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Milwaukee Bucks 2020/21, We are the Champions

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Al termine di una stagione difficilissima, caratterizzata dalle incertezze legate alla pandemia e dagli infortuni eccellenti, i Milwaukeee Bucks si sono laureati campioni NBA. Per la franchigia è il coronamento di un lungo processo, che l’ha portata dal rischio di trasferimento e dal peggior record NBA (15 vittorie e 67 sconfitte nel 2013/14) al trono della lega. Andiamo a scoprire nel dettaglio il percorso che ha condotto ogni componente del roster al tanto agognato anello. A cominciare dall’allenatore.


Mike Budenholzer
Il timoniere dei Bucks inizia la sua carriera da allenatore in Danimarca, dove ha giocato una sola stagione da professionista. Le sue doti in panchina sembrano più promettenti di quelle sul parquet, tanto che i San Antonio Spurs gli offrono un posto da video coordinator. Budenholzer resta in Texas dal 1994 al 2013, scalando le gerarchie fino a diventare il primo assistente di Gregg Popovich e prendendo parte alla dinastia nero-argento, che porta alla franchigia quattro titoli NBA. Viene scelto come capo-allenatore dagli Atlanta Hawks, che guida per cinque stagioni. La migliore di queste è indubbiamente il 2014/15, chiuso in finale di Conference e con il premio di Coach Of The Year. Nei tre anni successivi ricopre il doppio ruolo di allenatore-presidente, ma nel 2018 l’inizio del rebuilding porta alla separazione consensuale. Quando Coach Bud arriva a Milwaukee, i Bucks sembrano su un binario morto, incapaci di superare il primo turno playoff nonostante un roster ricco di talento. Con l’arrivo di Budenholzer al posto di Jason Kidd e la contemporanea esplosione di Giannis Antetokounmpo, i Bucks diventano una corazzata inaffondabile, almeno in regular season. Due primi posti consecutivi nella Eastern Conference e un altro Coach Of the Year Award per Bud, ma ai playoff la musica cambia: nel 2019 i Toronto Raptors vincono in rimonta le Conference Finals, l’anno dopo i Miami Heat strapazzano gli spauriti Bucks al secondo turno. Quando i Brooklyn Nets si portano sul 2-0 nei playoff 2021, Budenholzer, accusato di poca versatilità tattica, è a un passo dal licenziamento. Il resto è storia, con la vittoria in rimonta e la trionfale cavalcata al titolo NBA. Un successo che dovrebbe garantire la conferma all’esperto coach.

Coach Mike Budenholzer, qui tra Khris Middleton e Giannis Antetokounmpo, festeggia il titolo vinto con i Bucks
Coach Mike Budenholzer, qui tra Khris Middleton e Giannis Antetokounmpo, festeggia il titolo vinto con i Bucks

Justin Jackson, Elijah Bryant, Jordan Nwora, Sam Merril, Mamadi Diakitè & Axel Toupane
Un titolo vinto da ‘comparse’ per i giovani dei Bucks. Bryant è arrivato a maggio dopo tre anni nel campionato israeliano (vinto nel 2020 col Maccabi Tel Aviv), Nwora, Merrill e Diakitè (campione anche in G-League con i Lakeland Magic) sono due seconde scelte e un undrafted della classe 2020. Tutti ragazzi che hanno trovato spazio a inizio stagione, salvo poi rimanere seduti con l’aumentare della posta in palio. Avranno tempo e modo per mettersi in luce, nel frattempo si godono un esordio da Campioni NBA. Discorso a parte per Jackson e Toupane, due autentici ‘nomadi’ della palla a spicchi. Il primo, campione NCAA con North Carolina nel 2017, ha cambiato quattro franchigie in altrettante stagioni da professionista. Toupane alza il Larry O’Brien Trophy dopo un decennio passato a girovagare tra Europa e G-League.

Thanasis Antetokounmpo
Il fratello maggiore di Giannis ha ricoperto un ruolo più importante fuori dal campo che sul parquet, dove comunque ha dispensato atletismo, furore agonistico e difesa ogni volta che è stato chiamato in causa. Thanasis è da sempre un imprescindibile punto di riferimento per il due volte MVP. Nel 2019, dopo tre stagioni in G-League e altrettante fra Andorra e Grecia, viene messo sotto contratto dai Bucks. Sebbene il suo ruolo sia principalmente quello di ‘ancora’ per Giannis, riesce a ritagliarsi un piccolo spazio sia in regular season, sia nei trionfali playoff 2021. Dopo Kostas (campione con i Lakers nel 2020) e insieme a Giannis, completa l’incredibile tris dei fratelli Antetokounmpo, partiti dalle strade di Atene e finiti sul tetto del mondo NBA.

Bryn Forbes
Undrafted nel 2016, il tiratore da Michigan State è fra i volti degli Spurs nell’era post-Tim Duncan, partendo in quintetto tra il 2018 e il 2020. Nella sua prima stagione ai Bucks si è calato nei panni dello specialista puro, chiudendo la regular season a 10 punti di media (tirando con il 45% dall’arco) e collezionando 20 apparizioni ai playoff. Il prossimo ottobre, i suoi sforzi e le sue capacità di adattamento verranno premiati con un anello luccicante.

Jeff Teague
Durante la sua prima esperienza agli ordini di Mike Budenholzer, con la maglia degli Atlanta Hawks, Teague vive il periodo migliore della sua carriera, debuttando all’All-Star Game nel 2015. Da quel momento in avanti, la sua stella si va spegnendo in un tortuoso sentiero che lo porta a vestire le maglie di Indiana, Minnesota, di nuovo Atlanta (richiamato per fare da ‘chioccia’ a Trae Young) e Boston. Sul piano statistico, i pochi mesi trascorsi ai Bucks non sono stati indimenticabili (6.6 punti di media in 16 minuti scarsi durante la regular season, 2 punti in 7 minuti ai playoff), ma gli hanno permesso di coronare con il Larry O’Brien Trophy una carriera assolutamente degna di nota.

Donte DiVincenzo
La miglior stagione nella carriera dell’italoamericano, due volte campione NCAA con VIllanova, si è interrotta sul più bello per un infortunio al piede sinistro, ma ‘Big Ragù’ si mette l’anello al dito con pieno merito. Il suo 2020/21 è iniziato con la mancata trade che avrebbe dovuto portarlo a Sacramento, tra le contropartite per Bogdan Bogdanovic, è proseguito con 66 partite da titolare a 10.4 punti e 5.8 rimbalzi di media ed è finito a bordocampo, con un piede fuori uso, a guardare i compagni conquistare uno storico titolo NBA. Un trofeo vinto anche grazie al suo prezioso contributo.

Pat Connaughton
Dopo aver rinunciato a una carriera nella Major League Baseball nel 2014 (scelto al draft dai San Diego Padres), l’anno dopo viene selezionato con la quarantunesima chiamata dai Brooklyn Nets, che cedono subito i suoi diritti ai Portland Trail Blazers. In Oregon gioca tre stagioni, partendo sempre dalla panchina e facendosi notare per l’insospettabile atletismo. Nel 2018 firma da free agent con i Milwaukee Bucks, ritagliandosi un ruolo importante nelle rotazioni di Mike Budenholzer. Particolarmente prezioso il suo contributo nelle Finals 2021, chiuse a 9.2 punti di media con il 44% dall’arco.

Alcuni protagonisti del titolo dei Bucks. Da sinistra: Bobby Portis, Khris Middleton e P.J. Tucker
Alcuni protagonisti del titolo dei Bucks. Da sinistra: Bobby Portis, Khris Middleton e P.J. Tucker

Bobby Portis
Il volto spiritato di ‘Crazy Eyes’ Portis rimarrà a lungo nella storia dei Bucks e nella memoria dei loro tifosi, di cui Bobby è diventato un idolo. Viene scelto dai Chicago Bulls con la ventiduesima chiamata al draft 2015 e in Illinois si guadagna una doppia fama: da una parte l’affidabile lungo di riserva, che di tanto in tanto sfodera qualche notevole prestazione individuale, dall’altra il folle ‘picchiatore’ che con un pugno manda all’ospedale il compagno Nikola Mirotic. A febbraio 2019 viene spedito a Washington nella trade che porta ai Bulls Otto Porter e l’estate seguente firma per i New York Knicks, con cui mette a referto buone cifre (10.1 punti e 5.1 rimbalzi) in uscita dalla panchina. I Knicks lo lasciano libero e Bobby trova l’accordo con i Bucks. Dà un contributo fondamentale nella corsa al titolo NBA, garantendo sostanza dalla panchina, rimpiazzando in quintetto l’infortunato Giannis Antetokounmpo nella serie contro Atlanta e segnando canestri pesantissimi in finale. 

P.J. Tucker
Difficile trovare una marcia di avvicinamento al titolo più faticosa di questa. Tucker arriva ai Toronto Raptors nel 2006, insieme ad Andrea Bargnani. Il ‘Mago’ è la prima scelta assoluta del draft, P.J. è un roccioso atleta senza ruolo pescato con la trentacinquesima chiamata. Dopo una stagione trascorsa più in D-League che in prima squadra, inizia un vagabondaggio lungo cinque anni tra Israele, Ucraina, Grecia, Italia (Montegranaro), Portorico e Germania. Nel 2012, con la maglia del Bamberg, vince il campionato tedesco e il premio di MVP delle finali. In estate si accorda con lo Spartak San Pietroburgo, ma prima tenta un ultimo approccio alla NBA. Torna alla Summer League e riesce a strappare un contratto con i Phoenix Suns. E’ l’inizio della sua seconda carriera NBA, in cui mette il fisico e le spiccate doti difensive al servizio di Suns, di nuovo Raptors e Houston Rockets, con i quali raggiunge le finali di Conference nel 2018. Alla trade deadline 2021, con la franchigia texana in ricostruzione, Tucker viene ceduto ai Milwaukee Bucks. Il ‘lavoro sporco’ e l’asfissiante difesa sui migliori giocatori avversari compensano ampiamente le sue lacune offensive, e lo rendono insostituibile agli occhi di coach Budenholzer. La vittoria del Larry O’Brien Trophy rappresenta il raggiungimento di Itaca dopo un’interminabile odissea, il coronamento della ‘vita da mediano’ cestistica di P.J. Tucker.

Brook Lopez
Anche il gemello di Robin ha avuto due carriere ben distinte, nelle sue tredici stagioni NBA. La prima lo ha visto brillare con la maglia dei Nets, negli anni del passaggio dal New Jersey a Brooklyn, e conquistare una convocazione all’All-Star Game 2013 grazie alle sue doti nel pitturato. Dopo nove stagioni, Brook se ne va da miglior realizzatore nella storia della franchigia. Viene ceduto ai Los Angeles Lakers, insieme ai diritti su Kyle Kuzma, nello scambio che porta D’Angelo Russell a Brooklyn. Prima di affondare insieme ai gialloviola, fa in tempo a mostrare un’anteprima della sua ‘seconda vita’ cestistica. Nella stagione 2016/17, sotto la guida di Kenny Atkinson, tenta 387 triple, segnandole col 35%. Nelle otto annate precedenti ne aveva tentate 31 in totale. Le nuove doti della ‘Splash Mountain’ si rivelano preziosissime per coach Mike Budenholzer, che lo chiama a Milwaukee e lo rende un pilastro della corazzata Bucks. Nella corsa al titolo 2021 è tutt’altro che continuo sul piano offensivo, ma Lopez si regala una gara-5 da protagonista contro Atlanta e contribuisce alla vittoria decisiva per l’anello con dei canestri pesantissimi.

Jrue Holiday
La guardia da UCLA inizia la sua carriera NBA con i Philadelphia 76ers, che nel 2009 spendono per lui la diciassettesima chiamata al draft. Jrue è tra gli uomini di punta della giovane squadra che arriva al secondo turno playoff nel 2012, complice l’infortunio di Derrick Rose nella serie contro Chicago. L’anno seguente, con Andre Iguodala partito in direzione Denver, Holiday diventa il leader del gruppo e viene convocato al suo primo (e fin qui unico) All-Star Game. A Philadelphia inizia ‘The Process’, così Jrue viene spedito da Sam Hinkie a New Orleans in cambio della giovane promessa Nerlens Noel. La carriera di Holiday viene frenata da una serie di gravi infortuni, dall’improvvisa malattia della moglie Lauren (poi guarita) e dalla mediocrità dei Pelicans i quali, nonostante la presenza di Anthony Davis, riescono a superare solo una volta il primo turno playoff. In Louisiana, Jrue emerge come uno dei migliori difensori NBA. I Bucks lo vogliono a tal punto da sacrificare Eric Bledsoe e cinque prime scelte per portarlo a Milwaukee. Nel corso della stagione 2020/21, la franchigia gli concede una maxi-estensione contrattuale da 160 milioni di dollari in quattro anni. Holiday ripaga appieno tale fiducia; viene incluso nel primo quintetto All-Defensive e diventa l’incubo delle star avversarie ai playoff. Suggella le sue prime NBA Finals con una grandissima gara-5, chiusa con 27 punti, 13 assist e l’azione che decide la partita: palla rubata a Devin Booker e alley oop per Giannis Antetokounmpo.

Khris Middleton
Nel 2012 viene chiamato con la trentanovesima scelta al draft, dopo Quincy Miller (oggi al Benfica) e prima di Will Barton, dai Detroit Pistons. Trascorre gran parte del suo anno da rookie in panchina, collezionando 27 apparizioni totali e 3 presenze in D-League. In estate viene coinvolto nello scambio tra i due Brandon: Jennings sbarca a Detroit, Knight accompagna Middleton a Milwaukee. Khris sembra giusto un riempitivo per la trade, ma finirà per diventare il miglior giocatore dell’intero lotto. Viene schierato da ala piccola titolare in quella che, all’epoca, è la peggiore squadra NBA, contendendosi il posto con un misterioso rookie arrivato dalla Grecia. Sotto la guida di coach Jason Kidd si impone come un pilastro dell’eterna promessa Bucks, che tra il 2015 e il 2018 si ferma tre volte al primo turno playoff. L’avvento in panchina di Mike Budenholzer segna il punto di svolta, per la franchigia e per Middleton, che sale ulteriormente di livello, si consacra come ‘secondo violino’ e si guadagna due convocazioni all’All-Star Game. Dopo aver condiviso con Giannis Antetokounmpo l’amaro sapore della sconfitta in troppe occasioni, Khris e l’eterno compagno incidono a fuoco i loro nomi nella storia NBA. Middleton è determinante nella conquista del titolo con una serie di prestazioni memorabili. Risolve la complicatissima gara-1 contro Miami con un canestro allo scadere dell’overtime, ne mette 38 in gara-6 contro Brooklyn e altri 38, di cui 20 nel solo quarto periodo, in gara-3 contro Atlanta. Senza l’infortunato Giannis chiude la serie contro gli Hawks con una prova da 32 punti, poi griffa le Finals con i 40 punti di gara-4 e con i canestri che mettono in ghiaccio lo champagne e gli permettono di sollevare con orgoglio il Larry O’Brien Trophy. Mica male, per uno che era partito come riserva di Rodney Stuckey…

Uno straordinario Giannis Antetokounmpo è l'MVP delle Finals 2021
Uno straordinario Giannis Antetokounmpo è l’MVP delle Finals 2021

Giannis Antetokounmpo
Il percorso che ha portato questo ragazzo sul trono NBA è talmente incredibile e avventuroso da meritare un film, che infatti è già in produzione sotto l’egida della Disney. Dopo un’infanzia da clandestino passata a vendere merce contraffatta sulle strade di Atene, dove la famiglia è arrivata dalla Nigeria, le spaventose doti fisiche e atletiche permettono a Giannis di entrare nelle giovanili del Filathlitikos. Nel 2011, a 16 anni, debutta in prima squadra, contribuendo alla promozione in Serie A2 greca. Ben presto il suo immenso potenziale attrae gli sguardi degli scout NBA, che iniziano a farsi vedere nella palestra oggi ribattezzata in suo onore. Entra nella lega nel 2013, selezionato dai Milwaukee Bucks dopo che quattordici franchigie hanno preferito puntare su altri nomi (l’elenco non può che far sorridere, a posteriori). E’ a tutti gli effetti un oggetto misterioso: nel peggiore dei casi tornerà in Europa l’anno seguente, nel migliore… La scalata di Antetokounmpo alle gerarchie NBA è un’inesorabile e inarrestabile progressione. Nel 2014 viene inserito nel secondo quintetto All-Rookie, nel 2015 raddoppia la sua media punti, nel 2017 debutta all’All-Star Game, viene incluso nel secondo quintetto All-NBA e nel secondo All-Defensive e viene premiato come Most Improved Player of The Year. E’ il suo biglietto d’ingresso nell’èlite NBA. Nel 2018 è nuovamente nel secondo quintetto All-NBA e l’anno dopo, con l’arrivo di Coach Bud in panchina, esplode una volta per tutte. Tra il 2019 e il 2021 viene incluso sia nel primo quintetto All-NBA che nel primo All-Defensive, vince due premi di MVP consecutivi e al secondo abbina il trofeo di Defensive Player Of The Year (solo Michael Jordan e Hakeem Olajuwon ci sono riusciti prima di lui). I ripetuti insuccessi ai playoff e gli evidenti limiti al tiro fanno la felicità di detrattori e scettici, ma Giannis trova il modo di zittirli definitivamente. La stagione 2020/21 è quella che lo consacra nell’Olimpo dei più grandi. Prima arricchisce la sua bacheca con il trofeo di All-Star Game MVP, poi trascina i Bucks al titolo NBA disputando delle Finals leggendarie. In dubbio fino all’ultimo momento per uno spaventoso infortunio al ginocchio subito contro Atlanta, distrugge i Phoenix Suns con tre partite da almeno 40 punti e 10 rimbalzi, con una serie di giocate iconiche e con la gara-6 da 50 punti, 14 rimbalzi e 5 stoppate che gli vale il Larry O’Brien Trophy e il premio di Finals MVP. Non ci potrebbe essere finale migliore per il tanto atteso film, se non fosse che la carriera ad alti livelli di questo straordinario giocatore è appena cominciata…




Articolo a cura di Stefano Belli

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