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NBA Preview 2021-22: Southeast Division

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La Southeast è stata probabilmente la division NBA che più di tutte le altre ha visto al proprio una grande eterogeneità: Dall’exploit degli Hawks alla delusione degli Heat, dalla grinta dei Wizards al “compitino” degli Hornets, passando per il rebuilding “de botto” dei Magic.
Dopo tutti i movimenti dell’offseason è evidente che le due forze della division rimangono Atlanta e Miami, che anche in questa stagione si contenderanno la vetta: Butler e soci risultano essere i favoriti, data la maggior qualità a roster (oltre alla voglia di riscatto), mentre per Young&co. risulterà più arduo ripetere quanto fatto lo scorso anno. Charlotte e Washington si contenderanno invece il terzo posto e anche uno degli ultimi posti per i playoff, mentre Orlando non ha alcuna pretesa se non quella di iniziare ufficialmente la propria ricostruzione.


ATLANTA HAWKS (41-31)

Atlanta arriva da una stagione a dir poco fenomenale, in cui è arrivato un vero e proprio exploit che ha portato la franchigia a vincere per la seconda volta nella propria storia il titolo della Division (la prima fu nel 2014-2015) e il ritorno alle Conference Finals per la seconda volta negli ultimi 50 anni (l’altra sempre nella stagione 2014-2015).
Con una squadra praticamente immutata quindi, e sebbene i media non sembrano dar loro molta importanza, gli Hawks sono chiamati a ripetere quanto di buono messo in campo lo scorso anno e a sfruttare ancora una volta tutte le occasioni che si presenteranno. Impresa difficile, vista comunque la poca esperienza del gruppo, soprattutto in situazioni di difficoltà, e gli aggiustamenti apportati dalle altre franchigie.

La star del roster non può che essere Trae Young, metronomo dell’attacco di Atlanta: il prodotto di Oklahoma rispetto alle primissime stagioni nella lega ha trovato il giusto equilibrio nelle sue giocate, amalgamando alla perfezione il lato realizzativo a quello da assistman.
Al fianco di Young, nella composizione del quintetto titolare, troviamo Bogdan Bogdanovic, De’Andre Hunter, John Collins e Clint Capela. Il primo chiude il backcourt apportando ulteriore potenza da fuoco dalla lunga distanza, gli altri tre compongono invece un frontcourt assolutamente versatile e ricco di talento. Hunter, al rientro da un infortunio al ginocchio destro, garantisce ottime spaziature offensive grazie alla sua pericolosità sia nel pitturato che al di fuori dell’arco dei tre punti, mentre in difesa la sua presenza ad oggi non è affatto considerabile un minus. Collins e Capela hanno invece il compito di controllare il pitturato su ambo le metà campo, garantendo una buon mix di centimetri ed atletismo.

Atlanta presenta poi una panchina veramente profonda, con una second unit ricca di pedine molto utili. In primis troviamo il quartetto formato da Kevin Huerter, Lou Williams, Danilo Gallinari e Cam Reddish. Il primo ha dimostrato grande maturità e versatilità, aiutando non solo dal punto di vista realizzativo, ma fungendo anche da creatore secondario (3.3 assist di media nelle sue prime tre stagioni); Gallinari invece ha allontanato le critiche di chi aveva visto il suo approdo ad Atlanta come una scelta puramente economica apportando un contributo essenziale all’attacco della franchigia, liberando alcuni compagni da un eccessivo carico di responsabilità. Reddish invece rappresenta il sostituto perfetto per Hunter, garantendo le medesime caratteristiche del compagno. Williams infine non ha di certo bisogno di presentazioni.
Agli elementi sopracitati si aggiungono Delon Wright (chiamato ad essere il sostituto di Young dopo la partenza di Kris Dunn), il veterano Solomon Hill, Onyeka Okongwu, Gorgui Dieng e le due scelte al Draft di quest’anno, Jalen Johnson e Sharife Cooper.

Un mancato ritorno alle Eastern Conference Finals non sarebbe di certo considerato un fallimento, con l’obiettivo principale della franchigia che sarà sicuramente quello di approdare ai playoff senza passare per il play-in con un seed compreso tra il 4° e il 6°, per poi provare a superare quantomeno il primo turno (tutto dipende comunque dall’avversario che gli Hawks si troveranno di fronte).



CHARLOTTE HORNETS (33-39)

Charlotte è sempre stata una franchigia un po’ snobbata dagli analisti della NBA, ed è facile anche comprendere il perché, dato che si sono qualificati ai playoff solo due volte negli ultimi dieci anni. Oggi, tuttavia, degli Hornets si parla per ciò che accade sul parquet, e non della proprietà, sebbene Michael Jordan sia portato a fare notizia, sia che spopoli con la famosa serie incentrata sui suoi Bulls, o che una sua “figurina” venga battuta all’asta per oltre 2 milioni di dollari. Il perché è da ascrivere naturalmente a LaMelo Ball, la nuova “stellina” della franchigia del North Carolina.

La sua stagione d’esordio del è andata oltre ogni aspettativa, e non solo per la conquista del premio di Rookie Of the Year. Grazie alla creatività dal paleggio, alla visione di gioco e all’entusiasmo che porta dentro e fuori dal campo, il ventenne californiano ha conquistato i compagni, felici di essere i destinatari dei suoi assist. Partito Devonte’ Graham, il suo compagno di linea sarà Terry Rozier, fresco di rinnovo contrattuale. Salute permettendo, Gordon Hayward sarà l’ala piccola titolare: troppo spesso in infermeria, l’ex Celtics è un giocatore completo, capace di coprire ogni ruolo sul parquet, dotato di mani dolci dal perimetro, intelligenza cestistica e qualità difensive sopra la media. Il suo contributo sarà importante nel duplice ruolo di finalizzatore e facilitatore, in un “line up” davvero versatile.

Sotto canestro il general manager Mitch Kupchak ha finalmente trovato in Mason Plumlee il centro a cui affidare l’area pitturata. Al suo fianco, in quintetto partirà uno tra P.J. Washington e Miles Bridges, due profili molto diversi: Washington nasce come lungo classico, ma sta costantemente ampliando il suo raggio d’azione; Bridges è più propenso a giostrare sul perimetro, ma le qualità fisiche e atletiche nella NBA attuale gli permettono di fungere da “quattro”. Proprio l’ex Michigan State è al centro di molte aspettative dopo il grande finale di stagione, nonché dalla sua voglia di rivalsa dopo la mancata estensione contrattuale.

Riguardo le rotazioni, gli Hornets sono tutto meno una squadra lunga, ma con Kelly Oubre Jr., Cody Martin, Ish Smith e Jalen McDaniels, Charlotte si garantisce una second unit non proprio irrilevante e in grado di dare supporto su ambo i lati del campo.

Se il roster rimarrà sano e la chimica di squadra non si sbriciolerà durante tutto l’arco della stagione, gli Hornets non dovrebbero faticare troppo per ottenere quantomeno un posto al play-in, per poi andarsi a giocare un posto nella postseason (presumibilmente battagliando con i compagni di conference dei Washington Wizards).



MIAMI HEAT (40-32)

Dopo il secco sweep patito negli scorsi playoff, reso meno amaro dalla conquista del titolo da parte di Milwaukee, a Miami hanno deciso di scommettere ancora sulla possibilità di compiere quel piccolo passo per colmare il gap e vincere il titolo NBA. Per riuscirci hanno puntato sull’esperienza ad alto livello, acquisendo sul mercato dei free agent Kyle Lowry e P.J. Tucker, due giocatori che ricordano, per certi versi, gli Heat degli anni 90, quello duri, “sporchi e cattivi” forgiati da Pat Riley attorno alla ferocia agonistica di Alonzo Mourning.

Lowry è stato per anni l’anima di quei Toronto Raptors capaci di stupire il mondo del basket con il titolo del 2019. Anche se gli anni sono 35 e il fisico inizia a mostrare i segni di una lunga carriera, Miami è convinta che Kyle possa rappresentare una garanzia nei climi infuocati dei playoff. Il nativo di Philadelphia prenderà il posto di Goran Dragic, splendido nella “Bolla” di Orlando, ma comunque in calo negli ultimi tempi.
Tucker è stato invece uno degli artefici del successo dei Bucks, apportando quella cattiveria agonistica che forse era sempre mancata alla squadra del Wisconsin. La sua competenza difensiva tornerà molto utile quando si incroceranno le armi con Milwaukee (Giannis), Brooklyn (Durant) e, perché no, Los Angeles sponda Lakers (LeBron).

I due, insieme all’altro nuovo arrivo Markieff Morris, completano il roster che vede in Jimmy Butler e Bam Adebayo le due stelle della squadra. Il primo è senza dubbio il leader riconosciuto della squadra, grazie all’esempio quotidiano e la naturale propensione a rappresentare la guida di un gruppo. L’arrivo di Lowry gli permetterà di essere ancora più efficace nella veste di “closer”, così come Tucker lo solleverà dal peso di dedicare energie preziose sulle tracce del miglior attaccante avversario.
Per Bam la stagione alle porte potrebbe essere invece quella dell’entrata definitiva nel ristretto novero delle superstar, diventando il giocatore di riferimento di Eric Spoelstra.

Per permettere a tutti di godere delle spaziature giuste, non potrà mancare il contributo di Duncan Robinson, forse il tiratore puro più letale della lega, appena rinnovato con ben 90 milioni di dollari. A proposito di tiratori, tanti osservatori si aspettano invece che Tyler Herro si riscatti dopo il “down” dello scorso anno: uscirà dalla panchina e, se tornerà quell’attaccante difficilmente arginabile ammirato nei playoff del 2020, avremmo già il favorito per il premio di Sesto Uomo dell’anno.
La second unite conterà anche il centro Dewayne Dedmon, il versatile Caleb Martin, la promettente guardia KZ Okpala, il tiratore Max Strus, nonché il venerabile Udonis Haslem, alla sua diciannovesima stagione nella lega.
Ci sarebbe anche lo sfortunato Victor Oladipo, ancora alle prese con l’ennesimo grave infortunio. I tempi di recupero sono ignoti, ma se rientrasse a tarda primavera, Spoelstra avrebbe un’ulteriore freccia nella già fornitissima faretra.

L’obiettivo è il titolo, traguardo, almeno sulla carta, proibitivo, ma la stagione è lunga e Lowry può insegnare ai compagni che non esiste niente di scontato. L’importante è arrivare sani e convinti delle proprie qualità nel momento chiave della stagione.



ORLANDO MAGIC (21-51)

Penultimo posto ad Est con un record di 21 vittorie e 51 sconfitte: questo è il bottino raccolto dai Magic la scorsa stagione. L’obiettivo sarebbe stato quello di prendere parte ai playoff per il terzo anno di fila, ma una serie interminabile di infortuni, iniziata poco dopo l’avvio della regular season, ha di fatto stroncato sul nascere tutti i piani della franchigia.
Orlando che ha così deciso di cogliere l’occasione per intraprendere quello che è a tutti gli effetti il secondo rebuilding dopo l’addio di Dwight Howard, partendo dalla cessione di quel trio che avrebbe dovuto riportare in alto la compagine della Florida: Evan Fournier, Aaron Gordon e Nikola Vucevic. Rivoluzione che ha coinvolto anche la panchina, al cui comando si trova, alla rima esperienza da capo allenatore, Jamahl Mosley.

Rebuilding completo e squadra molto giovane hanno un minimo comune denominatore: la sperimentazione. Coach Mosely non ha infatti una gerarchia interna che va ad imporre scelte ben precise a livello di starting five, quindi c’è decisamente ampio margine per elaborare il quintetto più equilibrato possibile lungo tutto l’arco della stagione.
Tutto parte sicuramente da un affollato backcourt. In attesa del rientro dall’infortunio di Markelle Fultz, a dirigere le operazioni offensive ci sarà sicuramente uno tra Cole Anthony e il rookie Jalen Suggs, affiancati da una guardia capace di muoversi discretamente off the ball come Gary Harris. In seconda linea troviamo invece Michael Carter-Williams, R.J. Hampton e il nuovo arrivato E’Twaun Moore, nomi non propriamente di spessore ma neanche sinonimo di disastri assicurati. Certo comunque che ad oggi stiamo parlando di una squadra che non ha una vera e propria star e in cui il talento è ancora tutto da sviluppare.

Il frontcourt è invece decisamente meno ingombrante. Nello spot di ala piccola troviamo Chuma Okeke (in recupero da un infortunio all’anca) e Terrence Ross, giocatori dinamici in grado di apportare un valido contributo realizzativo (soprattutto Ross) e difensivo. Per quanto riguarda invece la vera e propria azione sotto le plance, Orlando potrà contare sulla presenza di Wendell Carter Jr. e Mo Bamba, lunghi in grado di proteggere il ferro, strappare rimbalzi e mettere in piedi doppie cifre realizzative, consentendo anche ai compagni di aprire il campo grazie ad un discreto tiro dalla medio-lunga distanza. Il reparto vede anche la presenza dei fratelli Wagner (Moritz e Franz), di Jonathan Isaac (anche lui in recupero da un infortunio) e Robin Lopez, con quest’ultimo che dovrebbe avere un ruolo piuttosto marginale (fungendo più da veterano di supporto ai giovani).

Dalla stagione dei Magic non bisognerà aspettarsi nulla. L’unico obiettivo è quello di far crescere i giocatori, aumentando partita dopo partita la chimica di squadra e trovando le soluzioni ideali in termini di rotazioni. Orlando dovrebbe quindi finire in uno degli ultimi due o tre spot della Eastern Conference.



WASHINGTON WIZARDS (34-38)

L’estate ha portato tante novità nella Capitale degli Stati Uniti, decidendo in sostanza di voltare definitivamente pagina dopo tre stagioni negative. Salutato senza troppi ripensamenti Scott Brooks, in panchina troviamo Wes Unseld Jr, un nome che a Washington rievoca dolci ricordi, nonché commozione vista la precoce dipartita avvenuta il 2 giugno 2020.

Altro addio importante, anche questo senza molti rimpianti, è quello di Russell Westbrook, spedito nella sua Los Angeles dopo una sola stagione per niente convincente. Al suo posto arrivano dalla California tre validi elementi con i quali puntellare il roster: Kentavious Caldwell-Pope assicurerà pericolosità perimetrale, Montrezl Harrell apporterà fisicità ed energia a centro area, e Kyle Kuzma con le sue qualità realizzative allevierà il peso ffensivo dalle spalle di Bradley Beal e Spencer Dinwiddie, quest’ultimo raffigurante l’altra importante novità.

Sotto canestro coach Unseld avrà solo l’imbarazzo della scelta: nell’attesa del rientro di Thomas Bryant (fermato dalla rottura del temuto ACL), Daniel Gafford ha conquistato lo spot di centro titolare, distinguendosi come ottimo intimidator, mentre il predetto Harrell uscirà dalla panchina. Nel ruolo di ala (superando la datata distinzione tra grande e piccola) torneranno il nipponico Rui Hachimura e l’israeliano Deni Avdija, entrambi giovani dal notevole potenziale, ai quali si aggiungono, con la loro pericolosità perimetrale, Davis Bertans e Corey Kispert, tiratore infallibile scelto nell’ultimo Draft.

Sarà comunque il backcourt a rappresentare il motore trainante della squadra. Dinwiddie ha scelto Washington per dimostrare definitivamente alla lega di essere più di un semplice gregario: ai Nets, prima dell’arrivo di Kyrie Irving, Kevin Durant e James Harden, aveva viaggiato a oltre 20 punti e quasi 7 assist di media, quindi potrebbe davvero rappresentare il partner ideale di Bradley Beal. Da verificare il recupero dopo il grave infortunio (rottura legamento crociato del ginocchio).
La stella assoluta della squadra è, ovviamente, proprio Beal (31 punti di media lo scorso anno, secondo solo a Stephen Curry): In una NBA sempre più contraddistinta dai superteam decisi a tavolino dai giocatori, l’All-Star originario di Saint Louis è un’eccezione per la voglia di continuare a combattere in una squadra senza troppe speranze come i Wizards. Ma quanto potrà durare? A fine anno avrà la possibilità di uscire dal contratto, e la dirigenza trema solo all’idea di perdere senza contropartita l’unica luce nel buio. Non è da escludere, quindi, una dolorosa cessione a febbraio, soprattutto se la squadra allestita si dimostrerà non competitiva.

La speranza, logicamente, è che i Wizards riescano a invertire la rotta e s’inserisca nella lotta per i playoff. Non sarà facile, ma la profondità del roster e la voglia di rivalsa di molti elementi – in primis Kuzma, Harrell e Dinwiddie – potrebbero supplire a lacune difensive evidenti e, in generale, un livello di talento non di prim’ordine.




Articolo a cura di Lorenzo Cipriani e Andrea Grosso

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