La Atlantic parte sicuramente con un bollino di division di altissima qualità: delle cinque squadre che la compongono infatti quattro hanno preso parte agli scorsi playoff e tre di loro hanno chiuso la regular season nei primi quattro seed, utili per avere il fattore campo nel corso dei turni. Nessun’altra division ha fatto meglio.
76ers, Celtics, Knicks, Raptors e soprattutto Nets sono quindi chiamati a far valere ogni briciolo del loro talento per strappare il biglietto della postseason e continuare il sogno della rincorsa al titolo.
[le squadre vengono presentate in ordine alfabetico e affiancate dal record della scorsa stagione]
BOSTON CELTICS (36-36)
La stagione 2021 è stata di luci e ombre per i biancoverdi, partiti con grandi aspettative visto un roster di prim’ordine e un allenatore capace di far esprimere un gioco votato ad un dominio imposto su entrambi i lati del campo. Qualcosa non ha evidentemente funzionato: i Celtics non sono mai apparsi pienamente padroni del loro destino e si sono lasciati sfuggire parecchie vittorie facili arrivando molto vicini alla zona play-in, chiudendo la stagione con l’ultimo record delle squadre partecipanti ai Playoff. Le pessime condizioni di Kemba Walker, quasi estraneo al gioco di Stevens anche quando in salute, e gli innesti poco convincenti di due veterani come Tristan Thompson e Jeff Teague hanno fatto il resto al primo turno contro i Sixers, assoluti padroni della serie con un secco 4-1. Dopo l’uscita coach Stevens è passato in cabina di regia come General Manager lasciando il posto a Ime Udoka, ex gregario di lusso e vice ai Nets, alla prima esperienza come capo allenatore.
Il mercato di quest’anno ha poi riportato a casa Al Horford dopo le brevi parentesi a Phila e OKC garantendogli già un posto da titolare e dulcis in fundo, dopo essere stato scaricato dagli acerrimi rivali gialloviola, è arrivato l’uomo da (presunti) 86 milioni di dollari, Dennis Schröder, chiamato a sostituire Evan Fournier dopo sedici partite non proprio memorabili. Di quelle cifre messe in campo in una presunta autovalutazione, il tedesco si è dovuto accontentare di 5,8 milioni per un solo anno: ottantadue partite per convincere quindi i Celtics a puntare sul suo talento e garantirgli un nuovo contratto una volta entrato nella free agency.

Il quintetto probabile sarà quindi composto da Schröder, il consolidato trio Smart-Brown-Tatum e Horford a chiudere il cerchio. Payton Pritchard avrà buone chance di essere il secondo play viste le ottime performance messe in mostra nel suo anno da rookie e sarà accompagnato da Josh Richardson, altro veterano acquisito col mercato, Grant Williams e il centro Robert Williams III, altro potenziale pezzo pregiato nello scacchiere di Udoka. Lo scorso anno infatti è servito per metterne in luce la grande presenza difensiva (6.9 rimbalzi e 1.8 stoppate a partita) supportata da una grande efficienza al tiro (8 punti di media con il 72.1% dal campo).
Inutile dire quindi che i Celtics puntano a migliorare di molto le prestazioni dello scorso anno sfruttando i nuovi innesti e la definitiva esplosione di Jayson Tatum, leader assoluto della squadra, e Jaylen Brown, anche lui fresco convocato alla gara delle stelle. I playoff non dovrebbero essere in dubbio, ma per una squadra blasonata come Boston non è sufficiente garantirsi una sedia in postseason e l’obiettivo sarà sicuramente più alto.
BROOKLYN NETS (48-24)
Nonostante l’eliminazione all’ultimo respiro per mano dei futuri campioni NBA è impossibile non considerare i Nets come la squadra da battere nella Eastern Conference. A pieno regime Brooklyn ha dimostrato di essere una forza della natura e l’intesa di due fuoriclasse come Harden e Durant può essere un enorme problema per qualsiasi avversaria. Unico neo è la gestione di Kyrie Irving: il playmaker infatti ha già ricominciato a far parlare di sé per questioni legate all’obbligatorietà del vaccino anti-Covid. Qualora rimanesse fermo sulla sua posizione di non vaccinarsi sarebbe infatti costretto a saltare praticamente metà stagione, ossia tutte le partite casalinghe viste le regole imposte dallo Stato di New York. Come questa situazione verrà gestita da Steve Nash e dalla dirigenza non è ancora chiaro: in caso di cessione infatti il giocatore avrebbe “minacciato” il ritiro.
Tornando al basket giocato però i Nets hanno tutte le carte in regola per essere una delle favorite al titolo. Oltre infatti a Durant e Harden, Nash potrà contare sul neo acquisto Patty Mills, giocatore di grande esperienza che va ad unirsi agli altri veterani appena firmati, LaMarcus Aldridge e Paul Millsap. Il mercato della franchigia newyorkese al momento si ferma qui, almeno per quanto riguarda l’entrata; il fronte cessioni ha visto la partenza di Jeff Green, role player che ha tolto tante castagne dal fuoco in momenti delicati, e chissà che non sia l’ultima partenza visto il caso Irving.

Il quintetto base farebbe tremare chiunque, con o senza Irving. Con lui in campo troveremmo anche Harden, Joe Harris (maturato molto la scorsa stagione, in cui ha anche mantenuto le sue medie più alte dall’arco con il 47.5%) Kevin Durant e Aldridge. In caso di partenza o assenza del prodotto di Duke il suo posto verrebbe verosimilmente preso da Patty Mills, abbassando il livello qualitativo ma non certo quello quantitativo. Comunque la si guardi Brooklyn ha tutto quello che serve per puntare alla vetta della Conference e per giocarsi l’accesso alle Finals: unico aspetto da rivedere, di non secondaria importanza, è la difesa. Nelle ultime battute della stagione regolare e nei playoff i Nets hanno migliorato questo aspetto ma per essere una contender credibile è necessario fare ulteriori aggiustamenti.
Per quanto riguarda gli obiettivi è quasi inutile ripeterlo, tutto quello che arriva dalle Finals in giù è un fallimento. Le mosse operate dal front office puntano in una sola direzione, il Larry O’Brien Trophy.
NEW YORK KNICKS (41-31)
Vi ricordate i Knicks, presi in giro da tutti per le pessime annate, le pessime scelte al Draft, il gioco terribile da vedere, l’attitudine molla e svogliata? Ecco, Thibodeau ha cancellato in pochi mesi quel tipo di atteggiamento e ha messo la Grande Mela a ferro e fuoco per garantire a New York un posto di tutto rispetto nelle alte sfere della lega. Con una difesa ferrea e un Julius Randle finalmente al suo massimo rendimento i Knicks si sono catapultati dall’ultimo al quarto posto nella Eastern Conference, perdendo però malamente al primo turno dei playoff contro gli Hawks. Il gioco di coach Thibs in effetti richiede una grande quantità di energia e i newyorkesi, dopo una strepitosa cavalcata in stagione regolare, se ne sono trovati pesantemente a corto nel momento più importante del campionato.
Da Boston via OKC la free agency ha portato nientemeno che Kemba Walker, chiamato a risollevarsi dopo due brutte stagioni ai Celtics e a portare quel tocco di qualità, velocità ed esperienza che potrebbe far fare a New York un ulteriore salto di qualità e sempre via Boston è arrivato Evan Fournier, perno della nazionale francese. Le due guardie aggiungono quindi due tasselli importanti al quintetto titolare e la diciannovesima scelta al Draft, Kai Jones, va ad allungare una panchina giovane e interessante.

Come già detto Walker e Fournier saranno il nuovo reparto piccoli del quintetto titolare mentre ali e centro rimarranno invariati: sarà infatti sempre la coppia Barrett-Randle ad agire alle spalle di Mitchell Robinson. Questo in situazione ottimale: al momento però Robinson verrà sostituito da Nerlens Noel per via della riabilitazione ancora in corso dopo l’operazione al piede che lo ha tenuto fuori la scorsa primavera. Non dimentichiamoci che dalla panchina e da sesto uomo di lusso uscirà l’MVP del 2011, Derrick Rose, che ha vissuto una moderata seconda giovinezza dal suo ritorno ai Knicks. Non ultimi Immanuel Quickley, idolo dei tifosi conquistati a suon di triple e floater in entrata, e Obi Toppin: l’ottava scelta dello scorso Draft vedrà un incremento di minutaggio a quanto pare e viste le qualità del ragazzo non può che far piacere ai fedelissimi di New York.
Per quanto riguarda gli obiettivi, con Thibodeau in panchina non ci sono mezzi termini, si punta direttamente ai playoff e a ripetere una stagione sulla falsa riga di quella passata. Lo scoglio da superare sarà il blocco fisico ed emotivo arrivato sul palcoscenico più importante, ma viste le doti di motivatore dell’allenatore non ci aspettiamo un flop totale come quello visto contro Atlanta.
PHILADELPHIA 76ERS (49-23)
Di norma sarebbe stata l’ultima squadra da analizzare se avessimo deciso di badare esclusivamente al record ma i Sixers non saranno di sicuro il team più pericoloso della Atlantic Division. Questo perché le vicissitudini interne toglieranno quello che è stato uno degli elementi cardine delle fortune recenti di Philly, ossia Ben Simmons. Il Rookie dell’Anno 2017 è infatti ormai con un piede fuori dalla porta principalmente per sua scelta, almeno da quanto traspare dalle parole di dirigenza, staff e compagni: Simmons semplicemente è sparito dalla circolazione dopo l’eliminazione per mano degli Hawks e non è più tornato al Wells Fargo Center. Quanto abbiano influito le critiche pesanti sul suo apporto quasi nullo in postseason non è dato sapere ma quello che è appare sicuro è che il talento australiano non giocherà più per la franchigia della città dell’amore fraterno.
Sembra quindi che avremo un colpo eclatante più in uscita che in entrata, aspettando notizie più precise sul futuro del Fresh Prince. Intanto come nuovo innesto è arrivato dai Cavaliers Andre Drummond dopo una stagione senza infamia e senza lode: il centro di Mount Vernon ha infatti tenuto una media di 14.9 punti e 12 rimbalzi giocando però 46 partite su 72. Ai Sixers si troverà in una dimensione nuova in cui sarà la riserva e non il centro titolare vista la presenza di un candidato MVP come Joel Embiid ma il suo inserimento può dare sicuramente più fiato al lungo camerunese per farlo arrivare ai playoff al massimo della forma.

Il quintetto subisce ovviamente un cambiamento pesante: via Simmons e dentro Tyrese Maxey, sophomore con grandi margini di miglioramento visto anche il ridotto impiego dell’anno scorso. I 15 minuti medi di Maxey vedranno un drastico aumento così come le responsabilità offensive e il prodotto di Kentucky non vorrà certo farsi sfuggire l’occasione di mettere in mostra le sue spiccate qualità da attaccante. Per il resto spazio ai senatori della squadra con Curry, Green, Harris e Embiid a occupare gli altri quattro posti mantenendo la stessa ossatura della stagione passata. Toccherà agli ultimi due caricarsi la squadra sulle spalle e trascinarla alla post season passando sempre per i piani alti della Eastern.
L’obiettivo dei playoff è quasi scontato ma se si guarda Philadelphia in termini di contender al titolo bisogna considerare che l’assenza di Simmons lascia un buco difensivo difficilmente colmabile. Embiid e Matisse Thybulle sono degli All-Defensive ma un giocatore versatile nella metà campo amica come l’australiano è una pedina difficile da sostituire e al momento i nomi proposti non offrono un’alternativa credibile. Va anche detto però che la sua partenza lascia maggiore spazio agli altri giocatori e più margine di manovra a giocatori offensivamente d’élite come i già citati Embiid e Tobias Harris. Vedremo quindi come Doc Rivers sarà in grado di aggiustare la spaccatura dei Sixers per renderla di nuovo una squadra competitiva ai massimi livelli.
TORONTO RAPTORS (27-45)
Partiamo dal basso con la peggior squadra della Division nella stagione passata. I Raptors, che solo due anni fa entravano nella storia diventando il primo team canadese a vincere il campionato NBA, hanno cominciato a navigare nei bassifondi della Eastern Conference con un record tutt’altro che lusinghiero e con evidenti difficoltà a trovare la forma migliore.
Il mercato estivo ha poi portato via da Toronto il leader nonché uno dei migliori giocatori di sempre della franchigia, Kyle Lowry, approdato ai Miami Heat in cambio di un veterano come Goran Dragic e un sophomore di grande prospettiva come Precious Achiwa. Con lui altrove i canadesi perdono un tassello importante a livello di qualità e chimica di squadra ma lasciano sicuramente molto più spazio alle due pietre angolari fresche di estensione nello scorso campionato, Fred VanVleet e il fresco All-Star Pascal Siakam.
La stagione sottotono dei due così come i tanti infortuni hanno sì portato i Raptors ad un pessimo record ma hanno anche garantito una scelta alta al Draft 2021, scelta ricaduta sul talento di Florida State Scottie Barnes: ala piccola di 2,01 m per 102 kg, Barnes è un difensore provetto, probabilmente il migliore di questa classe, con percentuali da rivedere ma con ampio margine di miglioramento. La sua freschezza e la sua voglia di mettersi in gioco per un posto in quintetto saranno la chiave per far guadagnare a Nick Nurse un tassello importante soprattutto nella metà campo amica, dettaglio da non sottovalutare viste le difficoltà dello scorso anno.

Di base lo starting lineup sarà quello dell’anno passato, con VanVleet playmaker, Trent Jr guardia, Anunoby ala piccola, Siakam ala grande e Khem Birch promosso a centro titolare dopo la partenza di Aron Baynes e la stagione altalenante di Chris Boucher. Quest’ultimo però ha fatto vedere cose interessanti la scorsa stagione, seppur con poca continuità, e giocando bene le sue carte potrebbe vedere un buon aumento del minutaggio. Dragic sarà probabilmente la guida della second unit, un sesto uomo di lusso e di esperienza che potrà dare una mano ai giovani Flynn, Barnes e Boucher a trovare la loro dimensione ideale in campo.
Realisticamente questi aggiustamenti possono portare i Raptors a giocarsi un posto ai play-in ma nulla più. Le contender della conference hanno roster oggettivamente superiori e possono contare su numerose stelle mentre Toronto sta passando per una ricostruzione ben avviata; con grinta e solidità, soprattutto in difesa, si può sperare di vedere la postseason ma anche in questo caso superare il primo turno sarebbe tutt’altro che una passeggiata.
Articolo a cura di Gianluca Bortolomai