L’attenzione di tutti è ormai attratta dagli infuocati playoff, ma noi ci prendiamo una pausa dalla bagarre per tornare a parlare dei rookie con l’appuntamento conclusivo della nostra rubrica. Anticipiamo la NBA e ci esponiamo con i verdetti di fine stagione.
Il nostro Rookie of the Year
L’aspetto positivo di non dover sottostare alle valutazioni del premio ufficiale è quello di poter scegliere liberamente la matricola che più ci ha impressionato. Per quanto mostrato nelle sue apparizioni in maglia Hornets, Ball è più che meritevole del riconoscimento di Rookie of the Year. Le cifre di per sé parlano già chiaramente (quasi 16 punti, 6 rimbalzi e 6 assist di media), ma è la naturalezza con la quale è diventato il riferimento tecnico di Charlotte che pesa in questa decisione. Anche i compagni più esperti e irrequieti (Rozier, solo per fare un nome) ne hanno riconosciuto il ruolo, conquistati dalla facilità con la quale il gioco della pallacanestro fluisce dalle mani e dalla mente di LaMelo. Le prestazioni “snocciolate” poco prima d’infortunarsi sono il miglior modo per convalidare la nostra decisione: 27 punti e 9 assist contro i Bucks; 24 punti e 10 assist ai Rockets; 22 punti contro i Sixers; 17 punti, 12 rimbalzi, 8 assist contro gli Spurs, 34 punti e 8 assist contro i lanciatissimi Jazz; 20 punti e 8 assist contro Chris Paul e i Suns; 23 punti, 6 assist e 9 rimbalzi nella vittoria contro Toronto; per finire, la tripla-doppia contro Atlanta, con la quale è entrato nei libri dei record della NBA come il giocatore più giovane a riuscirci. L’infortunio al polso ci ha privato del piacere di ammirarlo per 21 partite, ma i match di maggio ci hanno riconsegnato uno dei protagonisti della NBA che verrà.

Quello ufficiale?
Chissà se le assenze di LaMelo saranno così decisive da permettere ad Anthony Edwards di succedere a Ja Morant nell’albo d’oro. Sia chiaro, la guardia di Minnesota può avanzare, comunque, una candidatura molto credibile dopo una stagione da oltre 19 punti di media, e la sua nomina non sarebbe certo uno scandalo.
Gli stenti d’inizio stagione sono solo un ricordo, anche se eccede ancora nelle conclusioni dall’arco (soluzione nella quale deve migliorare, come dimostra il 33% stagionale) e non sempre si muove senza palla con la stessa naturalezza con la quale attacca dal palleggio.
Ma “Ant” è cresciuto costantemente nella comprensione del basket NBA, rifinendo le letture e migliorando le scelte di tiro. Per lunghi tratti ha rappresentato la prima opzione offensiva dei Wolves, mettendosi in luce per alcune esplosioni realizzative (42 contro Memphis, 30 contro Dallas, 29 contro i Lakers di un LeBron molto colpito dall’impatto della giovane matricola) che sembrano il preludio a un futuro da scorer di alto livello nella lega. Così come le sue violente schiacciate lo renderanno un idolo per i tanti appassionati.
Il sottovalutato
Mai definizione è stata più appropriata, perché Tyrese Haliburton è sempre stato sottovalutato: al liceo non figurava tra i migliori 150 prospetti, al Draft ha dovuto attendere la dodicesima scelta per sentire il suo nome. La realtà ha sempre sovvertito tanto scetticismo, dato che, sebbene i Kings fossero più che coperti nel ruolo, Tyrese è emerso come una delle matricole più convincenti della stagione. Nel ruolo di sesto uomo, oppure in quintetto quando De’Aaron Fox o Buddy Hield sono restati a riposo, ha contribuito con la solita efficacia che lo contraddistingue da quando era la stella di Iowa State. Rarissimo vederlo perdere un pallone, forzare un tiro o prendere la decisione sbagliata (3.35 è l’incredibile “assist-turnover ratio”), Tyrese è il sogno di ogni coach. Anche di quelli avversari, come dimostrano i tanti attestati di stima manifestati nel corso di quest’annata.

Lo sconosciuto
Si può definire sconosciuto un giocatore che è riuscito a collezionare ben 58 partenze in quintetto nella NBA? Se quel giocatore è Jay’Sean Tate, si può.
Senza barare, chi aveva mai sentito parlare di Tate prima di leggerlo nel box score di una delle prime esibizioni dei Rockets? Pochi, scommettiamo. Sicuramente, gli appassionati del College Basket si ricorderanno delle sue prestazioni a Ohio State, con cui aveva iniziato la carriera assieme a D’Angelo Russell e Keita Bates-Diop. Al Draft del 2018 nessuna delle trenta franchigie aveva pensato di spendere neanche una seconda scelta, così Tate aveva iniziato un lungo viaggio che lo ha portato a conoscere i palazzetti del Belgio e dell’Australia. Quest’inverno è poi arrivata la chiamata dei Rockets, una franchigia alle prese con la grana Harden e, successivamente, con una difficile ricostruzione. Per i tifosi di Houston il campionato che si è appena chiuso è stato davvero un inferno, ma per il venticinquenne di Toledo nessun anno è stato così dolce come il 2021. Finalmente ha esaudito il sogno di ogni giocatore di basket: debuttare nella NBA e diventarne un protagonista. I Rockets in rebuilding sognano di poter ripartire da Jade Cunningham, ma sicuramente sanno di aver trovato in Jae’Sean un elemento chiave della squadra del futuro, un lottatore che potrebbe diventare il “nuovo” P.J. Tucker.

La delusione
I tifosi di New York sono talmente emozionati per la stagione incredibile dei loro Knicks (anche se i playoff si sono conclusi prima del previsto…) che non hanno tempo, e voglia, di soffermarsi sul difficile esordio di Obi Toppin (4 punti e 2 rimbalzi in 11 minuti di media). Già in sede di Draft erano state sottolineate quelle lacune che il sistema di Tom Thibodeau ha poi palesato alla grande. A complicare il tutto, poi, ci ha pensato un Julius Randle mai così convincente e scintillante nel corso della sua carriera, il cui rendimento stellare ha azzerato le possibilità di Obi di mettersi in mostra. Nessun dramma, a New York ripongono ancora tanta fiducia in Toppin, quindi avrà modo di rifarsi il prossimo anno.
I nostri quintetti
First Team All-Rookie
LaMelo Ball (Charlotte Hornets): il migliore, per una volta Jordan ha scelto bene al Draft…
Anthony Edwards (Minnesota Timberwolves): quest’anno l’unico motivo per sorridere a Minneapolis…
Tyrese Haliburton (Sacramento Kings): assieme a Fox, il futuro della franchigia californiana…
Saddiq Bey (Detroit Pistons): non una stella, ma un solido elemento dei Pistons del futuro…
Immanuel Quickley (New York Knicks): una gradita sorpresa nella stagione speciale dei Knicks…
Second Team All-NBA
James Wiseman (Golden State Warriors): tanti contrattempi fisici, ma anche tanto potenziale…
Payton Pritchard (Boston Celtics): combattente che sarà l’idolo del Garden nei prossimi anni…
Theo Maledon (Oklahoma Thunder): seconda scelta molto interessante… la steal of the Draft?
Malachi Flynn (Toronto Raptors): uscito nella seconda parte di stagione, ma in modo convincente…
Desmond Bane (Memphis Grizzlies): tiratore esperto che ha trovato la sua nicchia nei Grizzlies…