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Scottie Pippen nel suo libro: “The Last Dance mi umilia. Sono un oggetto di scena”

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Che The Last Dance fosse destinato a generare discussioni prima e dopo la messa in onda è stata cosa chiara fin da subito, così come è stato evidente che Scottie Pippen non fosse un grande simpatizzante della serie creata da ESPN.
Tuttavia, dopo mesi in cui l’argomento sembrava esser stato sotterrato, ecco che proprio l’ex braccio destro di Michael Jordan, in occasione dell’uscita del proprio libro “Unguarded” (prevista per il 9 novembre), rimette il prodotto televisivo lanciato nell’aprile 2020 al centro dell’attenzione.

Ecco alcuni estratti della sua biografia riguardanti The Last Dance pubblicati da GQ.

“Gli ultimi due episodi, così come gli otto precedenti, hanno solo glorificato Michael Jordan senza elogiare abbastanza me e i miei orgogliosi compagni di squadra. ESPN mi ha inviato i link ai primi otto episodi un paio di settimane prima dell’uscita. Quando ho guardato il documentario a casa con i miei tre figli, non volevo credere ai miei occhi. Non ero niente di più di un oggetto di scena. Mi ha definito il suo ‘miglior compagno di squadra’. Non avrebbe potuto essere più condiscendente.
Ogni episodio era la stessa cosa: Michael su un piedistallo e i suoi compagni messi in secondo piano, sempre più piccoli, il messaggio non era diverso da quando allora si riferiva a noi come il suo ‘supporting cast’. Da una stagione all’altra abbiamo ricevuto poco o nessun credito quando vincevamo, mentre la maggior parte delle critiche quando perdevamo. Michael poteva tirare 6 su 24 dal campo e perdere cinque palloni, ma nella mente della stampa e del pubblico adoranti lui continuava ad essere l’Errorless Jordan.
Ora eccomi qui, superati i cinquant’anni e a diciassette anni dall’ultima partita, a vederci umiliati ancora una volta. Viverlo la prima volta era già stato abbastanza offensivo”

Pippen che quindi torna a sottolineare come The Last Dance sia stato un prodotto volto solo a celebrare la figura di Jordan, senza contestualizzare nella maniera corretta e senza dare il giusto credito ai compagni di squadra. Dopotutto, se è vero che i Bulls senza Jordan molto probabilmente non avrebbero vinto nulla, dall’altro è altrettanto vero che MJ senza quei compagni non avrebbe ottenuto nulla.
Il nativo dell’Arkansas tra l’altro ritiene Jordan responsabile di tutto questo, visto che “i produttori gli avevano concesso il controllo editoriale del prodotto finale, quindi il documentario non poteva essere rilasciato senza il suo benestare“.

L’ex #33 di Chicago affonda poi ulteriormente il colpo spostando l’attenzione sul confronto tra MJ e LeBron James.

“Michael era determinato nel dimostrare all’attuale generazione che era ancora più grande di LeBron James, il giocatore che molti considerano suo pari, se non superiore. Quindi ha presentato la sua storia, non quella vera sulla nostra ultima stagione”

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