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All-Star Weekend 2022, Towns e Toppin i vincitori di un sabato da dimenticare

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L’All-Star Weekend 2022 potrebbe entrare nella storia dal lato sbagliato. Anche senza vedere gli eventi offerti dal Saturday Night in diretta, è bastato aprire i social per capire che qualcosa non ha funzionato, e non parliamo delle celebrazioni per il 75° anno della NBA.

Il Three Point Contest e lo Slam Dunk Contest hanno infatti offerto uno spettacolo tutt’altro che degno di nota, suscitando reazioni tragicomiche a giocatori, addetti ai lavori e tifosi. Non che questi siano gli eventi più attesi del fine settimana, ci mancherebbe, ma quantomeno ci si aspetterebbe qualche emozione in più.

Vediamo nel dettaglio i motivi dello sdegno per le singole prove.


Slam Dunk Contest

Obi Toppin si porta a casa a mani basse, e meritatamente, quella che è già stata definita più volte “la gara delle schiacciate più brutta di sempre”.

Se i nomi dei partecipanti svelati un paio di settimane prima non avevano fatto sobbalzare nessuno dal divano, il primo round dell’evento ha smorzato ulteriormente il poco entusiasmo rimasto: Obi Toppin, Juan Toscano-Anderson, Cole Anthony e Jalen Green uniti hanno infatti totalizzato un imbarazzante 7/25 a livello di tentativi prima di completare la propria schiacciata (il solo Green ha messo su un 1/9). In più bisogna considerare che le loro esibizioni non sono state proprio memorabili, anzi: mancanza di originalità e semplicità delle esecuzioni, unite ovviamente agli errori, hanno spento definitivamente i riflettori sull’evento. Anche perché che finale è quella in cui un giocatore non completa una delle due schiacciate da realizzare?

Ecco quindi che nel day after è partita la crociata che chiede l’eliminazione della competizione dall’All-Star Weekend, ormai divenuta priva di senso. E di base non è una prospettiva sbagliata.
E’ infatti normale che con gli anni si sia esaurita la creatività, visto che ormai si è davvero visto di tutto, e che le singole schiacciate abbiano valutazioni diverse: un tentativo in mezzo alle gambe o una windmill una decina di anni fa avrebbero avuto sicuramente un impatto diverso su pubblico e giuria. In sostanza, la percezione che abbiamo noi al giorno d’oggi è influenzata dall’evoluzione che ha subito la manifestazione nel corso del tempo e bisogna considerare che nei primi anni di questo secolo una qualsiasi delle schiacciate viste stanotte avrebbe reso il suo autore vittorioso.

A influenzare ulteriormente un’involuzione che era da mettere in preventivo è stata l’edizione del 2016: lo spettacolo pirotecnico messo in piedi da Zach LaVine e Aaron Gordon è stato semplicemente fenomenale e ha reso “noioso” tutto quello che è avvenuto negli anni a seguire.
Ecco, se la NBA dovesse mantenere in vita l’evento (per ragioni economiche più che altro), dovremmo abituarci ad assistere a competizioni noiose intervallate ogni tanto da un’edizione degna di nota. Proprio come nel caso di quella vinta dall’attuale giocatore dei Chicago Bulls sei anni fa.


Three Point Contest

A differenza dello Slam Dunk Contest, i nomi dei partecipanti alla gara del tiro da tre punti erano stati accolti positivamente da tifosi e addetti ai lavori, apparecchiando quindi la tavola per un evento sulla carta molto combattuto. Il problema è che il risultato è stato pessimo.

Non me ne voglia Karl-Anthony Towns, vincitore a sorpresa della contesa (il primo lungo a riuscirci nella storia della NBA) con una super prestazione (e dedica emozionale alla madre, morta a causa del covid nel 2020), ma vedere così tanti errori, soprattutto nei carrelli “speciali” posizionati dai giocatori nelle loro comfort zone, è stato piuttosto imbarazzante.

Tralasciamo pure i 18 punti di Desmond Bane, alla sua prima apparizione, ma i 14 di Zach LaVine, i 16 di Fred VanVleet e i 19 di CJ McCollum non passano di certo inosservati. Così come i 21 di Patty Mills e i 22 di Trae Young, con la star degli Hawks che agguanta la finale recuperando solo con l’ultimo carrello. Storia a sé invece quella di Luke Kennard, che al primo round ha sbaragliato tutti con un strepitoso 28.
Insomma, vedere la metà dei partecipanti, che non sono di certo gli ultimi nella lega per nome e percentuale dalla lunga distanza, non superare i 20 punti al primo turno ha creato qualche malumore nei presenti alla Rocket Mortgage FieldHouse e nei telespettatori.


Skills Challenge

Non si poteva tralasciare una menzione speciale all’unico evento che ha suscitato un po’ di entusiasmo nel sabato dell’All-Star Weekend: la Skills Challenge. Il nuovo, interessante format ha infatti fatto sì che la competizione uscisse dai soliti schemi e fosse più dinamica, aggiungendo il giusto pizzico di competitività in più.

A portare a casa il premio alla fine sono stati i membri del Team Cavs, beniamini ovviamente del pubblico presente al palazzetto. Evan Mobley, Darius Garland e Jarrett Allen hanno infatti superato in finale il Team Rooks (composto da Cade Cunningham, Scottie Barnes e Josh Giddey), realizzando il tiro da metà campo decisivo in meno di quattro secondi grazie al tentativo – il suo primo – mandato a bersaglio da Mobley.
Il trio della franchigia dell’Ohio aveva ottenuto l’accesso al round finale superando il Team Antetokounmpos (composto dai tre fratelli, Alex, Giannis e Thanasis) allo spareggio, visto che entrambe le squadre avevano guadagnato gli stessi punti al termine dei tre turni “regolari”.

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