Ben Simmons, senza grandi sorprese, è stato individuato come capro espiatorio dell’uscita di scena dei Philadelphia 76ers dai playoff. Sebbene infatti difensivamente abbia fatto il suo, è venuto completamente a mancare – anche solo a livello di leadership – in fase offensiva, chiudendo la serie con appena 45 conclusioni tentate dal campo in 7 partite (rifiutando un qualsiasi accenno di tiro nei quarti periodi delle ultime quattro sfide) e tirando i liberi con il 33.3% (34.2% totale ai playoff, la percentuale più basse di sempre per un giocatore con almeno 70 tentativi).
“In questa serie non ho tirato bene dalla lunetta. Offensivamente non c’ero. Non ho fatto abbastanza per i miei compagni… Ci sono tante cose su cui devo lavorare.
Amo stare a Philadelphia e adoro questa società. I tifosi sono grandi persone. Ho giocato una brutta serie e mi aspetto tutte quelle critiche. E’ Philadelphia”
Questo il commento del prodotto di LSU dopo la sconfitta di gara-7, in cui ha fatturato appena 5 punti (2/4 dal campo, 1/2 ai liberi; conditi da 8 rimbalzi e 13 assist).
Senza subbio Simmons ha le sue responsabilità, ma non è possibile incolpare un solo giocatore per il fallimento complessivo dei 76ers. Difensivamente la squadra ha infatti faticato e in attacco si è cercata troppo spesso la soluzione individuale o si perdeva troppo tempo per provare a servire con insistenza Embiid. Inoltre va ricordato che la truppa di coach Rivers in ben tre match ha avuto una doppia cifra di vantaggio da difendere negli ultimi minuti ed è finita con il perdere tutte le partite considerate. Insomma, al di là di Simmons bisognerebbe fare qualche ragionamento più generale sui motivi di un tonfo piuttosto pesante.