Le favorite per la conquista del trono ad Est, e quindi la partecipazione alle NBA Finals, sono quelle note a tutti: Brooklyn, Milwaukee e Philadelphia. Elencate in ordine decrescente in base alle possibilità di successo. Come sappiamo bene però, visti anche i risultati dell’anno scorso, ai playoff può succedere di tutto e le soprese sono dietro l’angolo. Intanto godiamoci un primo turno che offre alcuni scontri molto interessanti.
Philadelphia 76ers (#1) vs Washington Wizards (#8)
Serie che sulla carta non ha molto da raccontare, ma Philadelphia, onde evitare la perdite di inutili energie, non dovrà sottovalutare il cuore di Washington. I capitolini potranno essere inferiori a livello di roster, ma il percorso attuato negli ultimi tre mesi di regular season prima, e al play-in poi, ha dimostrato che il carattere di Westbrook e soci può in alcuni casi colmare il gap a livello di talento.
I 76ers hanno disputato una grande regular season, conquistando il primo seed nonostante i vari problemi legati al covid e ad alcuni infortuni, su tutti quello Embiid. Ad oggi però la franchigia ha tutti gli elementi al completo e sembra aver fatto dei passi in avanti rispetto alle scorse stagioni, trovando più equilibrio tra fase offensiva e fase difensiva.
Il buon Joel sarà la punta di diamante, chiamata da un lato a demolire la difesa avversaria e dall’altro a svolgere il ruolo di rim protector: il lungo camerunense in fase offensiva non è utile solo a livello realizzativo (28.5 punti di media), ma i continui raddoppi che cercano di limitarlo consentono ai compagni di avere diverso spazio a disposizione per prendersi dei comodi tiri. E Washington, considerando l’assenza per infortunio di Thomas Bryant, non sembra avere grandi armi a disposizione per contenere il finalista della corsa al premio di MVP, così come per apportare dei limiti al suo sostituto, Dwight Howard.
Ben Simmons rappresenta sicuramente una chiave importante, soprattutto a livello difensivo, ma la vera differenza dovranno farla Tobias Harris, Danny Green e Seth Curry: il trio che chiude il quintetto titolare avrà il difficile compito di mantenere alta l’asticella del proprio gioco con continuità su ambo le metà campo. Il tiro dall’arco di Green sarà sicuramente un fattore, ma i riflettori sono puntati su Curry, il quale dovrà dimostrare di costituire un upgrade rispetto a Richardson: l’ex Mavericks gode di un buon arsenale offensivo, anche se nell’ultima parte di stagione sembra essersi un po’ perso, ma nella propria metà campo non dà grandi soddisfazioni.
La forza dei 76ers risiede anche in una buona copertura a livello di seconde linee: Shake Milton, Furkan Korkmaz, Matisse Thybulle, Tyrese Maxey e il già citato Dwight Howard garantiscono infatti un solido supporto su ambo le metà campo, grazie soprattutto ad una buona varietà di soluzioni. A questi poi andrebbero aggiunti anche altri elementi, a dimostrazione di quanto profondo possa essere il roster della franchigia della Pennsylvania.

Considerando che su Russell Westbook e Bradley Beal ci saranno Simmons e Green, e che Rui Hachimura dovrà fare i conti con Embiid, per Washington non sembrano esserci grandi speranze. Evidenziando anche il fatto che il secondo miglior realizzatore della regular season nn sembra essere affatto al 100% (ricordiamo che ha recuperato in fretta e furia da un infortunio al tendine del ginocchio, il quale non sembra essersi riassorbito).
Certo, nell’ultima parte di stagione hanno fatto faville, battendo anche squadre ben più attrezzate e posizionate nella parte alta delle due conference, ma va detto che raramente i capitolini si sono trovati di fronte ad una squadra al completo e in grado di esercitare una valida pressione difensiva. Wizards che peraltro non possono neanche provare a giocarsi le partite nella propria di metà campo, risultando una delle peggiori squadre nel limitare i propri avversari.
Anche se Beal sfornasse una serie di prestazioni da 30+ punti e Westbrook vestisse più i panni di realizzatore che di assistman (diciamo 25+ punti a match con almeno il 35% dall’arco), rimane il fatto che dietro ai due manca di fatto una sopporting cast che possa garantire qualcosa di importante. Davis Bertans e Daniel Gafford sono gli unici due che in uscita dalla panchina possono risultare veramente incisivi, anche se ai due possono essere accodati Raul Neto e Ish Smith: per poter pensare di impensierire Philadelphia però, questi quattro elementi dovranno giocare una serie perfetta cercando soprattutto di mordere in fase offensiva, in modo tale da eventualmente coprire le problematiche a livello difensivo.
Molto probabilmente la stagione dei ragazzi di coach Brooks è giunta al termine, ma l’approdo ai playoff, considerando tutto il percorso stagionale (capitolini che a gennaio erano ultimi e senza speranze), rappresenta già una grande soddisfazione e siamo certi che la onoreranno dando il 110%.
Scontri in regular season: 3-0 per i 76ers
Pronostico: Philadelphia è sicuramente superiore e non dovrebbe concedere gran che ai capitolini, chiudendo la serie entro le cinque partite (4-1 76ers)
Brooklyn Nets (#2) vs Boston Celtics (#7)
Senza troppi giri di parole, Brooklyn dovrebbe avere vita facile con dei Celtics che hanno giocato una regular season disastrosa e che si ritrovano pure penalizzati dall’assenza di Jaylen Brown. I Nets hanno infatti il roster completo a disposizione e non sembrano avere dei punti deboli utilizzabili dai biancoverdi.
Basterebbe parlare dei Big Three per chiudere la questione. Se è vero che Kyrie Irving, Kevin Durant e James Harden hanno disputato poche partite insieme (a causa degli infortuni di KD e The Beard), è altrettanto constatabile il fatto che questo trio risulti praticamente incontrastabile a livello offensivo. E’ impensabile provare a raddoppiare uno di essi, visto che sarebbero pronti almeno tre tiratori per ricevere uno scarico e riscuotere qualche punto, ed è impensabile contenerli singolarmente se non si dispone di almeno tre difensori di altissimo livello che possano anche solo dare fastidio. I tiri di Durant sono immarcabili, la velocità e il ball handling di Irving seminano il panico in qualsiasi circostanza, per non parlare dell’arsenale offensivo posseduto da un Harden che si è trasformato in un ottimo leader capace di coinvolgere alla perfezione i compagni senza strafare.
I problemi potevano provenire da due fronti: il reparto lunghi e la panchina. Per quanto riguarda il primo argomento, l’innesto di Blake Griffin ha sicuramente regalato maggiore tranquillità, anche se la franchigia non era messa così male: DeAndre Jordan, Nicolas Claxton e Jeff Green potevano infatti garantire qualche battaglia sotto le plance, pur subendo inevitabilmente contro lunghi più attrezzati e di alto livello.
In riferimento alla second unit invece, Brooklyn ha dimostrato in più occasioni, pur non contando su nomi eccezionali (a parte forse Landry Shamet), di non perdere terreno quando in campo entrano elementi dalla panchina. La possibilità infatti di poter far sempre leva su uno dei Big Three, ai quali va peraltro affiancato Joe Harris, consente a coach Steve Nash di avere con costanza almeno un paio di punti di riferimento in campo. Livello delle seconde linee che è stato peraltro alzato dall’aggiunta di Mike James: l’ex CSKA non è sicuramente un difensore modello, ma in fase offensiva ha dimostrato fin da subito di poter garantire punti e letture (rispettivamente 7.7 e 4.2 in 13 uscite), guadagnandosi la fiducia e i complimenti dell’head coach e dei compagni.
A Brooklyn rimane solo l’incognita della difesa, ma se dovessero mettere le partite sul piano di “vince chi segna di più”, di certo non partirebbero come sfavoriti.

Per Boston la questione è molto semplice: o avviene un clamoroso miracolo o i biancoverdi possono già preparare le valige. Oltre al già citato infortunio di Brown, i Celtics si ritrovano infatti per le mani un roster decisamente inferiore sul piano del talento, privo peraltro di caratteristiche o soluzioni che potrebbero far anche solo pensare alla possibilità di vedere delle grandi battaglie.
E’ evidente che Jayson Tatum non possa segnare 40+ a notte, cosa che comunque non basterebbe, così come ad oggi Kemba Walker non sembra assolutamente in grado di fornire solide ed efficienti prestazioni offensive (diciamo 25+ punti di media con il 45% al tiro). A livello offensivo, vista anche la panchina, si potrebbe contare solo sull’apporto di Marcus Smart ed Evan Fournier, due giocatori che tuttavia non sono famosi per continuità e che avrebbero bisogno di svariati tiri aperti per entrare in ritmo (sempre che riescano a convertirli con buone percentuali). Sotto le plance invece le pedine in mano a coach Stevens sono Robert Williams e Tristan Thompson, non esattamente due lunghi dominanti che possano far collassare la difesa newyorkese e violare a ripetizione il ferro avversario. Insomma, non si sa bene dove i biancoverdi possano girarsi per inventare qualcosa.
Rimarrebbe solo la panchina da analizzare, ma i vari Ojeleye, Ewdards, Pritchard, Langford e Nesmith non sembrano poter competere con l’arsenale dei Nets, anche se probabilmente la differenza tra le second unit è quella meno marcata.
Scontri in regular season: 3-0 per i Nets
Pronostico: considerando la situazione infortuni di Boston e il trend della franchigia, Brooklyn dovrebbe chiudere in fretta la serie con uno sweep (4-0 Nets)
Milwaukee Bucks (#3) vs Miami Heat (#6)
Dove eravamo rimasti? Ah, si: Giannis Antetokounmpo in borghese a soffrire nel vedere i suoi Bucks eliminati dai playoff 2020 con un perentorio 4-1. Una debacle clamorosa per la squadra con il miglior record della NBA. Sicuramente Mike Budenholzer non faticherà a motivare la sua squadra in vista della serie, e il più determinato non potrà che essere il due volte MVP.
Lo scorso anno fu rallentato anche dalle condizioni fisiche non ottimali, ma certamente patì enormemente la difesa architettata da Erik Spoelstra: la zona, l’area affollata e gli aiuti sistematici costrinsero Giannis a letture non sempre ottimali, limitandone l’impatto sia come scorer che come iniziatore del temibile “penetra e scarica” di Milwaukee (solo 21.8 punti e 5 assist di media nella serie, con un misero 24% nelle conclusioni al di fuori dalla “restricted area”, cioè al ferro). Ovviamente, le speranze di successo passeranno dalle mani di The Greek Freak, ma l’apporto dei compagni sarà altrettanto decisivo per avere la meglio di una squadra organizzata come Miami.
Nel perfetto ruolo di spalla, Khris Middleton ha disputato la consueta, solida stagione (20 punti, 6 rimbalzi, 5 assist, 41% da tre punti), rendendo indispensabile la sua continuità. Rispetto alla serie del 2020, i Bucks avranno a disposizione Jrue Holiday, un upgrade non indifferente rispetto a Eric Bledsoe. Holiday è un creatore di gioco superiore, un tiratore più continuo e, soprattutto, un eccellente difensore.
Sul perimetro Milwaukee gode della solita pletora di tiratori chiamati a punire le attenzioni riservate alle tre stelle: Bryn Forbes, Pat Cannaughton, D.J. Augustin e Donte DiVincenzo, quest’ultimo in grado anche di segnare con qualche iniziativa personale. A chiudere, nei panni del centro titolare c’è l’eterno Brook Lopez, ormai calatosi nella veste di ”stretch 5”, anche se nei finali potrebbe essere schierato Bobby Portis, un carattere non facile ma molto più versatile.
Da non sottovalutare anche l’aggiunta degli esperti Jeff Teague e P.J. Tucker.

Miami arriva, come sempre, in forma nel momento clou. Beh, nei piani della dirigenza avrebbe dovuto esserci anche Victor Oladipo, ma lo sfortunato ex Pacers si è dovuto operato al tendine rotuleo e salterà di conseguenza il resto della stagione. Malgrado la sua assenza, gli Heat ambiscono a confermarsi Campioni della Eastern.
Il roster è pressoché identico a quello della passata stagione, ma i giovani Kendrick Nunn, Duncan Robinson, Tyler Herro e Bam Adebayo hanno accumulato un anno di esperienza supplementare. Se Nunn sembra poter contribuire maggiormente rispetto alla scorsa postseason, Robinson ha confermato di essere una sentenza sugli scarichi, mentre Herro desta qualche preoccupazione per le voci di una vita sregolata fuori dal campo, ma l’atmosfera dei playoff potrebbe risvegliare la competitività di uno dei protagonisti della cavalcata dello scorso anno. Adebayo ormai è una stella assoluta della lega, il prototipo del lungo moderno, fisico e allo stesso tempo tecnico, versatile sia in attacco che in difesa. Il duello con Giannis sarà per palati fini.
La squadra appartiene, però, ad un Jimmy Butler sempre più leader emotivo e tecnico. Quest’anno ha patito qualche contrattempo fisico di troppo, ma ormai i fastidi fisici sono superati e attende solo di poter trascinare i suoi Heat in un’altra run vincente. Ormai non stupisce più la maturità con la quale lascia “arrivare la partita”, accendendosi quando la squadra ha bisogno delle sue iniziative per uscire dalle difficoltà.
Accanto all’ex Bulls ci saranno i veterani Goran Dragic, Trevor Ariza e Andre Iguodala. Se Dragic riuscirà a restare sano, come negli splendidi (e anche sorprendenti) playoff 2020, e la coppia Ariza-“Iggy” sarà in grado di incidere nella veste di “3&D”, ecco che le possibilità di vedere gli Heat al prossimo turno saranno decisamente maggiori. Più difficile prevedere l’apporto di Dewayne Dedmon e Nemanja Bjielica.
Abbiamo parlato di giocatori, eppure mai come stavolta potrebbero essere decisivi gli allenatori. Lo scorso anno Spoelstra portò letteralmente a scuola il collega di Milwaukee: “Bud” non riuscì mai a trovare le giuste contromosse al piano partita imposto da “Spo”, attirandosi molte critiche anche nell’ambiente di casa. L’ex allievo di Gregg Popovich ha avuto 12 mesi (un po’ meno, in verità) per pensarci, chissà se stavolta riuscirà a essere all’altezza.
Scontri in regular season: 2-1 per i Bucks
Pronostico: Miami sorprende ancora Milwaukee e si porta a casa la serie in sei partite (4-2 Heat)
New York Knicks (#4) vs Atlanta Hawks (#5)
Grande stagione da parte di ambo le squadre, che decisamente a sorpresa sono andate ad occupare un seed superiore al settimo posto (medesimo record, ma New York gode del vantaggio degli scontri diretti). Entrambe le franchigie tornano nella postseason dopo anni di attesa: gli Hawks mettono fine a tre stagioni di digiuno (2-4 per mano dei Wizards nel primo round del 2017), mentre i Knicks attendevano questo momento da otto anni (ultima apparizione nel 2013, con sconfitta per 2-4 alle semifinali di conference contro i Pacers).
QUI NEW YORK. Dopo anni di vorticosi cambiamenti in panchina e scarsi risultati, con conseguente stazionamento nei bassifondi dell’Est, i Knicks si riaffacciano finalmente ai playoff. Un ritorno segnato sicuramente da coach Tom Thibodeau: grazie a quest’ultimo e alla sua impronta difensiva, New York è prima nella lega per punti concessi agli avversari (104.7 a gara) e in 24 occasioni è stata in grado di tenerli sotto i 100 punti. Uno dei compiti del suo coaching staff sarà quello di elaborare degli schemi per cercare di fermare la vena realizzativa di Trae Young: senza le prestazioni incisive del proprio n°11 infatti, Atlanta avrebbe serie difficoltà a battere New York (36.2% dal campo in stagione contro la franchigia della Grande Mela, la seconda più bassa percentuale contro le squadre con cui ha giocato almeno tre volte).
Sarà senza ombra di dubbio fondamentale l’apporto di Julius Randle: candidato a vincere il Most Improved Player of the Year, il nativo di Dallas ha letteralmente trascinato i Knicks con medie di 24.1 punti, 10.2 rimbalzi e 6 assist a partita, ottenendo anche la prima convocazione all’All-Star Game. Randle, inoltre, contro gli Hawks ha fatto sfracelli segnando rispettivamente 40, 44 e 28 punti nei tre scontri stagionali con Atlanta e probabilmente subirà il trattamento doppio di Clint Capela e John Collins.
Altri pezzi importanti per i newyorkesi sono RJ Barrett, che ha giocato molto meglio rispetto all’annata da rookie migliorando le percentuali dal campo, il cecchino Reggie Bullock (41% dall’arco in stagione con NY) e Derrick Rose: il #4 non avrà più l’energia dei primi anni nella lega, ma si può affermare che abbia trovato nuova linfa nella Big Apple, soprattutto nel ruolo di sesto uomo (quasi 15 i punti a partita). A tutto ciò aggiungiamo le abilità difensive di Nerlens Noel e Taj Gibson (pretoriano di Thibs), l’estro di Elfrid Payton e i punti nelle mani di Alec Burks e del buon rookie Immanuel Quickley.
Una preoccupazione per i Knicks può essere la mancanza di esperienza nei playoff dell’intero quintetto: Noel e Bullock mettono insieme 16 gare di postseason, mentre per Randle, Payton e Barrett saranno le prime. Importante sotto questo aspetto sarà la leadership di Rose.

QUI ATLANTA. La stagione degli Hawks ha avuto due volti diversi: record 14-20 e squadra virtualmente fuori dal quadro playoff con Lloyd Pierce in panchina, in seguito 27-11 sotto il coach ad interim Nate McMillan e la scalata al quinto posto.
Le mosse di mercato effettuate durante la free agency hanno pagato, fra tutte la guardia serba Bogdan Bogdanovic: dopo un lungo infortunio, ha subito beneficiato dell’avvicendamento in panchina, producendo 18 punti a partita e diventando leader della second unit di Atlanta. L’unico neo nella campagna acquisti estiva può esser considerato Rajon Rondo, prontamente scambiato durante la trade deadline: l’ex Lakers è tornato a LA, sponda Clippers questa volta, mentre dalla California è arrivato Lou Williams, valido elemento che irrobustisce la panchina. Seconde file che risultano piuttosto produttive considerando anche la presenza del nostro Danilo Gallinari.
Il fattore chiave dovrebbe essere proprio la sfida tra le riserve: con Bogdanovic in campo e Trae Young fuori, gli Hawks hanno battuto gli avversari di 3.9 punti su 100 possessi dall’All-Star break; da vedere se riusciranno a tenere a bada i Knicks, che invece si trovano secondi come punti dalla panchina sulla base dei minuti giocati.
Trae Young rimane comunque il fulcro della squadra: consacratosi superstar, ha infranto anche alcuni record, diventando il primo giocatore nella storia a produrre 25+ punti e 9+ assist a partita in più stagioni prima di compiere 23 anni.
Beneficiari degli assist di Young sono i due big men Clint Capela e John Collins: 267 passaggi per i due combinati (dietro soltanto a Draymond Green con 290 assistenze per Curry e Wiggins). L’apporto dei due lunghi si dovrà assolutamente far vedere sotto le plance, data l’assenza dall’altro lato di un atleta come Mitchell Robinson.
Non dimentichiamoci infine di Kevin Huerter e del ritrovato De’Andre Hunter, tasselli importanti che possono garantire punti e presenza a rimbalzo, aprendo le difese avversarie grazie alla minaccia del tiro dalla lunga distanza.
Il problema degli Hawks, come per i Knicks, è la mancanza di esperienza nei playoff: dei cinque migliori marcatori, solo Capela ha disputato delle partite (e che partite) nella postseason.
Scontri in regular season: 3-0 per i Knicks
Pronostico: la serie si preannuncia equilibrata e dovrebbe quindi andare per le lunghe, e alla fine a prevalere potrebbe essere New York ricorrendo a tutti e sette gli atti (4-3 Knicks).
Articolo a cura di Simone Argiolas, Lorenzo Cipriani e Andrea Grosso