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Il Ballo dei Debuttanti 2021/22 – Terzo episodio

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Col nuovo anno torna anche l’appuntamento con il nostro approfondimento sulle matricole della NBA. Finalmente, dopo infortuni e assenze per quarantene, i roster della lega stanno tornado alla normalità e anche i rookie stanno tornando a ranghi completi. Andiamo alla scoperta di due matricole che non erano propriamente attese tra i protagonisti.


CHICAGO’S FINEST

Chissà quante volte Ayo Dosunmu avrà sognato, negli anni della sua adolescenza, di uscire tra gli applausi dello United Center, la “Mecca cestistica” per tutti i ragazzi di Chicago come lui.
È quello che è successo lo scorso 11 gennaio, quando l’ex stella dei licei ragazzo della “Città del Vento” è stata salutata per il contributo decisivo nella vittoria su Detroit. Una sfida sempre di un certo fascino, quella tra Bulls e Pistons, sebbene quest’anno il divario sia abissale.
La partita, per Dosunmu, significava soprattutto il confronto con Cade Cunningham, la prima scelta assoluta dell’ultimo Draft. Per una volta, il migliore è stato l’outsider, quel Dosunmu scelto al secondo giro. Oltre a segnare 10 punti, Ayo ha guidato la difesa dei Bulls, limitando Cunningham a un misero 3/11 dal campo e 6 palle perse.


Nell’ultimo mese, complici gli infortuni a Zach LaVine, Alex Caruso e Lonzo Ball, ha guadagnato sempre più spazio, ripagando la fiducia di coach Donovan con ottime prestazioni. I 21 punti (assieme a 10 assist) contro i Celtics, i 18 punti riservati a Wizards e Cavs, i 14 segnati contro Atlanta, i 15 segnati a Memphis, il career high di 24 punti stabilito contro OKC sono solo alcune delle imprese del giovane Ayo, che a gennaio viaggia a oltre 10 punti e 3 assist di media, con un eloquente 53% dal campo e un ancor più sbalorditivo 46% da tre punti.
Statistiche interessanti, ma che diventano sbalorditive quando fa parte dello “starting five”: 12 punti, 5 rimbalzi e 6 assist, con 60% dal campo e 46% da tre. Davvero stupefacente, anche per chi lo ha seguito lungo la sua carriera a Illinois, dove si era messo in luce come uno degli esterni più versatili ed efficaci del panorama collegiale.
Ancora una volta, una perla scovata al secondo giro del Draft, sempre più croce e delizia per scout e general manager, così focalizzati dal ricercare giovani dall’elevato potenziale (o “ceiling”, se vogliamo usare un termine molto in voga) dal sottovalutare i profili più esperti e compiuti.
Nel record dei Bulls c’è anche un pizzico di Dosunmu, fino a qualche anno fa uno dei tanti tifosi che adesso lo acclamano.


CENTRO DI GRAVITA’ PREMANENTE

A Miami la stagione sta andando proprio come si aspettavano. La campagna acquisti estiva era il segnale che la dirigenza ambiva a infastidire Milwaukee e Brooklyn, e il primo posto nella Eastern è la migliore delle conferme, soprattutto perché gli Heat hanno giocato larga parte della stagione senza Bam Adebayo.
Un risultato che non sarebbe stato possibile se, per ovviare all’assenza del suo centro, Erik Spoelstra non avesse avuto l’apporto offerto da Omer Yurtseven. Il centro nativo di Istanbul aveva fatto benissimo nella Summer League e in Pre-Season, facendo alzare qualche sopracciglio nella lega. Gli scettici non avevano mancato di far notare come si trattasse pur sempre di basket estivo, ma i risultati finora collezionati dal turco sono la prova che l’istinto per il rimbalzo, le mani morbide, il tempismo nel pick and roll sono qualità spendibili anche tra i grandi della NBA.
Omer era arrivato negli States nel 2016 per giocare a North Carolina State, dove si era messo in luce per i fondamentali in post e l’impatto nelle aree pitturate della ACC, ma poi aveva deciso di trasferirsi a Georgetown. Un anno alla “Università dei Centri” (come era soprannominata negli anni 90, visti i trascorsi di Patrick Ewing, Dikembe Mutombo e Alonzo Mourning, ndr) non è bastato per impressionare gli scout, così al Draft del 2020 non è stato scelto.


Dopo l’esperienza a OKC, questa estate, come detto, la grande occasione che Omer non ha sprecato: prima è riuscito a “fare la squadra”, adesso, complici gli infortuni, puo’ contare ben 10 partenze in quintetto per gli Heat.
A gennaio viaggia quasi in “doppia doppia” (10,6 punti e 9,9 rimbalzi di media), con le perle rappresentate dai 22 punti e 16 rimbalzi contro i Kings e, soprattutto, i 22 punti e 11 rimbalzi contro Phila e Joel Embiid.
Un rendimento sorprendente, che rasenta l’incredibile quando Omer viene schierato nello “starting five”, visto che le cifre esplodono a 14 punti e altrettanti rimbalzi.
Ancora una volta, un giocatore scoperto nel sottobosco della lega, proprio come quell’Hassan Whiteside che a Miami firmarono con un contratto da oltre 100 milioni di dollari dopo averlo trovato “sul marciapiede”.


TOP 5

  1. Evan Mobley: le statistiche premiano altri compagni di “nidiata”, ma il record di Cleveland deve molto all’arrivo in Ohio dello splendido talento californiano.
  2. Franz Wagner: sotto traccia come sempre, ma in tanti si sono accorti dell’estrema completezza dell’ex Michigan.
  3. Cade Cunningham: l’inesorabile ascesa di Cade lo ha già fatto diventare il miglior realizzatore tra le matricole.
  4. Scottie Barnes: energia e intensità, ha anche aggiornato il career-high contro Washington.
  5. Josh Giddey: tornato dall’assenza per Covid, ha ripreso a guidare i suoi Thunder migliorando anche le percentuali al tiro.
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