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Si scrive Kevin Durant, si legge efficienza

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Che Kevin Durant sia uno dei migliori scorer all-time, se non il migliore, è cosa decisamente nota. Da quando è entrato nella NBA nel 2007 non è infatti mai sceso sotto i 20 punti di media in una singola stagione e, se escludiamo la sua avventura da rookie, il prodotto di Texas ha inanellato 11 stagioni consecutive da 25+ punti a partita con almeno il 46% dal campo e il 35% dall’arco, dimostrando di saper segnare in qualsiasi modo e da qualsiasi lato del campo. Dati che diventano ancora più eclatanti se pensiamo che dal 2012 ad oggi non è mai sceso sotto il 50% al tiro (e dal 2011 è sempre sopra il 60% di True Shooting Percentage): valore che sarebbe normale per un lungo o per un play che si prende poche conclusioni, ma che nel caso di Durant fa invece riferimento a tiri spesso complessi (quasi sempre contestati) e su una base di 16 tentativi a match.

La cosa che forse sorprende di più tuttavia, è i livello espresso in campo quest’anno dopo un anno in infermeria a causa dell’infortunio al tendine d’Achille, uno dei problemi più gravi che possa capitare ad un giocatore. Al suo debutto con la maglia dei Brooklyn Nets infatti, Durant in 27 partite (campione ridotto a causa di un problema al tendine del ginocchio sinistro che lo ha tenuto fuori quasi due mesi) ha totalizzato 27.6 punti di media con il 55.3% dal campo (su 17.7 tentativi) e il 47.2% dall’arco (su 5.3 tentativi), accumulando un mostruoso 68.3% di True Shooting Percentage. Percentuali che ad oggi rappresentano i suoi career-high.

Qualcuno potrebbe giustamente far notare che il roster della franchigia newyorkese, in riferimento soprattutto a James Harden e Kyrie Irving, consente a KD di non avere particolari pressioni, visto che non si ritrova ad essere l’unica star della squadra e quindi le difese non possono collassare su di lui. Ragionamento che ci può anche stare, ma che tuttavia perde di efficacia se pensiamo che i Big Three dei Nets hanno giocato insieme appena 7 partite. Inoltre, bisogna considerare che comunque l’ex Warriors e Thunder converte i quasi 18 tentativi dal campo con il 55%: se già in condizioni normali si tratta quasi di fantascienza per un giocatore che non staziona in modo permanente sotto canestro, figuriamoci per una star che si trova ad avere pochi tiri wide open a disposizione.

E nella notte è arrivata l’ennesima conferma. Il successo maturato da Brooklyn (priva sia di Irving che di Harden) contro i Pacers è infatti in gran parte merito del #7, il cui tabellino alla sirena finale recita 42 punti (pareggiato il massimo in stagione) tirando 16/24 dal campo e 2/4 dall’arco, il tutto condito da 10 assist: si tratta del primo giocatore dei Nets da quando è stato introdotto il tiro da tre punti a chiudere una partita con 40+ punti, 10+ assist e almeno il 65% al tiro.

Insomma, può stare simpatico o meno, ma una cosa è certa: quando cercate sul dizionario la parola efficienza, tra i sinonimi troverete “Kevin Durant”.

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