Apolide fino ai 19 anni, dalle strade di Atene con un futuro tutt’altro che roseo segnato da mille difficoltà, al tetto del mondo da protagonista assoluto: quella di Giannis Antetokounmpo è una di quella favole sportive che rimangono impresse negli annali.
Dal suo approdo nella lega nel 2013 (15° scelta assoluta), il greco ha avuto una grandissima evoluzione che a 26 anni lo ha già portato ad essere uno dei giocatori più premiati di sempre: due MVP della regular season, un Defensive Player of the Year, un Most Improved Player of the Year e ora anche un MVP delle Finals. Nelle ultime tre stagioni si è preso tutto, arrivando a quella ciliegina sulla torta rappresentata dall’anello di campione NBA. Traguardo raggiunto nella “sua” Milwaukee, senza vere e proprie star al proprio fianco (non me ne vogliano Middleton e Holiday) o senza essersi venduto ad altre franchigie.
Il buon Giannis in precedenza era diventato il terzo giocatore di sempre (dopo Kareem Abdul-Jabbar e LeBron James) a vincere due MVP consecutivi prima di compiere 26 anni, nonché il terzo giocatore nella storia della NBA (dopo Michael Jordan e Hakeem Olajuwon) a vincere nel medesimo anno il premio di MVP e di Defensive Player of the Year: da oggi è anche il terzo giocatore di sempre (dopo Michael Jordan e Hakeem Olajuwon) a vantare nella propria bacheca almeno un premio di MVP della regular season, un Defensive Player of the Year e un MVP delle Finals.
Un leggendario Antetokounmpo conduce i Bucks al titolo
Negli sport di squadra sono rarissimi i casi in cui il merito di una vittoria possa essere attribuita unicamente ad un giocatore, è il successo dei Bucks non fa eccezione. L’apporto su ambo le metà campo di Khris Middleton (24.0 punti, 6.3 rimbalzi, 5.3 assist, 1.5 rubate, 44.8% dal campo, 35.6% dall’arco) e Jrue Holiday (16.7 punti, 6.2 rimbalzi, 9.3 assist, 2.2 rubate) sono stati assolutamente decisivi, così come i contributi di PJ Tucker, Brook Lopez e Bobby Portis, ma alla fine il protagonista indiscusso di queste Finals possiamo tranquillamente dire che è stato Giannis Antetokounmpo.
Dopo aver realizzato 42 punti in gara-2 e 41 punti in gara-3, The Greek Freak ha chiuso i conti con una performance da 50 punti (16/25), 14 rimbalzi, 2 assist e 5 stoppate: si tratta della prima volta nella storia della NBA che un giocatore metta a referto 50+ punti, 10+ rimbalzi e 5+ stoppate in una partita delle Finals. Antetokounmpo che così diventa anche il sesto giocatore di sempre (dopo Jerry West, Michael Jordan, Rick Barry, Shaquille O’Neal e LeBron James) a realizzare 40+ punti in almeno tre partite delle Finals, nonché il secondo di sempre (dopo Shaquille O’Neal) a fatturare almeno tre partite da 40+ punti e 10+ rimbalzi.
Serie di risultati storici che culmina con un primato non da poco: il buon Giannis è infatti il primo giocatore della storia della NBA a chiudere delle Finals con 30+ punti, 10+ rimbalzi, 5+ assist di media e almeno il 60.0% al tiro (in particolare, rispettivamente, 35.2, 13.2, 5.0 e 61.8%). Il tutto condito anche da 1.2 rubate e 1.8 stoppate a match.
Sogno infranto per CP3 e i Suns
In tanti si auguravano che per Chris Paul fosse finalmente arrivato il momento del primo anello, e dopo il vantaggio iniziale di Phoenix sul 2-0 la cosa sembrava essere veramente ad un passo dal realizzarsi. Peccato che i Suns siano poi crollati, un po’ per demeriti propri e un po’ in seguito all’innalzamento del livello dei Bucks. Per la franchigia dell’Arizona sembra essere comunque solo l’inizio di un roseo futuro.
Paul chiude la sua postseason con 19.2 punti, 3.5 rimbalzi, 8.6 assist, 1.2 rubate, il 49.7% dal campo e il 44.6% dall’arco, ottenendo il suo primo sweep ai playoff e soprattutto la sua prima partecipazione alle Finals a suon di prestazioni semplicemente incredibili. Contro i Bucks i numeri di CP3 parlano di 21.8 punti, 8.2 assist, 55.0% dal campo e 52.2% dall’arco.
Booker e Ayton alla loro prima apparizione ai playoff non si sono di certo fatti trovare impreparati e hanno messo in piedi un discreto show per essere rispettivamente classe 1996 e 1998. Il primo chiude la propria postseason con 27.3 punti, 5.6 rimbalzi, 4.5 assist, il 44.7% dal campo e il 32.1% dall’arco (alle Finals il fatturato parla di 28.2 punti, 3.5 rimbalzi, 4.0 assist, 45.5% dal campo e 26.8% dall’arco); il secondo invece è diventato il primo giocatore di sempre a far registrare una postseason da 15+ punti e 10+ rimbalzi con almeno il 65% al tiro. Nello specifico i numeri di Ayton parlano di 15.8 punti, 11.8 rimbalzi e il 65.8% dal campo, valori che alle Finals sono leggermente calati (14.7 punti, 12.0 rimbalzi, 53.1% dal campo).
Non dimentichiamoci infine di Cameron Payne, l’asso nella manica dei Suns (postseason da 9.3 punti, 2.5 rimbalzi, 3.2 assist e appena 1.1 perse di media con il 42.5% dal campo e il 36.2% dall’arco), e delle sorprendenti performance di Mikal Bridges (prima apparizione playoff da 11.1 punti, 4.2 rimbalzi, 1.0 rubata, 48.4% dal campo e 36.8% dall’arco) e Cameron Johnson (prima apparizione playoff da 8.2 punti, 3.1 rimbalzi, 50.0% dal campo e 44.6% dall’arco).