“With the fourth pick, the Minnesota Vikings select Jalen Suggs, from Georgia University”.
Jalen Suggs può finalmente salire sul palco e stringere la mano di Roger Goodell, il commissioner della NFL, e indossare il cappellino viola dei suoi amati “Vichinghi”. Tutto lo Stato del Minnesota può gioire nel vedere uno dei suoi figli sportivi prediletti posare con la divisa numero 1.
No, tranquilli, non avete sbagliato pagina web, e neanche si tratta di una strana allucinazione del sottoscritto. La scena appena descritta è un classico caso “sliding doors”, una situazione che sarebbe potuto accadere facilmente se il protagonista di questo articolo avesse intrapreso un’altra strada.
Vediamo quale.
Jalen nasce a Saint Paul, la città “gemella” di Minneapolis. Fin da piccolo si distingue nello sport, così non è un caso se al liceo diventa la stella sia della squadra di basket che di football.
Eccellere in due sport, specialmente nel basket e nel football, non è una rarità in America: Tony Gonzales, Julius Pepper e Antonio Gates, dopo una rispettabilissima carriera nelle squadre di basket di, rispettivamente, California, North Carolina e Kent State, sono diventati addirittura tutti All-Star della NFL, mentre Charlie Ward, dopo aver vinto del “Neismith Trophy” (il premio della NCAA per il miglior giocatore di football), è diventato il play titolare degli ultimi New York Knicks capaci di approdare alle Finals.
Se sul parquet, Jalen è il playmaker che trascina Minnehaha Academy a tre titoli statali consecutivi, sul “gridiron” (ovvero il campo da football) veste il ruolo di quarterback nella squadra che vince il titolo statale nel 2018 e arriva in finale l’anno successivo. Non è un caso, quindi, che al termine delle due stagioni agonistiche venga nominato “Giocatore dell’Anno” del Minnesota sia nel basket che nel football. Un’accoppiata davvero complessa, tant’è che nello “Stato dei Laghi” non era mai successo in precedenza.

Le 2213 iarde lanciate per 25 touchdown, le 978 corse e i 12 touchdown segnati gli valgono le offerte di borsa di studio da parte di college prestigiosi come Georgia, Ohio State, Michigan State e Iowa. Una condizione che potrebbe complicare la decisione sul futuro, ma a casa Suggs le idee sono già chiare: Jalen giocherà a basket, vestendo la casacca di Gonzaga University. A nulla servono i tentativi di Arkansas, Florida Kansas, e Baylor.
A Spokane si pensa in grande, la squadra è fortissima e ha come unico obiettivo quello di conquistare il Titolo NCAA, un traguardo che ormai sfugge da troppi anni a coach Mark Few. Le prime partite in maglia Zags sono a dir poco sensazionali. Se al debutto segna 24 punti e distribuisce 8 assist nella vittoria su Kansas, a Iowa rifila 29 punti con un incredibile 7/10 dalla distanza. Già dopo le prime esibizioni, si capisce che Suggs é destinato a essere una primissima scelta al Draft, e la scalata repentina nei vari Mock Draft ne è la diretta conseguenza. Non è difficile capire tanto entusiasmo da parte della NBA: il passato sui campi da football gli regala un atletismo che ha pochi eguali, così come la visione periferica risulta esaltata dal suo passato da quarterback. Altri doni del “gridiron” sono la leadership innata e la forza superiore, che si esplicita nella capacità di assorbire facilmente il contatto del difensore e non perdere l’equilibrio quando conclude al ferro.
Con l’evolvere della stagione, Jalen assorbe alla perfezione i dettami e gli schemi di coach Few, diventando sempre di più il regista di un gruppo in cui non mancano i realizzatori. Le statistiche (14,4 punti e 4,5 assist), data la “democrazia offensiva” degli Zags, sono meno esaltanti di quanto avrebbero potuto essere in un altro contesto, ma gli scout gradiscono la sobrietà con la quale si dedica a giocare per gli altri, scegliendo il momento giusto per prendere in mano la partita. L’esempio più lampante è la partita con UCLA alle Final Four, il palcoscenico perfetto per farsi conoscere al grande pubblico.

Nella “Partita dell’anno”, Jalen ha segnato “solo” 16 punti, ma si è preso la scena con due giocate di assoluto talento. Nei tempi regolamentari, a meno di due minuti dal termine e sul 77 pari, ci ha regalato una sequenza “alla Westbrook”: perso Cody Riley sul “pick and roll”, Suggs lo ha inseguito e stoppato da dietro; poi, una volta recuperato il pallone vagante, ha eseguito un chirurgico passaggio schiacciato di dieci metri per servire Drew Timme, lanciatissimo in transizione.
La giusta premessa al punto esclamativo riservato per il gran finale, quella tripla da metà campo, segnata con la freddezza del campione, con la quale ha regalato a Gonzaga la vittoria e l’approdo alla Finale.
Adesso lo aspetta la NBA, piu’ precisamente Orlando. Non doveva andare proprio così, nei giorni precedenti al Draft era data per certa la scelta da parte di Toronto, così da diventare l’erede di Kyle Lowry. Ma il Draft riserva sempre delle sorprese, così la carriera NBA di Jalen comincerà in Florida.
La dirigenza dei Magic, malgrado la presenza di Cole Anthony, Markelle Fultz e R.J. Hampton, non ha esitato nel selezionare un profilo che ricercava spasmodicamente da anni, ovvero un regista con leadership straordinaria e una voglia di vincere impareggiabile. Deve migliorare nel tiro dalla distanza (anche se il 34% non è così male), e non sempre si è distinto per letture di alto livello nell’attacco a metà campo, ma il suo arrivo potrebbe imprimere la spinta decisiva alla ricostruzione iniziata solo pochi mesi fa con le cessioni di Vucevic e Gordon.
Certamente, il pubblico del’Amway Center Arena amerà questo giovane talento spinto da una competitività fuori dal comune e dall’estrema voglia di migliorarsi.