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Western Conference Playoff: la preview delle serie

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Se ad Est ci aspettano alcune serie piuttosto scontate, la Western Conference quest’anno ci regala degli accoppiamenti molto interessanti. Nonostante le prime due posizioni in classifica siano state occupate da Jazz e Suns, le favorite rimangono le due franchigie di Los Angeles. Lakers e Clippers dovranno comunque stare molto attenti ai possibili sgambetti dei rispettivi avversari, in quanto ai playoff ci si mette poco a sbagliare una serie.
A sorpresa ad affrontare Utah ci sarà Memphis, che nella notte ha sconfitto dopo un overtime dei Golden State Warriors apparsi piuttosto stanchi. Niente apparizione ai playoff quindi per uno Stephne Curry che, oltre ad aver vinto il titolo di miglior realizzatore stagione, è anche tra i finalisti per l’MVP (la mancata partecipazione alla postseason potrebbe però aver compromesso del tutto la sua posizione).


Utah Jazz (#1) vs Memphis Grizzlies (#8)

Sono appena uscite le nomination per i vari premi stagionali e la grande stagione disputata dagli Utah Jazz non è passata inosservata. Il solito Gobert è in lizza come difensore dell’anno, Ingles e Clarkson sono in corsa per il miglior sesto uomo e Quin Snyder può puntare ad essere eletto miglior allenatore. Probabilmente non stiamo parlando della squadra più forte della lega, ma questi Jazz si sono meritati certamente il primo posto nella stagione regolare.
E’ stata un annata difficile per tutti, tra infortuni, protocolli covid e poche occasioni per allenare la squadra, ed il grande merito di coach Snyder è stato proprio quello di compattare un gruppo già perfettamente rodato, ripartendo dalla voglia di riscatto dopo la cocente eliminazione dello scorso anno per 3-1 nella serie con i Nuggets. Da quella dolorosa battaglia perduta è stato recuperato Bogdanovic, assente nella bolla di Orlando, e sono stati aggiunti il cavallo di ritorno Derrick Favors e, a stagione in corso, anche Ersan Ilyasova, giocatore sempre utile in determinati contesti.
Dopo un inizio di stagione interlocutorio, i Jazz sono esplosi con una serie di 19 vittorie in 20 partite a cavallo dei mesi di gennaio e febbraio, striscia interrotta proprio da Denver, che ha dovuto ricorrere ad una prestazione balistica irreale (15-17 dall’arco all’intervallo) per fermare una macchina praticamente perfetta. Da quel momento i Jazz non si sono più voltati indietro, resistendo nel finale di stagione agli acciacchi di Mike Conley ed all’infortunio che ha privato Snyder di Donovan Mitchell nelle ultime partite della stagione. Senza la loro stella, il record dei Jazz è stato di 13 vinte e 6 perse (quello senza Conley 15-6), il che dimostra la bontà di un sistema che può reggere anche in mancanza di giocatori fondamentali.

Se dovessimo prendere ad esempio una squadra che possa incarnare le caratteristiche essenziali del basket moderno, opteremmo per la franchigia di Salt Lake City, partendo dal pick-and-roll alto e dal volume esasperato del tiro da 3, fino ad arrivare alla difesa sul perimetro. Il segreto dei ragazzi di Snyder sta nel creare buoni tiri dall’arco, cercando in modo ossessivo l’”extra-pass” alla ricerca del giocatore meglio piazzato per punire dalla lunga distanza. Le cifre di fine stagione parlano chiaro: i Jazz sono quarti nella lega come percentuale al tiro da 3 con un ottimo 39.8 %, ma nettamente primi per triple realizzate con quasi 17 a partita. Oltre a questo, sono al secondo posto per percentuale concessa da 3 agli avversari (34,1%), dietro ai soli Knicks di Thibodeau, e nettamente primi per triple concesse (appena 10.9). Una delle chiavi di queste statistiche è decisamente l’ingombrante presenza difensiva di Rudy Gobert, che consente agli esterni di poter aumentare la pressione sull’arco confidando sull’aiuto del francese nel pitturato.
I progressi di Conley rispetto ad una prima stagione sotto tono, i numeri da star di Donovan Mitchell, la difesa di Gobert, l’intelligenza cestistica di “Ordinary Joe” Ingles, sono le principali frecce nell’arco della franchigia dello Utah, ma ci sono altri fattori che hanno contribuito all’incredibile stagione dei Jazz. Stiamo parlando dei due “soldati” Royce O’Neal e George Niang, classici “3 & D” decisivi per gli equilibri di squadra, ma soprattutto di Jordan Clarkson, una vera e propria arma letale dalla panchina. L’ex Lakers è stato autore della miglior stagione in carriera con 18.4 punti in soli 26.7 minuti di utilizzo, ma soprattutto è il classico giocatore capace di creare conclusioni dal palleggio nel caso di un gioco rotto e quando l’attacco ristagna.

A proposito di “NBA awards”, molti si aspettavano che l’avversario dei Jazz fossero i Golden State Warriors di Stephen Curry, uno dei tre giocatori in corsa per l’MVP insieme ad Embiid e Jokic. Nella notte invece, i Memphis Grizzlies hanno ribaltato i pronostici ed anche il risultato del play-in dello scorso anno, che li aveva visti sconfitti da Portland, regalando loro una serie playoff che mancava dal 2017.
La prima cosa che viene in mente in uno scontro tra Memphis e Utah è la diversità di stili di gioco tra le due squadre. I ragazzi di coach Taylor Jenkins vanno un po’ contro la tendenza dell’NBA moderna: a differenza dei Jazz prediligono attaccare il ferro, il più delle volte con dei “floater” oppure limitandosi al “mid-range jumper”, mentre sono solo 20esimi per percentuale di tiro da 3 con il 35.6% e 22esimi per triple segnate a partita (11.2), ben lontani dai numeri degli avversari. I Grizzlies comandano l’NBA per recuperi e punti in contropiede, dove Ja Morant può sprigionare tutta la sua energia e velocità, mentre sono al secondo posto nei rimbalzi offensivi, merito soprattutto di un Jonas Valanciunas alla miglior stagione in carriera: il centro lituano ha prodotto 17.1 punti e 12.5 rimbalzi e il suo duello con Rudy Gobert sarà una delle chiavi di questa serie. Coach Jankins ha però altre armi da opporre al francese. Può usare all’occorrenza Xavier Tillman per difendere meglio sul pick-and-roll e per aprire il campo (decisiva è stata una sua tripla nel supplementare contro i Warriors), ma soprattutto Jaren Jackson Jr, al rientro dopo il lungo infortunio al ginocchio ed ancora lontano dalla miglior condizione.

Sicuramente Memphis andrà dove li porterà la loro stella, un Morant già atteso alla consacrazione, ma saranno altrettanto
importanti le doti realizzative di Dillon Brooks, che dovrà togliere un po’ di pressione al fenomeno nato a Dalzell 21 anni fa. Fondamentali saranno anche le triple dalla panchina che sapranno produrre l’ex dal dente avvelenato Grayson Allen e il sorprendente rookie Desmond Bane, ma non si può nemmeno dimenticare il lavoro oscuro da “all-around” vecchia maniera di Kyle Anderson, che andrà anche ad 1/3 di velocità rispetto a Morant, ma possiede un intelligenza cestistica molto superiore alla media.

Riusciranno i Grizzlies a produrre il proprio gioco evitando la trappola dei tentacoli di Rudy Gobert ed a limitare i tiratori dal perimetro degli avversari, rischiando magari anche di concedere qualcosa nel pitturato? Se coach Jenkins riuscirà a trovare una riposta a queste domande, avremo una serie più equilibrata di quanto possa dire la classifica.

Scontri in regular season: 3-0 per i Jazz

Pronostico: Memphis ha dimostrato di essere una squadra organizzata e bisognerà vedere quali saranno le condizioni di Mitchell, ma Utah alla dovrebbe rispettare i pronostici dettati dal seed (4-2 Jazz)



Phoenix Suns (#2) vs Los Angeles Lakers (#7)

La serie più inaspettata. La scorsa stagione i Phoenix Suns, nonostante un’illusoria striscia perfetta nella bolla di Orlando, avevano concluso l’ennesima annata sul fondo della classifica, mentre i Los Angeles Lakers si avviavano alla conquista del loro 17esimo titolo NBA. Chi avrebbe immaginato che a distanza di un anno (cestistico) le due squadre si sarebbero incontrate al primo turno dei playoff a ruoli invertiti e con aspettative ulteriormente ribaltate?

L’arrivo di Chris Paul la passata offseason ha stravolto completamente la situazione dei Suns. Con una stagione da MVP, l’11 volte All-Star ha guidato la squadra alla seconda posizione della Western Conference e ad un successo che non si vedeva in Arizona dai tempi di Steve Nash. Purtroppo per loro questa stagione di trionfale ritorno nell’élite della lega rischia di concludersi prematuramente, trovandosi costretti a disputare il primo turno più insidioso di questi playoff 2021.
I Los Angeles Lakers, martoriati da infortuni durante la regular season, sono scesi pericolosamente nella graduatoria ad Ovest, prendendo parte al play-in tournament e correndo il rischio di non qualificarsi per la postseason. Ma i gialloviola sono finalmente al completo (almeno per quanto riguarda la disponibilità dei giocatori) e pongono una seria minaccia al successo gloriosamente ritrovato dei Suns. La gara di qualificazione contro i Golden State Warriors ha tuttavia mostrato quanto i losangelini siano ancora fragili: Anthony Davis è appena rientrato in ritmo partita, ma sia Dennis Schroder che LeBron James sembrano ancora lontani dall’essere al 100% (sempre che il #23 ci torni, viste le sue dichiarazioni). Devin Booker e compagni potrebbero quindi avere ancora una seria possibilità di eliminare i campioni in carica e procedere in una potenziale marcia verso le finali di conference.

Ovviamente, per la squadra con la miglior difesa del campionato la serie si gioca su quel lato del campo. Il piano dei Lakers si baserà non tanto sull’utopistico obiettivo di arrestare la macchina da punti con il n°1 (25.6 punti a partita in stagione regolare), quanto piuttosto sul cercare di limitare l’impatto di Chris Paul nell’economia offensiva di Phoenix: di 26.9 assist a partita totalizzati dai Suns, 8.9 sono distribuiti dal solo generale 35enne. Alex Caruso, con le sue qualità di stopper difensivo, giocherà un ruolo fondamentale in quest’ottica per i gialloviola e potrebbe vedere un incremento del minutaggio ai danni dello scontento Schroder.
Quanto alla battaglia sotto le plance, Deandre Ayton non dovrebbe costituire un problema per i losangelini, i quali hanno a disposizione un’abbondanza di lunghi capaci di ostacolarlo e contenere la sua produzione (a scelta tra Davis, Drummond e Gasol). Nei primi due incontri di regular season, in assenza di tutti e tre i lunghi gialloviola, Ayton ha avuto la possibilità di dominare indisturbato, ma la brutta notizia per i Suns è che nel terzo match, con il solo Anthony Davis disponibile, la prima scelta assoluta al draft 2018 ha concluso con 6 punti e 6 rimbalzi, mentre l’avversario (selezionato sei anni prima alla medesima posizione) ha avuto una dominante prestazione da 42 punti, 12 rimbalzi, 5 assist, 3 stoppate e 3 palle recuperate.

Anche la battaglia delle panchine è in favore di coach Vogel, soprattutto se l’altalenante Kyle Kuzma sarà capace di trovare la costanza che gli è mancata nell’ultimo mese di regular season. Cameron Johnson, Cameron Payne e Dario Saric costituiscono indubbiamente un solidissimo gruppo produttivo, ma l’impatto difensivo della panchina dei Lakers provvede a un differenziale di efficienza di 9.5, a fronte del quale impallidisce lo 0.5 delle riserve dei Suns.

Scontri in regular season: 2-1 per i Suns

Pronostico: molto dipenderà dalle condizioni di James e Davis, con i Lakers che dovrebbero imporsi in sei gare (4-2)



Denver Nuggets (#3) vs Portland Trail Blazers (#6)

L’ultima volta che queste due squadre si sono incrociate nella postseason è stata nel 2019: una pazzesca serie vinta 4-3 dalla franchigia dell’Oregon con tanto di gara-3 chiusa dopo quattro overtime. Il testa a testa nei playoff dice 8 vittorie Nuggets e 9 Blazers, con scarti nei risultati finali quasi sempre entro i dieci punti: i tifosi si aspettano delle partite combattute.

QUI DENVER. Dopo la straordinaria cavalcata dello scorso anno fino alle finali di conference, i Nuggets hanno iniziato la stagione in leggera difficoltà, eccezion fatta per Nikola Jokic: The Joker ha infatti messo a segno quattro triple-doppie nelle prime sei partite, lanciando la sua campagna ad MVP della regular season (per il quale è nei tre finalisti). Il gruppo ha seguito così il proprio leader, candidandosi a contender per il titolo soprattutto dopo la trade che ha portato Aaron Gordon nel Colorado: nonostante la rottura del crociato di Jamal Murray e l’assenza dal parquet per diverse partite di Monte Morris e Will Barton, i Nuggets sono riusciti comunque a conquistare il terzo seed ad Ovest (gli è stato lasciato dai Clippers?).
Da sottolineare che Jokic due anni fa contro Portland era solo alla seconda serie di playoff giocata in carriera e ha viaggiato a 27.1 punti, 13.9 rimbalzi e 7.7 assist di media. Come se non bastasse, la produzione di punti fuori dal post per possesso del serbo è di 1.30 (su minimo 300 post up, il miglior dato da quando Second Spectrum ha iniziato a tracciare i giocatori), valore che sale a 1.54 quando si vede raddoppiato. Il punto è: basterà il solo gioco ad alto livello di Jokic?
Ricordiamo infatti che nella bolla di Orlando l’anno scorso Murray ha realizzato 31.2 punti di media nel primo round contro Utah (con due clamorosi 50elli), giocando in generale dei playoff ad alto rendimento. Senza il #27 sarà Michael Porter Jr. a prendersi più responsabilità: il classe 1998 ha disputato una grandissima regular season, ma ora è chiamato ad alzare il suo livello sia in fase offensiva che in fase difensiva.

Considerata l’assenza per infortunio anche di Barton, Denver farà per forza affidamento sulle abilità realizzative di Aaron Gordon e Monte Morris (entrambi in doppia cifra di media), sull’esperienza di Austin Rivers e Paul Millsap, e soprattutto su un’ulteriore step degli altri uomini in rotazione.
Il tutto senza dimenticarsi ovviamente di Facundo Campazzo, che ha saputo integrarsi molto bene nel sistema della franchigia del Colorado e ha dato grandi soddisfazioni nei panni di play titolare. Che possa essere proprio l’argentino un elemento chiave per le sorti della serie?

QUI PORTLAND. La stagione di Portland è stata difficile, caratterizzata da degli alti e bassi dovuti principalmente ad infortuni: per mesi son stati fuori Jusuf Nurkic e CJ McCollum, con Damian Lillard che ha dovuto caricarsi tutto il peso della franchigia sulle spalle. Lo stesso Dame ha saltato alcune partite, e il rischio play-in per Portland è diventato concreto: dalla fine di aprile, per evitare di finire in mezzo al nuovo torneo introdotto dalla lega, i Blazers hanno vinto dieci delle dodici partite rimaste, piazzandosi al sesto posto.
E’ inutile sottolineare quanto la sorte di Portland nella postseason dipenda dal proprio n°0: grazie al suo arsenale offensivo, sia dalla lunga distanza che in penetrazione, Lillard dovrà fornire con costanza delle prove offensive di alto livello.

Se escludiamo dalla discussione McCollum e Nurkic, rispettivamente seconda e terza opzione offensiva, i primi problemi per Portland risiedono nel supporting cast: la panchina è stata abbastanza discontinua e coach Stotts potrebbe non avere una chiara idea delle rotazioni da effettuare. Senza nulla togliere a Anfernee Simons, molto dipenderà dal rendimento di Carmelo Anthony ed Enes Kanter, anche se i due in campo hanno spesso provocato cali nella metà campo difensiva.
Ecco, proprio la difesa rappresenta l’altro tallone d’Achille della franchigia dell’Oregon, che ha concluso la stagione da penultima per punti subiti. Lillard e McCollum non hanno certamente grande impatto nella propria metà campo, e in generale, ad esclusione di Covington e Powell (i quali dovranno incidere con il tiro dall’arco), i Blazers non hanno dei validi difensori. Portland potrebbe quindi pagare spesso dazio, soprattutto nel confronto tra le rispettive ali.

Scontri in regular season: 2-1 per i Nuggets

Pronostico: considerando la maggiore esperienza del roster ai playoff e gli infortuni che hanno colpito Denver, Portland dovrebbe prevalere in sei gare (4-2 Blazers)



Los Angeles Clippers (#4) vs Dallas Mavericks (#5)

Nove mesi dopo lo scontro avvenuto nella bolla di Orlando, il quadro dei playoff 2021 mette nuovamente faccia a faccia Clippers e Mavericks, e ancora una volta lo scenario è quello del primo round. La scorsa postseason i losangelini si sono imposti con qualche difficoltà per 4-2 e quest’anno le cose non dovrebbero andare diversamente: sebbene Dallas possa contare su rotazioni più lunghe (e un roster completo) e si sia posizionata subito dopo i propri avversari, i losangelini hanno giocato una regular season senza alcuna forzatura e ad oggi sono tra i favoriti per la conquista delle Finals.

I Clippers non sono affatto quelli della scorsa stagione, per chi magari stesse pensando ad un’altra debacle di Leonard e soci. Al di là del cambio di guida della panchina, con l’approdo di coach Lue, i californiani hanno optato per diverse modifiche del proprio roster: hanno salutato la franchigia sia Montrezl Harrell che Lou Williams, così come Landry Shamet e Maurice Harkless, e al loro posto sono arrivati Nicolas Batum, Rajon Rondo, Serge Ibaka e Luke Kennard. Campagna acquisti che in questo momento sembra aver pagato, in quanto la franchigia appare molto più equilibrata su ambo le metà campo e gode di diverse soluzioni sia in chiave offensiva (punto di forza il tiro dall’arco) che difensiva.
I protagonisti non potranno che essere Kawhi Leonard e Paul George, duo in grado di garantire una base di 48 punti a notte (con il 40% dall’arco) e di soprattutto, cosa non comune tra le superstar, garantire un ottimo apporto nella propria metà campo, rubando preziosi palloni e presenziando in maniera incisiva a rimbalzo. Rimanendo sempre sul tema, il quintetto titolare si completa con tre giocatori con valide qualità nel limitare gli avversari: Patrick Beverley, Ivica Zubac e Marcus Morris. Il primo fornisce supporto a livello perimetrale, mentre gli altri due, ed in particolare il centro bosniaco, possono occuparsi senza particolari problemi dei lunghi avversari. Un trio che tra l’altro può fornire anche punti importanti, con Beverley e Morris che rappresentano delle minacce credibili dalla lunga distanza (addirittura 47.3% per il secondo).

E la panchina? Qualità. Sì perché il fatto di poter contare su Nicolas Batum, Reggie Jackson, Luke Kennard, Rajon Rondo, Terance Mann (cresciuto molto rispetto alla bolla di Orlando) e, da non dimenticare, DeMarcus Cousins non può di certo rappresentare un punto debole. Si tratta di una second unit in grado di fornire un solido contributo sia a livello realizzativo, con svariate soluzioni, che nella protezione del proprio ferro.
Molti dubbi giravano intorno all’acquisto di Batum, con il francese che è da anni al centro di critiche per aver strappato un contratto un pelino esagerato per il suo rendimento. I Clippers lo hanno firmato a soli 2.5 milioni e gli hanno affidato un ruolo da non protagonista che sta pagando in maniera significativa: nessuna forzatura (e poche responsabilità), efficiente apporto in fase offensiva e discreta presenza difensiva. Sarà interessante capire come impatterà dei playoff che non vedeva dal 2016.

Anche i Mavericks hanno effettuato dei cambiamenti, potendo contare su rotazioni più lunghe. Per la franchigia texana è già qualcosa cominciare la serie con un roster sano (o quasi, visto che Kleber è in dubbio per gara-1) che vede di nuovo in pista Kristaps Porzingis.
Il lettone e Luka Doncic saranno inevitabilmente i motori del gruppo: un duo che offensivamente deve assolutamente incidere affinché la serie possa essere combattuta. Lo sloveno proverà a trovare il bersaglio dalla lunga distanza e ad effettuare le consuete penetrazioni volte ad aprire la difesa avversaria, mentre Porzingis dovrà cercare soprattutto di farsi sentire dentro l’arco dei tre punti.

Il resto della truppa agli ordini di coach Carlisle può offrire diversi spunti. Jalen Brunson sembra aver fatto quel salto di qualità necessario a coprire la perdita di Seth Curry (visto anche un Trey Burke poco incisivo), Josh Richardson garantisce punti e difesa, JJ Redick porta esperienza e aumenta la minaccia dall’arco, mentre Dorian Finney-Smith ha fatto ulteriori passi in avanti rispetto alla già positiva annata 2019-2020. Ma i punti cardine del roster sono altri due: Tim Hardaway Jr e il reparto lunghi. Il prodotto di Michigan dovrà assolutamente continuare a fatturare a livello offensivo (16.6 punti di media in regular season), in modo da far rifiatare Doncic e Porzingis e, soprattutto, evitare di affidare pesanti responsabilità ad altri elementi del roster che non presentano le giuste qualità. Venendo invece ai big men, Dallas può contare sia su un paio di elementi che presentano un mix di fisicità e dinamicità, su tutti Maxi Kleber e Dwight Powell (a cui volendo potremmo anche aggiungere il nostro Nicolò Melli), sia su due pedine utili nella copertura del proprio ferro, ovvero Willie Cauley-Stein e, all’occorrenza, Boban Marjanovic.

Roster che si presenta sicuramente completo, ma che al tempo stesso vede due grandi criticità: il gioco a difesa schierata e, soprattutto, la propria fase difensiva. I Mavericks sono infatti tra le peggiori difese di tutta la lega, facendo grande difficoltà a contenere i propri avversari soprattutto a livello perimetrale. Cosa che rappresenta un enorme problema se di fronte si pone una squadra con spiccate doti balistiche dalla lunga distanza. Doncic e soci inoltre faticano nella costruzione del proprio attacco quando sono costretti a fronteggiare una squadra difensivamente ben organizzata e aggressiva: fondamentale sotto questo aspetto sarà la creazione di un giro palla che possa dare un minimo di dinamicità, altrimenti, se la palla come spesso accade dovesse stagnare nelle mani di singoli giocatori per diversi secondi, il rischio è quello di rimanere bloccati e di doversi affidare a soluzioni individuali.

Scontri in regular season: 2-1 per i Mavericks

Pronostico: nonostante Dallas possa contare su un roter al completo e più valido rispetto alla scorsa stagione, i losangelini non dovrebbero trovare particolari difficoltà e potrebbero imporsi in al massimo sei gare (4-2 Clippers)




Articolo a cura di Simone Argiolas, Andrea Grosso, Fabio Krpan e Davide Tovani

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