno caratterizzato la carriera del lungo originario di Long Beach sembrano essere ormai scomparsi per fare spazio ad una linea continua di rendimento di buon livello. Finito undrafted nel 2015, dopo tre stagioni passate tra NBA e G League (con 76ers, Hornets e Bucks) e una breve parentesi ai Pelicans, nell’estate 2019 finisce a Detroit, dove trova finalmente lo spazio necessario per mettere in mostra tutto il suo talento.
Spesso sentiamo dire dagli addetti ai lavori che Wood rappresenta, come affermato in apertura, il prototipo di un centro odierno da quasi 210 cm. Un giocatore in grado di correre come pochi altri nella lega (per caratteristiche fisiche e intelligenza) e di tirare da ogni parte del campo, senza però scordarsi i movimenti in post.
Ma facciamo un passo alla volta. Quando diciamo “saper correre” non intendiamo la corsa intesa come velocità o coordinazione, ma bensì la corsa in senso direzionale, ovvero la direzione che il giocatore prende correndo in contropiede. Questo è un discorso che si amplia anche in fase di posizionamento in campo: poiché le spaziature nella metà campo offensiva sono diventate fondamentali (anche a causa dell’esagerato uso del tiro da tre punti), la capacità di sapere quale zona andare ad occupare con i tempi giusti diventa un pregio sconosciuto a molti. La conseguenza di questa enorme capacità può essere osservata anche attraverso le sue statistiche: il lungo di Houston tira infatti con il 42.1% da tre punti con almeno 2 dei 4 tentativi derivanti da scarichi di penetrazioni, evidenziando quindi le abilità nell’aprire il campo e trovare il posizionamento corretto per rendersi pericolo.
Un altro aspetto interessante da analizzare riguardo le abilità del candidato al premio di Most Improved Player of the Year, è il suo rilascio. Possiamo infatti affermare che il movimento di Wood sia il più simile – tenendo in considerazione l’esecuzione dei pari ruolo – a quello di un vero e proprio tiratore specializzato. L’uniformità del movimento, unita alla perenne uguaglianza del gesto, rendono molto affidabile quella che nel 2021 sembra essere una capacità richiesta a (quasi) tutti i Big Men della lega.
Dietro a questi pregi – a cui se ne potrebbero aggiungere altri – e alla grande mole di lavoro svolta dal prodotto di UNLV, si nascondono tuttavia delle lacune per quanto riguarda la difesa vicino a canestro. Insomma, non è che sia perfetto. Possiamo notare infatti come, nonostante Wood riesca a mettere in difficoltà qualsiasi difensore (ricordiamo i 30 messi in faccia a Gobert prima della sospensione della regular nel 2020), siano tanti i lunghi, soprattutto fisicamente più pesanti di lui, in grado di mandare in panne la sua difesa. Il problema più evidente riguarda sicuramente il prendere posizione dopo il tiro per andare a rimbalzo: nonostante le 10 carambole conquistate ad allacciata di scarpe, spesso in stagione è capitato di vedere il #35 dei Rockets farsi sorprendere da avversari più energici e grossi che, fallito il proprio tentativo balistico, riescono comunque ad effettuare un tap-in e ottenere due comodi punti. Anche la difesa in post del centro californiano lascia un po’ a desiderare, sempre a causa dei chili di differenza che ci possono essere tra lui e il Richaun Holmes di turno (basta recuperare la partita tra Sacramento e Houston per accorgersi della questione). Anche se più che di chili qua si parla di energia e reattività.
Bisogna comunque sottolineare che non tutta la difesa è da buttare, anzi. Alle sue difficoltà sotto le plance rimedia con una discreta copertura perimetrale: grazie alla sua agilità infatti, Wood riesce a cambiare in maniera efficiente sui piccoli nei pick&roll, garantendo una solidità che non è così comune nei lunghi. Dopotutto il buon Christian è un lungo molto atipico per la sua velocità di piedi, che ad oggi gli permette di poter cambiare su qualsiasi esterno ottenendo spesso dei buoni risultati.
Che il giocatore sia nettamente migliorato non c’è dubbio, ma se a fine stagione risulterà quello “più” migliorato è da vedere. Noi comunque siamo certi di una cosa: a Houston c’è un nuovo talento in campo, e ne farà vedere delle belle.
Articolo a cura di Matteo Cappelli