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Non sparate sui Celtics!

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…anche se hanno perso una grossa occasione…

Ai tifosi biancoverdi brucia. Ed è normale che sia così: quando hanno eliminato i Sixers e Miami si è sbarazzata di Milwaukee, i favori del pronostico per la vittoria della Eastern Conference improvvisamente erano confluiti sul gruppo di Brad Stevens.

Ma i pronostici, si sa, nel basket vengono fatti per essere smentiti. Ecco perché ad un amico che me ne chiedeva uno sulla serie tra Heat e Celtics avevo risposto: “Boston è favorita, ma Miami non va sottovalutata, è una squadra tosta”. Sono stato (facile?) profeta. Quelli di South Beach si sono dimostrati un gruppo ultra-compatto ed alla fine sono riusciti ad avere la meglio sugli avversari, aprendosi la strada per una Finale che li vedrà affrontare il grande ex, LeBron James in un’affascinante sfida tra il vecchio ed i nuovi padroni di South Beach.

Ma oggi parliamo di Celtics: cosa gli è mancato per arrivare in fondo? Per regalare un giudizio obiettivo a questa strana stagione che per i biancoverdi è durata 306 giorni, bisogna partire dall’estate 2019: nel corso di quella sessione estiva Danny Ainge si era trovato a dover rinunciare a Kyrie Irving, Al Horford, Marcus Morris, Terry Rozier e Aron Baynes. Se alla partenza di Irving aveva ovviato con la firma di Kemba Walker, le uscite di Morris e soprattutto del duo Baynes-Horford lasciavano la squadra con un preoccupante vuoto vicino a canestro. L’arrivo di Enes Kanter era chiaramente una mossa-tampone, perché erano note le difficoltà difensive del turco soprattutto sul pick and roll…

Ecco perchè le “preview” stagionali davano i Celtics nettamente dietro a Bucks e Sixers, anche se in (tranquillo) vantaggio nei confronti di Miami e Toronto. Ebbene, la stagione per Boston si è sviluppata come una costante crescita, a guadagnare un terzo posto dietro ai Bucks ed ai sorprendenti Raptors, guidati con maestria da Nick Nurse anche dopo l’addio a Kawhi Leonard. Poi è arrivato lo “stop” della pandemia, l’idea di una “bolla” ad Orlando e la ripresa degli allenamenti. Dapprincipio un po’ arrugginiti, i Celtics hanno velocemente ritrovato lo smalto ed eliminato un’edizione in argilla dei Philadelphia 76ers.

Nel far questo, però, il 17 agosto hanno perso una pedina preziosa come Gordon Hayward che nella “bolla” stava viaggiando a 18,7 punti, 7,7 rimbalzi e 4 assist a partita. Se l’assenza è stata assorbita in modo indolore nella serie contro i Sixers, spediti a casa con un secco 4 a 0, già nella serie contro Toronto sono comparse le prime crepe. La panchina – a parte qualche “incursione” di Kanter e di Robert Williams – faticava a dare respiro ai titolari ed il basket aggressivo dei canadesi metteva in forte difficoltà la truppa biancoverde. Stevens dalla panchina sembrava fin troppo compassato, mentre Nurse influiva direttamente sul risultato, contestando vivacemente le “chiamate” arbitrali e addirittura “confondendo” Jayson Tatum con un’entrata in campo non sanzionata dagli arbitri (Tatum ha sbagliato un passaggio decisivo) nella sesta partita.

I Celtics sono così arrivati alla finale di Conference contro Miami da favoriti, ma con due partite in più nelle gambe rispetto agli avversari, e con un Hayward in meno. Forse il bilancio migliore in regular season ha indotto tifosi e addetti ai lavori a sottovalutare la squadra di Eric Spoelstra, ma fin dalla prima sfida è apparso immediatamente chiaro che gli Heat erano un gruppo compatto in grado di lottare dal primo a quarantottesimo minuto. Dopo tre quarti della prima sfida Boston conduceva per dodici lunghezze, ma non sono stati un margine sufficiente: Miami ha recuperato segnando 35 punti nell’ultimo periodo e portando la gara all’overtime che si è aggiudicata per 11 a  8.  Gara 2 se vogliamo è stata ancor più sanguinosa, per Kemba Walker e compagni: avanti di dodici all’intervallo, i Celtics hanno subito un terrificante 37 a 17 nella terza “stanza” e, pur lottando fino alla fine, si sono improvvisamente trovati sullo 0 a 2. La difesa a zona impostata da Spoelstra era risultata determinante, mentre Walker trovava grosse difficoltà sia in attacco che in difesa.

I Celtics, sotto di due partite e decisamente più stanchi degli avversari a causa di rotazioni decisamente più corte, a quel punto erano in grossa difficoltà: hanno provato a reagire con il rientro di Gordon Hayward, ma il numero 20 era ovviamente al 50% e tale è stato anche il suo contributo, dimezzato rispetto al sontuoso apporto fornito nella “bolla” prima dell’infortunio. Boston è riuscita solo a vincere due delle quattro partite seguenti, ed il “miracolo” non si è concretizzato: e immediatamente si è aperta la caccia al colpevole di un sogno infranto.

TRE ASPETTI NEGATIVI DEI PLAYOFFS DEI CELTICS

  • Le difficoltà di Brad Stevens nelle serie con Toronto e con Miami
  • Le difficoltà di Kemba Walker
  • Le difficoltà dei Celtics nella seconda metà delle partite con gli Heat

TRE ASPETTI POSITIVI DEI PLAYOFFS DEI CELTICS

  • Jayson Tatum e Jaylen Brown hanno dimostrato di essere il futuro della franchigia
  • L’ulteriore crescita di Marcus Smart e Daniel Theis
  • La compattezza del gruppo

E allora i playoffs dei Celtics sono una delusione, o invece rappresentano un ulteriore passo verso la grandezza? Probabilmente possono essere raccontati in entrambi i modi, a seconda della prospettiva utilizzata per giudicarli.

A inizio stagione, persi Morris, Baynes e soprattutto Horford, pensare ad un titolo sarebbe stato utopia…e infatti nessuno osava farlo, preferendo piazzare Boston alle spalle di Milwaukee e Philadelphia nei pronostici.

Ma nel momento in cui Bucks e Sixers sono stati eliminati, la porta verso le Finali è sembrata aperta, e la susseguente eliminazione è stata mal digerita.

Certo, la serie è stata combattuta, come dimostrato dal fatto che tre delle quattro vittorie di Butler e compagni sono arrivate con scarti risicati, mentre i loro due successi i biancoverdi li hanno portati a casa con scarti superiori ai 10 punti…ma le difficoltà palesate nei momenti cruciali sono state esiziali: sarà stata stanchezza, o forse un’incapacità “strutturale” di vincere la pressione del momento?

Ci sono due modi in cui il gruppo dei Celtics può reagire alla delusione. Da Stevens a Walker, le due note forse più “stonate” nella serie con gli Heat, da Tatum a Brown, i due gioielli della corona, da Smart a Theis, la “classe operaia” in paradiso, tutti possono accettare la sconfitta e continuare a lavorare come se nulla fosse, come se l’occasione perduta altro non sia che una tappa in un percorso di crescita. Oppure possono sentire la sferza dell’eliminazione, l’onta dell’insuccesso e usarlo come combustibile per accendere nuovi fuochi, nuovi assalti all’anello.

Come sempre sarà il tempo a raccontarci nuove storie di sport e, parafrasando il reporter Max Mercy del film “The Natural”, che i Celtics vincano o perdano “saranno comunque una grande storia”…

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