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Evan Mobley, il “nuovo” Anthony Davis?

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Penso di poter essere un ‘generational player’, un giocatore che può segnare un’epoca. Questa è la mia ambizione, e lavorerò duro per realizzarla”.


A Evan Mobley non mancano l’autostima e la fiducia nei propri mezzi, tanto da rasentare il concetto di arroganza. Ma, visto che questa stessa opinione è condivisa da fior di osservatori ed esperti, allora la dichiarazione appare molto meno fuori luogo.
Mi piace molto di più rispetto ad Ayton, Bagley e Wiseman. E’ un difensore molto migliore e anche in attacco è superiore”, ha confessato uno storico scout protetto dall’anonimato.
Mentre un addetto ai lavori, sempre in forma anonima, ha completato il concetto: “Mobley può difendere sul ‘pick and roll’, così da poter stare in campo nei finali di partita. Bagley, per esempio, non può, e anche su Wiseman ci sono dei dubbi. Mobley può cambiare sui piccoli e proteggere il ferro, una qualità difficile da trovare, soprattutto in un talento offensivo come lui.

Non è difficile, quindi, comprendere l’entusiasmo dei tifosi dei Cleveland Cavaliers, la squadra che lo ha selezionato alla terza chiamata assoluta del Draft 2021. Una posizione che ha risentito negativamente della nuova direzione perimetrale della NBA e della presenza di un talento eccezionale come Cunningham, perché Mobley è così speciale che sarebbe stato la prima scelta assoluta in molti dei Draft del passato. Anzi, per molti esperti, è proprio Evan il miglior giocatore del Draft, non Cunningham. Un’esagerazione? Può darsi, ma è davvero difficile trovare un “sette piedi” così elegante sul parquet, capace sia di condurre il contropiede e colpire con il morbido “jump shot”, che andare a rimbalzo e stoppare senza pietà gli avversari.

Tutta l’eleganza di Evan quando conduce la transizione

Quest’anno ha guidato Southern California alle Elite Eight (dove si è arresa all’ imbattibile Gonzaga), conquistando, in un colpo solo, i premi di Conference, Freshman, e Defensive Player of the Year della PAC 12, grazie ai 16.4 punti, 8.7 rimbalzi, 2.9 stoppate e 2.4 assist di media. Una “tripletta” che solo un altro giocatore era riuscito a conquistare: Anthony Davis.
Un nome non a caso, visto che, secondo alcuni osservatori, Evan possiede tutte le qualità per provare a emulare il successo dell’attuale stella dei Lakers. Come Davis, il giovane Evan si distingue per l’estrema versatilità offensiva e la duttilità difensiva. Se in attacco, come il Davis di Kentucky, Mobley preferisce partire fronteggiando il canestro per sfruttare la superiore rapidità, in difesa l’eccellente reattività gli regala una mobilità tale da poter marcare, senza particolari patemi, giocatori molto più piccoli e, sulla carta, veloci. Una qualità essenziale nella NBA di oggi, con l’abbondanza dei cambi difensivi forzati dai “pick and roll”.

Per riuscire ad avere la stessa carriera di Davis (o almeno ad andarci vicino), Mobley dovrà necessariamente migliorare in alcuni aspetti. Innanzitutto, aggiungere un po’ di muscoli a un fisico piuttosto esile, perché le aree NBA, seppur meno fisiche di qualche tempo fa, potrebbero essere indigeste ai suoi cento chili scarsi. In secondo luogo, perfezionare il tiro dalla lunga distanza (sebbene a inizio stagione stesse tenendo un regale 40% dall’arco). Infine, forse la piu’ importante, diventare più cattivo agonisticamente, pretendere maggiormente la palla nei momenti chiave delle partite, così da rimandare al mittente le accuse di essere un po’ troppo “soft”. Per chiarire, Mobley non è “soft”– un aggettivo che viene associato con troppa superficialità ai giocatori che prediligono la tecnica alla fisicità- , ma una rara stella collegiale a cui piace condividere le responsabilità offensive con i compagni, anziché pretendere ogni pallone disponibile.  La partita manifesto di tanta maturità è stata la vittoria al Torneo NCAA contro Kansas: raddoppiato sistematicamente dai Jayhawks, Evan non ha mai dato segni di nervosismo, si è limitato a prendere le conclusioni concesse dalla difesa, agendo poi da perfetto distributore offensivo (5 assist), e non lesinando mai il consueto contributo sottocanestro (13 rimbalzi e 3 stoppate).
Cio’ non toglie che, a volte, anche Coach Andy Enfield avrebbe preferito qualche soluzione personale in più, anche se questo avrebbe significato assistere a qualche forzatura di troppo. Siamo sicuri che, già dal prossimo anno, Evan mostrerà maggiore decisione nel prendersi in mano la squadra, specialmente quando si accorgerà di non essere più soggetto a tutti i raddoppi che ha fronteggiato quest’anno, quando le difese avversarie potevano permettersi il lusso di lasciare liberi i suoi compagni di squadra.

Chi è soft? Evan Mobley inchioda una schiacciata in testa al malcapitato Franck Kepnang durante le Sweet Sixteen dello scorso Torneo NCAA

La sua nuova casa sarà Cleveland, non proprio la destinazione dei sogni. La squadra è reduce da una stagione molto negativa, e il futuro è reso ancora più nebuloso a causa di una serie di punti interrogativi. Come definire, altrimenti, le situazioni legate a Kevin Love e Collin Sexton (due giocatori che la dirigenza vorrebbe lontani dalle rive del lago Erie), l’arrivo in città di un altro play come Ricky Rubio, il debutto molto titubante di Isaac Okoro, la prima scelta del Draft 2020. E, per finire, i dubbi sulla convivenza tecnica tra Mobley e Jarrett Allen, il centro arrivato da Brooklyn e appena rinnovato con un contratto piuttosto oneroso.

Evan, benvenuto nella NBA…...

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