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Pioggia di positivi in NBA, ma la lega non si ferma

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L’ultima settimana è stata alquanto disastrosa per la NBA sotto l’aspetto dei contagi, con varie squadre che hanno visto almeno un giocatore entrare in quarantena. Una piccola ondata che è arrivata dopo il Ringraziamento e che può derivare da varie cause. La lega comunque non si è ancora espressa ed evidentemente ritiene la situazione ancora sotto controllo, nonostante ad oggi ci siano ben 14 giocatori che devono rispettare i protocolli sanitari (ovvero rimanere in isolamento per almeno 10 giorni oppure fino a quando non si ottengono due tamponi negativi a 24 ore di distanza).

  • Austin Rivers (Denver Nuggets)
  • Justin Holiday (Indiana Pacers)
  • Ja Morant (Memphis Grizzlies)
  • Dillon Brooks (Memphis Grizzlies)
  • LaMelo Ball (Charlotte Hornets)
  • Terry Rozier (Charlotte Hornets)
  • Ish Smith (Charlotte Hornets)
  • Mason Plumlee (Charlotte Hornets)
  • Jalen McDaniels (Charlotte Hornets)
  • DeMar DeRozan (Chicago Bulls)
  • Coby White (Chicago Bulls)
  • Javonte Green (Chicago Bulls)
  • Matt Thomas (Chicago Bulls)
  • Derrick Jones Jr (Chicago Bulls)

I primi scricchiolii si erano però avvertiti lungo i mesi di ottobre e novembre, dove erano finiti in quarantena diversi altri giocatori (da Jaylen Brown a Joel Embiid, passando per Kevin Love, Tobias Harris, Khris Middleton, Nicolas Batum e altri ancora).

Il problema tuttavia ora non riguarda più coloro che scendono in campo, ma anche chi presiede la panchina e chi “sta ai piani alti”. Nelle ultime ore sono infatti arrivate le notizie delle positività di Rick Carlisle, head coach degli Indiana Pacers, e di Masai Ujiri, presidente dei Toronto Raptors.

Come avevamo anticipato, la NBA al momento non si è espressa in merito alla situazione attuale e di fatto continua a far valere il consiglio di far fare ai giocatori la dose booster il prima possibile (il 97% dei giocatori è vaccinato e il 60% di essi ha già fatto anche la dose di richiamo). Intanto il Canada si è già messo al riparo promulgando una legge che dal 15 gennaio vieta l’ingresso nel Paese ai non vaccinati.

Probabilmente Silver spera che si tratti solo di piccoli focolai (soprattutto quelli di Bulls e Hornets) e che entro una settimana le cose si calmino. Certo è che se la situazione dovesse ulteriormente peggiorare la NBA potrebbe valutare di tornare ai protocolli dello scorso anno, rinviando quindi le partite a rischio o dove una delle due squadre coinvolte presenta un roster troppo menomato (oltre ai giocatori in quarantena infatti bisogna contare quelli infortunati)

La scorsa stagione sono stati ben 31 i match posticipati.

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