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Durant leggendario, Bucks spreconi: i Nets conquistano gara-5 e salgono 3-2

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49 punti, 17 rimbalzi, 10 assist, 3 rubate, 2 stoppate, 12/14 da due, 4/9 da tre, 13/16 ai liberi. Il tutto giocando ogni singolo minuto e vedendosi praticamente ogni singolo tiro contestato da almeno un difensore.
Al Barclays Center di Brooklyn questa notte Kevin Durant è sceso in campo nei panni di un alieno. Record di punti per un giocatore dei Nets in una partita dei playoff e, soprattutto, primo giocatore della storia a registrare nella postseason una prova da 45+ punti, 15+ rimbalzi e 10+ assist. A tutti gli effetti una prestazione leggendaria, di quelle che in America vengono definite “for the ages”.

KD trascina Brooklyn ad una vittoria che, nonostante il ritorno di James Harden, era tutt’altro che scontata. L’ex Rockets gioca quasi 46′ (alla faccia del load management) fatturando 6 rimbalzi e 8 assist, dando anche una discreta mano – ove possibile – in difesa, ma a livello realizzativo è stato praticamente nullo: 5 punti, 1/10 dal campo, 0/8 dall’arco, 3/3 ai liberi e un ritmo di gioco che appartiene ad un giocatore che è tutto meno che in forma. Pure Harris, da cui ci si aspettava una reazione importante, ha steccato, chiudendo con 5 punti (2/11 dal campo, 1/7 dall’arco) in 37 minuti d’azione.
A sostenere Durant ci hanno tuttavia pensato Griffin (17 punti, 7/11 al tiro) e, soprattutto, Green: dopo aver faticato al rientro in campo durante gara-4, il veterano nella notte piazza una solida prestazione su ambo le metà campo firmando 27 punti (8/11 dal campo, 7/8 dall’arco, 4/4 ai liberi), 3 assist e 1 stoppata.

Dall’altro lato i Bucks gettano al vento 17 lunghezze di vantaggio e non capitalizzano i 78 punti del trio formato da Antetokounmpo (34), Middleton (25) e Holiday (19). Milwaukee che avrebbe potuto, e dovuto, portare a casa la partita senza sconti, e che invece, incomprensibilmente, ha tenuto in partita gli avversari fino all’ultimo, finendo con il subire lo show di un Durant che ha segnato o assistito 43 degli ultimi 52 punti di squadra.
Una sconfitta che mette ancora una volta in luce tutti i limiti tattici di una squadra che pare non riuscirsi ad esprimere al 100%. Difensivamente non è chiaro né come sia possibile che i Bucks non abbiano aggredito (anche in attacco) per tutta la partita un Harden che si reggeva a malapena in piedi né come Antetokounmpo – almeno – nel finale non sia stato piazzato in copertura su Durant (con Tucker che aveva problemi di falli e Middleton/Holiday troppo poco fisici o piccoli per contenerlo). In attacco invece, al di là di una serata non proprio devastante al tiro per Middleton e Holiday, il problema è sempre lo stesso, ovvero l’utilizzo del buon Giannis: al greco viene affidato un gran quantitativo di possessi sperando che riesca a combinare qualcosa in 1vs1 e se non arriva ad un metro e mezzo dal ferro allora sono guai, dato che floater, palleggio arresto e tiro, fadeaway e altro non gli appartengono. Lopez nel ruolo di spot-up shooter funziona fino ad un certo punto e non si può pensare di tenere spesso e volentieri un giocatore di 213 cm per 127kg fuori dall’arco, considerato soprattutto che il rendimento dalla lunga distanza è inferiore al 35% (su 4 tentativi).

Insomma, Milwaukee per avere ancora qualche speranza deve cambiare qualcosa dal punto di vista tattico, perché così è evidente che la squadra rende solo fino ad un certo punto (e tra l’altro contro una squadra che difensivamente è tutt’altro che elitaria).

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