Focus NBA

L’intruso

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Un viaggio in treno può riservare una noia mortale, soprattutto se quel treno risulta in ritardo, ma può anche rappresentare un momento di pausa tra le mille impellenze che riempiono la giornata. Così, dopo aver controllato le mail e letto le notizie di cronaca, mi sono trovato a scorrere la graduatoria dei migliori marcatori della NBA: un appuntamento sacro quando ero un’adolescente e sfogliavo American Superbasket alla scoperta dei migliori giocatori della lega, ma che mancava da anni, ormai.
Mi sono sorpreso nel ritrovare in testa Stephen Curry, capace di operare il sorpasso ai danni di Bradley Beal grazie a un mese di aprile straordinario (per una volta il termine giusto…), poi Joel Embiid, Damian Lillard, Giannis Antetokounmpo, Luka Doncic, Kyrie Irving, Nikola Jokic, fino ad arrivare ai “giovani leoni” Donovan Mitchell, Zion Williamson, Jayson Tatum, Trae Young. Insomma, tutte le superstar della lega, convocate almeno una volta alla “Partita delle Stelle”.

Al diciottesimo posto, però, un nome a sorpresa. O, perlomeno, una sorpresa relativa per i super appassionati (a cui appartengo, naturalmente), ma certo Collin Sexton non figura tra i giocatori più famosi e idolatrati della NBA.

La sua parabola è stata comune a tanti dei giovanissimi che arrivano nella lega dopo un solo anno al college. Selezionato con la sesta scelta nel Draft del 2017, Collin ha faticato a trovare la giusta dimensione nella NBA. Il primo anno non è stato facile, visto che i Cavaliers si sono ritrovati di colpo a dover fare a meno, di nuovo e per sempre, di LeBron James (ovvero la franchigia), e il giovane Collin è stato schiacciato dal peso – insopportabile per chiunque, figuriamoci per una matricola di appena diciannove anni- di rappresentare la nuova speranza  dei Cavs.

A complicare le cose, sulle rive del Lago Ohio si è trasferito il dibattito che accompagna Sexton da sempre, fin da quando ha iniziato segnare a profusione nei campionati liceali della Georgia: qual è il suo ruolo? 
Collin, infatti, è un realizzatore sopraffino, uno sprinter difficilissimo da contenere quando accelera in campo aperto, ma i centimetri sono all’incirca 190 e non eccelle certo nel dirigere l’attacco, anzi. Il più classico dei “tweener” tra i due ruoli di guardia, una condizione che spesso ha fatto naufragare la carriera di tanti talenti.
Fortunatamente, la NBA è cambiata: quella fisica e irreggimentata di qualche anno fa, nella quale avrebbe obiettivamente faticato molto senza cambiare le sue abitudini, ha lasciato il posto a quella odierna, nella quale il mantra del “pace and space”, i ritmi alti e le difese allargate sono una benedizione per le guardie dalle caratteristiche di Collin

Sexton batte Harden in una notte magica per lui e per i Cavaliers

Così, superato il necessario apprendistato, Sexton ha trovato la possibilità di esprimersi completamente. Dopo l’annata da matricola nella quale aveva mostrato alcuni lampi (ma anche tante letture discutibili), già la scorsa stagione era sembrato più continuo e incisivo.
Quest’anno, anche grazie alla crescita di Darius Garland nel ruolo di playmaker, è esploso: oltre 24 punti di media con il 47.5% dal campo e il 37% da tre punti. Se le letture offensive sono decisamente migliorate, il prossimo step è legato alla capacità di coinvolgere e migliorare i compagni, un’area nella quale ancora non convince pienamente, per usare un eufemismo. Non sono passate indossavate le indiscrezioni sulle frizioni con i compagni (in particolare Kevin Love) per la sua gestione offensiva, nonché sul trash talking degli avversari che stigmatizzano la riluttanza di Collin nel passare la palla.
Un aspetto del gioco da perfezionare, ma i numeri non sembrano condannare Sexton: i tentativi di tiro a partita e lo usage rate sono normali per una prima opzione offensiva, gli assist sono oltre 4 a partita e l’assist percentage è simile a quella di, per esempio, C.J. McCollum, Bradley Beal e Devin Booker.

Love e Sexton: discuteranno dei troppi tiri dell’ex Alabama?

Critiche o non critiche, questo 2021 avaro di soddisfazioni, a Cleveland sarà ricordato per la sua prestazione leggendaria del 20 gennaio scorso contro i favoritissimi Brooklyn Nets di Big Three James Harden, Kyrie Irving e Kevin Durant. Collin ha infatti trascinato i suoi ad una vittoria incredibile con una prova da 42 punti, e già questo potrebbe bastare a rappresentarlo come l’eroe della serata. Ma il successo è arrivato solo per come Collin si è imposto nel finale di partita: malgrado le attenzioni della difesa dei Nets, il talento originario di Marietta si è superato, segnando 20 punti consecutivi tra il quarto periodo e l’overtime. La difesa dei Nets non è riuscita a trovare le contromisure per arginare un Sexton davvero in serata di grazia (16/29 al tiro), efficace sia con i morbidissimi “floater” che nel tiro da tre punti (5 triple a segno).


I Cavaliers continuano a essere una squadra in difficoltà, alle prese con le peripezie di una ricostruzione complicata, ma in Sexton possono contare su un valido elemento per guardare con fiducia al prossimo futuro.

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