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Il rientro di LeBron non basta ai Lakers, uno storico Tatum salva Boston

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Se escludiamo la partita tra i Phoenix Suns e gli Utah Jazz, ovvero il big match della Western Conference, condizionata dall’assenza di Donovan Mitchell, sono due i protagonisti della notte NBA (per motivi diversi): LeBron James e Jayson Tatum.


Un rientro senza sorriso

La star dei gialloviola riceve molte attenzioni fin dalle ore precedenti al match con i Sacramento Kings. James infatti è tornato finalmente in campo dopo più di un mese di assenza (leggasi 20 partite; il periodo di stop più lungo della sua carriera) a causa della distorsione alla caviglia destra rimediata lo scorso 20 marzo contro gli Hawks. C’era grande attesa nei suoi confronti, visto che i Lakers durante la sua assenza – e quella di Anthony Davis – avevano racimolato “solo” 8 vittorie ed erano caduti al quinto posto della Western Conference, ad una sola lunghezza di distanza dal sesto seed dei Dallas Mavericks.
Losangelini che quindi contro Sacramento tornavano al completo e, dato che i Kings erano privi di De’Aaron Fox ed Harrison Barnes, ci si sarebbe potuto aspettare un match a denso unico. Non una vittoria nettissima, ma quantomeno un risultato utile (ai gialloviola) ottenuto senza grandi fatiche. E invece è andata diversamente.

I Lakers finiscono subito sotto, poi riescono a portarsi sul +1 all’intervallo lungo, allungano nella terza frazione e infine si spengono negli ultimi 12′ di gioco, lasciando così il derby californiano in mano a Haliburton e soci. Se le seratacce al tiro di Hield e Shroder si annullano (1/11 dal campo per il primo, 4/13 per il secondo) e la differenza tra le due squadre nelle palle perse e nei liberi tentati (e segnati) è sostanzialmente inesistente, a giocare un ruolo chiave è stata la second unit: quella dei Kings ha infatti prodotto la bellezza di 47 punti e 6 palle rubate (che di fatto annullano le 6 perse), mentre quella dei Lakers si è fermata a quota 37 punti con 7 palle perse. Ciò che sorprende di più però è che, al di là della produzione delle seconde linee (non è comunque così netto il divario tra le due squadre), i losangelini non siano riusciti a fare la differenza nonostante un roster tecnicamente superiore, cappeggiato da due elementi come Anthony Davis e LeBron James.

I due, autori rispettivamente di prove da 22 punti, 11 rimbalzi, 5 stoppate e 16 punti, 8 rimbalzi,7 assist, 2 rubate, devono sicuramente tornare sui livelli pre infortunio, soprattutto James. The Chosen One infatti prima di essere costretto a fermarsi era tra i candidati al premio di MVP, nonché solito trascinatore della compagine gialloviola. Il nativo di Akron, che questa notte ha sbagliato la tripla della vittoria a 5″ dalla fine, deve tornare ad aggredire le partite, senza strafare, in modo non solo di ritrovare la forma giusta in vista della postseason, ma anche di portare i Lakers ad un piazzamento in classifica utile ai fini del tabellone. Considerando che Suns, Jazz e Clippers possono essere tutti clienti molto scomodi (anche se i playoff, come sappiamo bene, non confermano sempre quanto visto durante la stagione regolare), l’ideale sarebbe chiudere al quarto posto per sfidare, con il fattore campo favorevole, dei Nuggets privi di un elemento chiave come Jamal Murray.


Dalle stalle alle stelle in 24′ minuti

I Celtics continuano a fare una fatica incredibile, con una stagione a dir poco sottotono, e a salvarli troviamo (quasi) sempre Jayson Tatum. Nella notte infatti il prodotto di Duke mette a referto una mostruosa prestazione da 60 punti (20/37 dal campo, 5/7 dall’arco, 15/17 ai liberi) – conditi da 8 rimbalzi, 5 assist e 0 palle perse – per trascinare i biancoverdi ad un successo incredibile sui San Antonio Spurs. Una vittoria che all’intervallo lungo pareva impossibile, visto i texani si trovavano sul +29 (massimo vantaggio +32) e gli uomini di coach Stevens sembravano totalmente incapaci di reagire.

Una prova storica per diversi motivi. In primis Tatum realizza il proprio career-high ed eguaglia il record di franchigia firmato da Larry Bird il 12 marzo 1985, poi il classe 1998 diventa il terzo giocatore della storia della NBA (almeno dal 1977-1978, stagione in cui sono state introdotte le palle perse individuali) a realizzare una prova da 60 e 0 palle perse, piazzandosi dietro solo a Carmelo Anthony (62 punti e 0 perse il 24/01/2014) e Klay Thompson (60 punti e 0 perse il 12/05/2016). E non finisce qui: Tatum infatti diventa il secondo giocatore più giovane di sempre a realizzare un prova da 60 punti (dietro a Devin Booker, che ne piazzò 70 proprio contro Boston il 24 marzo 2017) e il primo giocatore nella storia dei Celtics a totalizzare almeno due partite da 50+ punti in una singola stagione.
Per quanto concerne invece una statistica di squadra, lo svantaggio accumulato all’intervallo lungo (-28), e poi recuperato nella seconda metà di gara, è il secondo gap più ampio di sempre a metà partita ad essere rimontato (“meglio” hanno fatto solo i Jazz nel 1966, che hanno recuperato il -34 di metà partita riuscendo a battere i Nuggets).

Il buon Jayson potrebbe essere considerato come una delle poche note positive della stagione dei biancoverdi (i 26.4 punti, i 7.5 rimbalzi e i 4.4 assist di media rappresentano career-high in ogni categoria), che l’anno prossimo dovranno sicuramente riorganizzarsi e schiarirsi le idee riguardo le proprie intenzioni.

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