Dopo l’ottima vittoria ottenuta dai suoi Wizards sui Pacers, caratterizzata dall’ennesima prestazione da record di Russell Westbrook, coach Scott Brooks ha voluto parlare del proprio del proprio n°0, riservandogli elogi che di certo non passano inosservati.
“Gli altri play non fanno quello che fa lui. Non è normale. Gli altri non hanno le sue caratteristiche. Alcuni tirano meglio di lui, altri fanno altre cose meglio. Ma nessuno nella storia della pallacanestro è riuscito a fare ciò che fa lui a livello di tutte le statistiche.
Ho sempre pensato che probabilmente potesse diventare il terzo miglior play di sempre, ma ora credo che ne abbia superato uno. Per me diventerà il secondo miglior play di sempre, dietro ovviamente al solo Magic Johnson. E’ sottostimato. Ciò che fa lui non è mai stato fatto da nessun altro play. Nessuno”
Parole che arrivano da un personaggio di parte, dato che Brooks ha allenato Westbrook anche ai Thunder e con lui ha un ottimo rapporto, ma che comunque di base contengono delle verità. Sicuramente Russ, per mezzi atletici e abilità nel trattare la palla, rientra tra le migliori point guard di sempre, tuttavia può considerarsi sbagliato l’approccio intrapreso dall’head coach della franchigia capitolina.
Se infatti basassimo ogni giudizio su un giocatore esclusivamente sulle sue statistiche, ne verrebbe fuori una realtà molto distorta. Non a caso proprio quella tripla-doppia tanto legata alla figura di Westbrook è al centro di continui dibattiti (giusti). Il senso è questo: un giocatore che chiude tot partite con 20 punti, 11 rimbalzi e 10 assist di media in un determinato contesto è migliore di un giocatore che mette a referto 27 punti, 6 rimbalzi e 7 assist a partita in un altro contesto?
Senza poi dimenticare che anche le singole statistiche hanno un loro peso: fare 20 punti tirando con il 40% dal campo è ben diverso dal farne 27 con il 47% al tiro, così come prendere 8 rimbalzi non contestati è assolutamente tutta un’altra cosa rispetto al prenderne 5 lottando sotto canestro.
Questo per dire che le statistiche segnalano sempre un qualcosa che poi andrebbe analizzato e contestualizzato, senza dimenticarsi che i giocatori fanno cose che non sono registrabili con dei numeri.