JJ Redick non ci pensa due volte a raccontare, durante l’ultima puntata del suo podcast “The Old Man and the Three”, i fatti riguardanti la trade che lo ha portato da New Orleans a Dallas. E si tratta di tutto meno che di una recensione positiva.
Secondo quanto narrato dal veterano ex Pelicans infatti, il front office della franchigia della Louisina si sarebbe comportato in maniera a dir poco scorretta. Prima di tutto, Redick avrebbe già effettuato una richiesta di trade ancora a novembre, quando New Orleans spedì Jrue Holiday ai Bucks, consapevole che non avrebbe fatto parte dei piani (difensivi) del nuovo allenatore, Stan Van Gundy.
Le discussioni con Dennis Lausha, GM della franchigia, e David Griffin, vice president of basketball operations, inizialmente non portano a nulla, poi il nativo di Cookeville si sente dire da Griffin che costui, dando la sua parola, avrebbe accontentato una delle sue richieste: o il buyout o una trade con una squadra del nord-est, in modo da poter essere vicino alla famiglia residente a Brooklyn.
Come tutti sappiamo, alla fine è successo tutto il contrario: non solo non è avvenuto il buyout, ma al posto di uno scambio verso nord-est ne è arrivato uno verso ovest, ovvero esattamente dal lato opposto rispetto a quanto pattuito verbalmente.
“Ho richiesto uno scambio verso novembre perché avevo capito che non ero adatto al modo di giocare di Van Gundy. Se la mia famiglia fosse venuta a New Orleans, una volta tornata a Brooklyn avrebbe dovuto scontare una settimana di quarantena, e la cosa non era fattibile. Griffin mi aveva promesso che sarei stato scambiato con una squadra del nord-est, oppure che avrei ottenuto il buyout. Ovviamente non ha onorato la parola data.
Non volevo il buyout per andare proprio a Brooklyn, ma solo per avere la possibilità di vedere la mia famiglia nei giorni liberi raggiungendola con un semplice viaggio in macchina. Probabilmente sono stato un po’ ingenuo dopo 15 anni nella lega.
Penso che quel front office non sia onesto, ed è un fatto oggettivo, non una mia opinione. Non penso che quello che è successo a me sia solo un incidente isolato. Non mi sorprenderebbe se in futuro gli agenti con cui ho lavorato non si fideranno più di quella gente”
Questo il pensiero senza freni di Redick, che ha anche aggiunto che di Dallas non si era mai parlato come meta per una trade. L’ex Pelicans ci ha comunque tenuto a precisare che contro i Mavericks non ha nulla e che il problema non sono i texani, ma i rapporti umani avuti con il front office di NOLA. In un anno particolare come questo infatti, con tutti i problemi dettati dalla pandemia, la priorità di Redick era essere vicino alla sua famiglia. Invece si ritrova a 2500 km di distanza (circa 400 km in più rispetto alla distanza che separa New Orleans dalla Grande Mela).
“Ho detto a Cuban che in qualsiasi altra stagione sarei stato felice di finire a Dallas, ma questa trade mi ha colpito particolarmente”