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Che fine ha fatto Julius Randle?

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Forse il quesito più appropriato sarebbe “Che fine ha fatto il Julius Randle che ha vinto il Most Improved Player of the Year?”.

La serie tra New York Knicks e Atlanta Hawks vede infatti tre costanti: la leadership di Trae Young, le giocate di un commovente Derrick Rose e il disastroso show di Julius Randle.
Il prodotto di Kentucky ha sofferto in maniera clamorosa l’impatto con i playoff e sta di fatto tradendo tutte le aspettative che c’erano nei suoi confronti. Dopo aver condotto la franchigia al quarto posto ad Est infatti, i tifosi contavano sul suo contributo per provare a passare il primo turno contro degli Hawks tutt’altro che imbattibili. Un crollo non solo a livello statistico, ma anche come presenza sul parquet: il nativo di Dallas appare infatti spesso confuso sulla scelta da prendere e alle volte anche fuori posizione nei meccanismi offensivi dei Knicks. Crisi offensiva che tra l’altro non viene neanche bilanciata da un solido impatto difensivo.

Ad oggi, dopo il premio di giocatore più migliorato rispetto allo scorsa stagione, meriterebbe anche quello di giocatore più peggiorato tra regular season e playoff: lasciando da parte i rimbalzi infatti (che non testimoniano nulla; per la cronaca sono 11.7 di media nella serie con Atlanta, 1.5 in più della stagione regolare), Randle è passato da 24.1 a 14.7 punti e da 6.0 a 3.3 assist a partita, arrivando quasi a dimezzare la percentuale al tiro (dal 45.6% al 24.1%) e abbassando di 11 punti quella dall’arco (dal 41.1% al 30.0%).


L’unica spiegazione è un crollo piscologico

La prima ipotesi che può venire in mente riguardo la possibile causa di un simile calo è sicuramente l’adattamento della difesa avversaria. Atlanta infatti, conscia delle capacità del n°30, cerca di raddoppiarlo con continuità e di costringerlo a fargli prendere palla in zone poco pericolose del campo, dimostrando peraltro grande attenzione su tutte le linee di passaggio. Quando gli avversari ti riservano un trattamento del genere è difficile rendere al meglio, soprattutto se non si è una superstar: ecco allora che arrivano tiri forzati e presi con poca lucidità, palle perse e l’impantanarsi della fase offensiva.
Questa potrebbe sicuramente essere se non la, almeno una causa di rilievo nel condizionare le performance di Randle. Peccato che l’ex Lakers abbia subito un trattamento simile per quasi tutta l’ultima parte di stagione, in cui non sembra aver faticato (solo tre volte sotto i 20 punti nelle ultime dieci partite, mentre per cinque volte ha chiuso con 30+ punti). Inoltre, va evidenziato che diversi errori arrivano da tiri che sono nelle sue corde e che durante la stagione ha dimostrato di saper realizzare con una certa frequenza.

Un esempio di come gli Hawks tentino di raddoppiare Randle, costringendolo ad una palla persa piuttosto insiepgabile

Eliminata questa possibilità, ne rimane sostanzialmente una sola: il fattore psicologico. A 26 Randle si ritrova infatti alla sua prima esperienza nella postseason e, come se non bastasse a livello emotivo, ci è entrato da giocatore chiave della propria squadra. Quindi pensate solo a quale impatto può avere nella mente di un giocatore il debutto ai playoff, poi aggiungeteci tutta la pressione derivante dai tifosi (che non dimentichiamolo sono tornati a riempire le arene) che contano soprattutto sulle tue giocate, e infine, come ciliegina sulla torta, contestualizzate il tutto nella realtà di New York e del Madison Square Garden.

Insomma, sapere di avere gli occhi di 15.000 persone costantemente puntati addosso in attesa di una giocata che li faccia saltare in piedi non è una situazione così facile da gestire. Soprattutto se, come abbiamo già affermato, si è alla prima esperienza di quel tipo e non si è una superstar, fattori a cui va peraltro aggiunto un carattere che evidentemente è tutt’altro forte come quello di altri colleghi (si pensi ad esempio a Trae Young, anche lui nei panni della star della franchigia all’esordio ai playoff).



Sebbene i Knicks in qualche modo abbiano tenuto botta in queste prime tre gare, soprattutto grazie a Derrick Rose, è evidente che l’unico modo in cui i newyorkesi possano giocarsi il passaggio del turno è un risveglio di quel Julius Randle che ha ottenuto il Most Improved Player of the Year e che ha messo a ferro e fuoco le difese della NBA durante la stagione regolare. Un aiuto per sbloccarsi a livello psicologico potrebbe arrivare proprio dall’ex MVP, che da un lato con la sua esperienza è in grado di dispensare utili consigli, dall’altro grazie alla sua produttività può togliere un po’ di peso e tensione dalle mani del compagno.

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