Capita molte volte che due prospetti abbiano una particolare luce addosso, soprattutto se gli interessati non solo si contendono i primi posti del Draft 2022, ma sono pronti ad indossare le casacche di due super squadre NCAA, tra le favorite al titolo. Da una parte un italiano nativo di Seattle, forte fisicamente con un ottimo jumper dalla media e tanti punti nelle mani: in sostanza un possibile, futuro ottimo “playmaking four”, cosa che oggi nella lega è molto richiesta. Dall’altra parte invece un nativo di Minneapolis che si è ritrovato dal dover essere – fisicamente – una guardia, a diventare, causa una crescita notevolissima, un centro di 213cm. Stiamo parlando di Paolo Banchero e Chet Holmgren.
Il grande punto a favore di Holmgren risiede nell’aver mantenuto il ball handling e le caratteristiche offensive di una guardia, mentre Banchero può contare su un fisico importante (2.06 m x 113kg) che gli permette di incidere significativamente anche nella metà campo difensiva. La nuova star di Gonzaga infatti, sebbene sia cresciuto notevolmente in altezza, non è riuscito a sviluppare la sua massa: un peso di 88kg non sarà di fatto sufficiente a battagliare sotto le plance nel tentativo di difendere il proprio ferro, considerando che in media i lunghi son ben più robusti (anche se magari cedono qualche centimetro). Insomma, due centri con caratteristiche piuttosto diverse che il prossimo anno andranno si contenderanno il titolo NCAA entrando nei roster di due università simbolo della competizione: se l’italo-americano siederà alla corte di Coach K a Duke, Holmgren ha invece deciso di intraprendere lo stesso percorso del suo grande amico Jalen Suggs optando per Gonzaga.
Ma chi dei due, parlando in ottica futura, potrebbe imporsi sull’altro? Ovviamente stiamo parlando di due futuribili All-Star che in ottica NBA si sposano totalmente, per doti tecniche individuali, al gioco attuale e che soprattutto, ora come ora, farebbero comodo a tantissime squadre.

Ma andiamo con ordine. Partiamo da Banchero, giocatore che per ora in maglia O’Dea ha dimostrato di saper fare tanto, superando addirittura le aspettative nate nei suoi confronti. Come affermato in precedenza, gode di un’ottima mano dal mid-range e di un discreto tiro anche dalla lunga distanza, seppur non del tutto affidabile. Presenta inoltre grande esplosività ed è in grado di giocare sia fronte a canestro che in post, abilità che gli consente di affrontare diverse tipologie di difensore senza limitarsi al gioco vicino il ferro. Il nativo di Seattle è inoltre famoso e molto apprezzato anche per la sua visione di gioco, dote che potrebbe permettergli di essere una specie di ibrido tra più ruoli che prima d’ora non si è mai visto. Coach K, persona di cui ci si può abbondantemente fidare a riguardo, lo trova un grande leader sia a livello carismatico che difensivo, caratteristiche che gli ricordano tanto Shane Battier (anche se il nostro Paolo in realtà offensivamente sembra essere molto più preparato di quanto lo fosse l’ex Heat).

Passiamo ora al ragazzo del Minnesota. Chet rappresenta sicuramente il futuro di questo gioco: un 2.13 con un ball handling degno di un esterno è assolutamente manna per qualsiasi squadra in base ai trend che presenta il basket d’oggi. I suoi pochi chili possono essere sicuramente uno svantaggio in difesa, problema che viene tuttavia compensato in attacco da una rapidità di piedi fenomenale che lo porta ad essere un avversario al limite dell’immarcabile – per i livelli collegiali – quando attacca fronte a canestro. Non sappiamo comunque quanto una struttura fisica del genere possa resistere alla NBA: fisici del genere li abbiamo visti e rivisti (Kevin Durant e Bol Bol per citarne due a caso) e spesso non danno le garanzie sperate in quanto a resistenza. Quello che sappiamo però è che un giocatore così passa una volta ogni 100 anni e non vediamo l’ora di assistere alle sue sensazionali giocate.
Non resta dunque che tutto fili per il verso giusto per goderci lo spettacolo che questi due Big Men un po’ atipici potrebbero offrirci nei prossimi anni.
Articolo a cura di Matteo Cappelli